Monologo Maschile - Jack Nicholson in \"Shining\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

INTRODUZIONE AL MONOLOGO

Interpretare Jack Torrance nel monologo di Shining significa immergersi in una mente in disfacimento, spaccata tra giustificazioni, senso di colpa e odio. Questo momento di sfogo interiore è un viaggio confuso e disturbante, in cui Jack cerca disperatamente di autoconvincersi di essere un buon padre, mentre il risentimento verso la moglie Wendy e il peso della propria follia emergono inesorabili. L’attore deve dare voce e corpo alla complessità emotiva di Jack, oscillando tra calma apparente e scoppi di rabbia, tra umorismo macabro e fragilità.

NON L'HO TOCCATO!

MINUTAGGIO: 51:54-53:30
RUOLO: Jack Torrence

ATTORE: Jack Nicholson
DOVE: Amazon Prime Video


INGLESE


I never laid a hand on him, goddamn it. I didn't. I wouldn't touch one hair on his goddamn little head. I love the little son of a bitch. I'd do anything for him. Any fucking thing for him. But that bitch! As long as I live... ...she'll never let me forget what happened. I did hurt him once, okay? It was an accident. Completely unintentional. It could have happened to anybody. And it was three g*dd*mn years ago! The little fucker had thrown all my papers all over the floor. All I tried to do was pull him up. A momentary loss of muscular coordination. I mean... a few extra foot-pounds of energy... per second, per second.

ITALIANO



Volevo dire, io le mani addosso non gliele ho mai messe. Non l'ho toccato. Io quella sua dolce testolina santa non la toccherei nemmeno con un dito. Io lo amo quel mio figlietto di puttana, AAHAH! Io farei... qualsiasi cosa per lui. Qualsiasi fottuta cosa. E quella stronza... lo so che fino a quando vivrò farà tutto il possibile affinché io non dimentichi... Io gli ho fatto male una volta, ok? Ma è stato un incidente. Senza nessuna intenzione. Non l'ho fatto mica apposta! Ma può succedere a tutti, è stato tre maledetti anni fa. Quella stronzina aveva buttato a terra tutti i miei fogli di carta, allora io gli ho preso, un braccio e l'ho tirato via! E' stata una mancata coordinazione muscolare, niente altro. Capisci? Soltanto qualche kilogrammo di energia in più, per secondo, per secondo...

SHINING

Shining è uno di quei film che non smette mai di inquietare e affascinare, anche a distanza di anni dalla sua uscita. Diretto da Stanley Kubrick nel 1980 e basato sull’omonimo romanzo di Stephen King, Shining è un viaggio nella mente di un uomo che perde progressivamente il controllo, e lo fa in un contesto tanto claustrofobico quanto suggestivo: l'Overlook Hotel. Se King ha creato l'idea di una struttura infestata che si nutre della follia dei suoi ospiti, Kubrick ha dato a quell'idea una forma visiva così memorabile da essere diventata un'icona del cinema horror.


La storia ruota intorno alla famiglia Torrance: Jack (iun magnetico Jack Nicholson), Wendy (Shelley Duvall) e il loro figlio piccolo Danny (Danny Lloyd). Jack è uno scrittore in cerca di ispirazione e accetta un lavoro come custode invernale dell’Overlook Hotel, un gigantesco albergo isolato tra le montagne del Colorado che rimane chiuso durante la stagione invernale. La posizione remota e le immense stanze vuote del luogo sono la cornice perfetta per quello che presto si trasformerà in un incubo.


L’Overlook Hotel, però, non è un albergo qualsiasi: ha una storia oscura, caratterizzata da numerosi episodi di follia e violenza. Jack, pur informato dei rischi (il precedente custode aveva sterminato la sua stessa famiglia), accetta comunque l’incarico, apparentemente in cerca di un nuovo inizio. Ma l’isolamento, combinato con l’influenza maligna dell’albergo, inizia a corrompere lentamente la sua mente. La situazione precipita quando Jack comincia ad avere visioni inquietanti e dialoghi con personaggi spettrali, come Delbert Grady, il precedente custode che si era macchiato di atroci delitti.


