Monologo maschile - Joel dalla Terapeuta in \"The Last Of Us 2\"

Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!


Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Siamo dentro una stanza tranquilla, ma emotivamente carica. Joel, in “The Last of Us 2” sta parlando con Gale, la terapeuta, in un momento in cui la tensione tra lui e Ellie è diventata insostenibile. La distanza tra loro non è più solo fisica, ma affettiva. Ellie si è chiusa nel silenzio, Joel è rimasto fuori, da solo. E adesso, nel tentativo di spiegare la situazione, Joel riversa un flusso di parole che è molto più di una semplice lamentela da padre ferito: è un monologo che mette in luce la solitudine emotiva, la frustrazione, e il senso di perdita di un uomo che ha sacrificato tutto per qualcuno che ora lo rifiuta.

Elly non mi ama più

STAGIONE 1 EP 1

MINUTAGGIO: 20:30-21:20

RUOLO: Joel

ATTORE: Pedro Pascal

DOVE: SKY

INGLESE

Well, I tried what you said. I backed off. I stopped puttin' pressure on her. Don't even make her sit down with me for dinner anymore. And what do I get for it? Nothin'. She comes home, shuts herself in the damn garage, which I should never have allowed her to move into. And that's it. Not so much as a hello. I see her around town. Gives me a nod like I'm a stranger or some asshоlе. Even Dina asked me today, "What's wrong with her?" I mean, everyone can tell. Now, that one. That one treats me like a human being. She talks to me, says "Hello," gives me a smile, looks up to me, makes me feel like I'm a good guy, which I am. See, Dina understands me. Like she's my kid or somethin'. But she's not.

ITALIANO

Beh, ho seguito il tuo consiglio. Le ho lasciato spazio. Ho smesso di metterle pressione, non la costringo più a cenare con me. Che ho avuto in cambio? Niente. Torna a casa, si chiude in quel garage, che non avrei dovuto permettere diventasse camera sua e basta. on mi saluta neanche. La vedo in città. Mi fa un cenno come a uno sconosciuto, uno stronza. Anche Dina oggi mi ha chiesto: “Che ha?” L’hanno capito tutti. Invece Dina mi tratta come un essere umano. Lei mi parla, è una che saluta. Mi sorride, mi ammira, mi fa sentire la persona brava che sono. Dina mi capisce, mi fa sentire come se fosse mia figlia, in pratica. Ma non lo è.

The Last of Us

“The Last of Us” è una serie prodotta da HBO e basata sull’omonimo videogioco del 2013 sviluppato da Naughty Dog per PlayStation. La serie è stata adattata da Craig Mazin (quello di Chernobyl) e Neil Druckmann, che è anche l’autore e direttore creativo del gioco originale. E già qui capisci l’intenzione: portare sullo schermo qualcosa che mantenga il cuore e il tono del materiale originale, ma con i tempi e la grammatica del linguaggio seriale. Siamo in un mondo post-pandemico, ma non la solita apocalisse zombie. Qui il crollo della civiltà è stato causato da un fungo, il Cordyceps, che ha subito una mutazione e ha cominciato a infettare gli esseri umani. Questo fungo esiste davvero, nel mondo reale infetta gli insetti, ma nel gioco e nella serie viene portato all’estremo: trasforma le persone in creature aggressive, completamente fuori controllo. La pandemia esplode nel 2003 (nella serie, a differenza del gioco), e vent’anni dopo ci troviamo in un’America distrutta, dove il governo federale è stato sostituito da una forza militare chiamata FEDRA, e vari gruppi ribelli — come le Lanterne (Fireflies) — cercano di opporsi al regime. Il cuore della storia è il rapporto tra Joel, un contrabbandiere segnato da un dolore devastante, e Ellie, una ragazzina di 14 anni che potrebbe rappresentare l’unica speranza per l’umanità. Ellie è immune al fungo, e Joel riceve l’incarico di scortarla fuori dalla zona di quarantena e portarla dai Fireflies, che potrebbero usarla per sviluppare una cura.

Quello che The Last of Us racconta veramente è un viaggio emotivo. È una storia su cosa rimane dell’essere umano quando il mondo si è spento. Su come l’amore, la paura e il bisogno disperato di connessione possano trasformare le persone. Joel è un uomo che ha smesso di credere in qualsiasi cosa. Ellie, al contrario, è un concentrato di istinto di sopravvivenza, curiosità e umanità che sfida l’oscurità del mondo in cui è nata.

Analisi Monologo

“Che ho avuto in cambio? Niente.” E qui arriva la frustrazione pura. Joel ha investito nel gesto, si aspettava un risultato. Ma quello che riceve è silenzio, chiusura. E qui iniziamo a vedere la sua difficoltà nel gestire relazioni che non rispondono al suo bisogno di essere necessario. Torna a casa, si chiude in quel garage, che non avrei dovuto permettere diventasse camera sua…Questa frase è emblematica. Non è solo una descrizione logistica: è la visualizzazione concreta della distanza emotiva. Ellie si è ritirata in uno spazio privato, autonomo. Joel la sente lontana, irraggiungibile, e ne ha persino invidia. Il rimpianto (“non avrei dovuto permettere”) non è per l’atto in sé, ma per il simbolo: ha perso il controllo su quel legame.

La vedo in città. Mi fa un cenno come a uno sconosciuto, uno stronzo.Qui crolla la maschera. Joel smette di trattenere la rabbia e la delusione. La parola “stronzo” non è gratuita, è una disperazione che si traveste da disprezzo. Invece Dina mi tratta come un essere umano. Lei mi parla…Qui inizia il confronto. Joel parla di Dina come di una figlia ideale. Una che lo guarda, che lo ascolta, che lo rispetta. Ma attenzione: Dina non è Ellie, e Joel lo sa. Eppure, cerca in lei ciò che Ellie non gli dà più. Questo passaggio è importantissimo perché rivela il cuore della questione: Joel non riesce a stare in relazione se non nel ruolo di protettore/amato. Mi fa sentire la persona brava che sono. Dina mi capisce, mi fa sentire come se fosse mia figlia, in pratica. Ma non lo è.” Qui si arriva al punto. Joel ha bisogno di sentirsi una “persona brava”.

Ha bisogno di uno specchio che lo confermi. Ellie non glielo offre più. E lui si aggrappa a chi lo fa. Ma quel "ma non lo è" è come un pugno nello stomaco: è la sua ammissione che sta cercando di sostituire qualcosa che non può essere sostituito. Ellie è sua figlia, per lui. Lo è diventata nella carne e nello spirito. Ma adesso quella figlia lo guarda con freddezza, e Joel si trova davanti a un buco nero che lo consuma. Dina è una consolazione, un palliativo. Ma lo sa che non basta. E questa consapevolezza lo lacera.

Conclusione

Questo monologo è un frammento apparentemente quotidiano, ma nasconde una frattura enorme: Joel è un uomo schiacciato tra il bisogno d’amore e il senso di colpa. La distanza di Ellie non è solo un lutto affettivo, è la prova vivente della sua colpa più grande: averle negato la possibilità di scegliere. Il monologo funziona perché è semplice, ma affilato. Non ci sono grandi verità filosofiche, solo un uomo che si sta aggrappando all’idea di essere stato nel giusto, mentre tutto intorno a lui gli dice il contrario. E questo è The Last of Us, in fondo: la storia di cosa succede quando salvi qualcuno e, salvandolo, ti perdi per sempre.

Entra nella nostra Community Famiglia!

Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno

Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.


Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.

© Alfonso Bergamo - 2025

P.IVA: 06150770656

info@recitazionecinematografica.com