Danny, dotato di un potere paranormale chiamato “shining” (da cui il titolo), è il primo ad avvertire la minaccia dell’albergo. Questo potere gli permette di vedere il passato dell’Overlook, inclusi i tragici eventi e le presenze inquietanti che infestano il luogo, come le famose gemelle Grady. Danny stabilisce un legame telepatico con Dick Hallorann (Scatman Crothers), il cuoco dell’albergo, che possiede lo stesso dono e diventa una sorta di guida per il bambino, avvertendolo di stare alla larga da alcune zone dell’albergo, come la terrificante stanza 237.


L'Overlook Hotel diventa un personaggio a sé, amplificando il lato oscuro di Jack. L’uomo, già instabile e con una storia di problemi di alcolismo e violenza, inizia a essere risucchiato dal male che impregna l’albergo. L’inquietante frase “All work and no play makes Jack a dull boy” scritta ossessivamente su centinaia di pagine è uno dei simboli più noti di questa discesa nella pazzia. Non è più solo Jack Torrance: è come se l’albergo stesse gradualmente cancellando la sua umanità, lasciando spazio a un mostro.


Wendy, percependo il cambiamento in Jack, cerca disperatamente di proteggere se stessa e Danny, ma non può fare altro che assistere alla distruzione mentale del marito, che si trasforma in una minaccia fisica sempre più letale. Il culmine della tensione è rappresentato dalla celebre scena in cui Jack, con un’ascia in mano, rompe la porta per raggiungere Wendy gridando “Here’s Johnny!”, una battuta improvvisata da Nicholson che è diventata leggenda.


La fuga finale di Wendy e Danny attraverso il labirinto innevato, inseguiti da un Jack ormai totalmente folle, è il momento in cui la tensione raggiunge il suo apice. Wendy e Danny riescono a scappare, lasciando Jack intrappolato e congelato nel labirinto. L’ultima inquadratura, una fotografia che mostra Jack Torrance tra gli ospiti dell’albergo nel 1921, lasciando spazio a interpretazioni ambigue. È come se Jack fosse stato sempre parte dell’Overlook, intrappolato in un ciclo di follia senza fine.

ANALISI MONOLOGO

Questo monologo di Jack Torrance è una finestra inquietante nel suo rapporto conflittuale con il figlio Danny e con la propria autoconsapevolezza sempre più distorta. Jack si trova nel pieno di un confronto interiore, un dialogo con se stesso in cui tenta di giustificare un atto violento passato, esprimendo un misto di rabbia, frustrazione e giustificazioni che sembrano più un modo per autoconvincersi di essere innocente, piuttosto che un’ammissione di pentimento o autocritica sincera. È una confessione mascherata da autocommiserazione, in cui emerge il dolore di un uomo che si sente giudicato dalla moglie e che si convince, più per rabbia che per reale convinzione, di aver subito un torto a causa di lei.


Jack inizia negando in modo categorico di aver mai fatto del male al figlio intenzionalmente: “Non l’ho toccato… non lo toccherei nemmeno con un dito.” Ma poi, nel corso del monologo, cambia toni e rivela che, sì, in effetti l’ha fatto, ma lo giustifica come un incidente. Questa giustapposizione tra l’ammissione e la negazione rivela il suo senso di colpa, che però è mascherato da una serie di scuse. Nella sua mente, è come se il danno inflitto al figlio fosse meno grave perché causato da “una mancata coordinazione muscolare.” Jack riduce così un episodio traumatico a un calcolo di fisica, con parole come "qualche kilogrammo di energia in più, per secondo," come se potesse neutralizzare il male fatto con la matematica.

L’incapacità di Jack di assumersi le proprie responsabilità emerge con chiarezza in ogni battuta.


Si racconta che “farebbe qualsiasi fottuta cosa” per Danny, ma la rabbia e il risentimento nei confronti della moglie, che lo “costringe” a ricordare questo episodio, sembrano sopraffare ogni amore paterno. L’ammissione di aver fatto male al figlio è seguita da un tentativo disperato di ridurre quell’episodio a un fatto trascurabile, per riuscire a convincere sé stesso di non aver perso il controllo. La sua stessa risata isterica – “AAHAH!” – mostra la tensione tra il suo amore per Danny e la consapevolezza di non poter negare quello che è successo.


Una parte fondamentale del monologo e della dialettica di Jack è il modo in cui si riferisce alla moglie: “quella stronza,” “quella stronzina.” Wendy diventa il capro espiatorio della sua frustrazione e incapacità di affrontare la propria colpa.E’ un sentimento di persecuzione: Jack sente che Wendy farà di tutto affinché lui “non dimentichi,” come se fosse una punizione che lei gli infligge. Jack è ormai incapace di percepire le proprie azioni come dannose, preferendo invece proiettare la colpa sugli altri.


Il suo rancore e il risentimento verso Wendy alimentano ulteriormente il suo senso di isolamento, spingendolo ancora di più verso l’abisso dell’Overlook. L’albergo lo spinge a dissociarsi dalle responsabilità reali, amplificando la paranoia e la percezione distorta di essere vittima di un complotto familiare. Il risultato è un dialogo interiore quasi schizofrenico, dove Jack tenta di rassicurarsi, ma finisce per mostrarsi come una bomba a orologeria, destinata a esplodere.


Questo monologo è come una radiografia della follia e della fragilità di Jack Torrance. Mentre si aggrappa disperatamente alla sua immagine di uomo buono e di padre amorevole, ogni parola e giustificazione rivelano sempre di più la sua incapacità di accettare la realtà. Jack sembra voler attribuire il suo “errore” a un insieme di eventi casuali, fisici, fuori dal suo controllo. Questa è una negazione feroce che rivela, paradossalmente, quanto sia prigioniero del suo stesso fallimento. In lui vediamo la tragedia dell’uomo che cerca disperatamente di giustificare i propri sbagli, incapace di accettare la propria colpa.

SUGGERIMENTI PER L'INTERPRETAZIONE

Interpretare il monologo di Jack Torrance richiede un equilibrio delicato tra controllo e follia incipiente. Il personaggio è già in uno stato mentale compromesso, e questa scena è uno sfogo interiore, un momento in cui si sforza di convincersi della sua innocenza. Il tono è confuso, contraddittorio e rabbioso, e ogni parola è intrisa di tensione psicologica.


1. Trovare il Giusto Tono tra Rabbia e Autocommiserazione


Inizio del Monologo: Parti con un tono quasi affettuoso, ma instabile. Stai cercando di convincere un ipotetico interlocutore, ma anche te stesso che non hai mai fatto male a Danny. Ricorda: in fondo, Jack sente una sorta di affetto confuso verso suo figlio, che però viene filtrato attraverso il risentimento verso Wendy. Inizia parlando in modo quasi calmo, come se cercassi di razionalizzare il tuo pensiero.

Graduale Aumento di Tensione: Man mano che procedi, lascia che la rabbia verso Wendy emerga. Passa da un tono più calmo a qualcosa di più esplosivo. Jack si trova in un momento di sfogo e di confusione emotiva, per cui il tono può oscillare tra aggressività e un umorismo amaro e disturbante, come quel “ahah!” pronunciato nel mezzo del monologo. Ogni risata o sorriso deve avere un sottotesto inquietante, che rifletta il fatto che Jack non è più totalmente padrone della propria mente.


2. Gioca sulla Contraddizione tra Giustificazione e Colpa


Negazione e Ammissione: Jack vuole giustificarsi, ma in realtà sta confessando. Quando pronunci frasi come “non l’ho toccato” o “è stata una mancata coordinazione muscolare,” fai emergere una certa disperazione, come se tu stesso cercassi di credere alle tue parole, ma sapessi che non è del tutto vero. Inserisci un tono di forzatura, come qualcuno che racconta una bugia a cui vuole disperatamente credere. Lascia percepire che sotto la superficie di ogni parola c'è un senso di colpa che Jack non riesce a espellere. Quando parli di dettagli come “qualche kilogrammo di energia in più, per secondo,” interpretalo come un modo per disumanizzare l’evento. Usa una voce quasi clinica, distaccata, come se stessi raccontando un esperimento scientifico. Questa dissonanza mostra l’instabilità mentale del personaggio, che ha bisogno di ridurre il proprio errore a una questione di calcolo fisico pur di non accettare la propria colpa.


3. Rabbia nei Confronti di Wendy


Le Parole Cariche di Odio: Le frasi in cui ti riferisci a Wendy come “quella stronza” o “quella stronzina” devono essere cariche di un disprezzo profondo. L’odio verso di lei è amplificato dalla percezione di Jack di essere giudicato, punito. Il tono deve essere velenoso, come un uomo che si sente perseguitato. Fai emergere la convinzione di Jack che Wendy lo abbia trasformato in una vittima, anche se, razionalmente, è un’idea completamente assurda. In quel momento, Jack è un uomo che si convince di essere stato tradito dalla moglie, vittima di una colpa che Wendy non gli permette di dimenticare.

Rabbia Crescente: Mentre pronunci questi insulti, lascia che la rabbia cresca, magari stringendo i pugni o serrando i denti. Usa un tono soffocato, come se fossi sul punto di esplodere ma stesse cercando di controllarti.


4. Oscilla tra Fragilità e Follia


Risate Inquietanti e Incoerenze: La risata (“AAHAH!”) è fondamentale per mostrare l'instabilità di Jack. Non deve essere una risata di gioia, ma qualcosa che suona meccanico, quasi isterico. Questa risata è un modo per mostrare al pubblico quanto Jack sia ormai perso. La sua sanità mentale si sta sgretolando e il suo tono deve riflettere una disperazione che si è trasformata in follia.

Variazioni di Voce: Varia la tua voce durante il monologo, passando da momenti quasi sommessi a scoppi di rabbia. Jack è sull’orlo del baratro: il monologo deve rispecchiare questa discesa, alternando lucidità apparente a esplosioni emotive. A volte può essere utile mantenere un tono più basso e cupo, come un uomo che sta sussurrando i propri pensieri più bui. In altri momenti, alza la voce in modo brusco e improvviso per sottolineare i picchi di frustrazione.


5. Aggiungi Piccoli Movimenti Corporali


Gesti Involontari: Puoi giocare con piccoli gesti come il nervosismo delle mani, che si sfregano o si stringono tra loro, oppure uno sguardo perso nel vuoto. Anche i movimenti degli occhi sono importanti: puoi abbassare lo sguardo in certi momenti, per poi rialzarlo come se stessi cercando conferme.

Controllo Fisico Mancato: Quando parli della “mancata coordinazione muscolare,” lascia che questo aspetto emerga anche nel linguaggio corporeo. I gesti possono essere leggermente scoordinati, come se Jack stesse davvero perdendo il controllo del proprio corpo insieme alla mente. Ogni tanto puoi compiere movimenti più bruschi, come se stessi cercando di controllarti senza riuscirci davvero.


6. Sguardo Finale


Il Crollo dopo la Rivelazione: Quando concludi il monologo, lasciati andare a un crollo emotivo visibile. Fai emergere un misto di rabbia, frustrazione e vuoto, come se, dopo tutte queste parole, fossi esausto. È un momento in cui Jack si rende conto della propria vulnerabilità, anche se per un attimo. Mantieni lo sguardo fisso e vacuo, per far percepire il senso di dissociazione con la realtà.

CONCLUSIONE

Questa scena è la dimostrazione di una psiche ormai priva di equilibrio, una finestra sul lato più oscuro della natura umana. Per un attore, il monologo di Jack è l’opportunità di portare il pubblico nell’abisso mentale di un uomo perso, costantemente in bilico tra razionalità e ossessione. È uno sfogo che si nutre di contraddizioni e mostra quanto la follia possa rendere impossibile anche il solo riconoscere la propria colpa. In questo momento, Jack non è più semplicemente un uomo: è il riflesso vivente della maledizione dell’Overlook Hotel.

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