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~ LA REDAZIONE DI RC
Interpretare il monologo di Vincenzo Florio in I Leoni di Sicilia richiede di entrare a fondo nella mentalità di un uomo determinato e fiero, un pioniere che sfida apertamente le ingiustizie di una società rigida e intrisa di privilegi. In questo discorso, Vincenzo rivendica solo il diritto di fare ciò che lui e la sua famiglia sanno fare, senza compromessi.
STAGIONE 1 EP 2
MINUTAGGIO: -
RUOLO: Vincenzo Florio
ATTORE: Michele Riondino
DOVE: Disney+
ITALIANO
Eccellenza non vogliamo favori. Vi chiediamo solo di vendere la merce che produciamo a tutti i negozianti dell’isola. Noi ne produciamo in quantità maggiore e a minor prezzo. I farmacisti sbraitano solo perché non possono più farci la cresta sopra. È quello che fanno. Noi lavoriamo e loro si arricchiscono. Dateci la licenza e saranno proprio i cittadini a beneficiarne, perché avranno di che curarsi al giusto prezzo. Noi non speculeremo sulla scarsità della merce come fanno i farmacisti. Ascolti…noi Florio non abbiamo santi in paradiso, lo sappiamo. Siamo venuti per primi oggi, ma abbiamo dovuto aspettare tutto il giorno per essere ricevuti. Tutte le persone passate oggi sono venute a chiedervi favori o concessioni ma noi non vogliamo regali, noi chiediamo solo il permesso di fare quello che sappiamo fare. Di essere chi siamo. Commercianti. E che i frutti del nostro lavoro non vadano nelle mani di chi non ha fatto niente per meritarlo, ma arrivino a chi ne ha davvero bisogno. I cittadini di Palermo e della Sicilia tutta.
"I Leoni di Sicilia" è una serie televisiva italiana basata sul romanzo omonimo di Stefania Auci, che segue la storia della famiglia Florio, una dinastia che ha lasciato un’impronta significativa nella storia della Sicilia tra il XIX e il XX secolo. Ambientata principalmente a Palermo, la serie esplora il percorso della famiglia, che partendo dalla provincia di Bagnara Calabra arriva a costruire un impero commerciale tra vino, spezie e innovazioni nell'industria locale.
La storia ha inizio negli anni Trenta dell’Ottocento, quando Paolo e Ignazio Florio, due fratelli ambiziosi e determinati, decidono di trasferirsi dalla Calabria a Palermo per cercare fortuna. L’idea è di sfuggire alla povertà e all’isolamento della loro terra d'origine per approdare in una città che, pur essendo soggetta a profonde divisioni di classe e tensioni sociali, offre maggiori possibilità di arricchimento e ascesa sociale.
I Florio partono da zero e cominciano con una piccola bottega di spezie, ma grazie alla loro determinazione, visione imprenditoriale e un certo disprezzo per le convenzioni, riescono a trasformare la bottega in una grande azienda commerciale, aprendo la strada a un'epoca d'oro per la famiglia. La figura di Vincenzo Florio, figlio di Paolo, è particolarmente centrale nella narrazione: lui sarà il protagonista della crescita straordinaria della famiglia e colui che porterà i Florio a diventare una delle famiglie più potenti dell’isola. Ma la sua parabola è anche piena di conflitti, sia interni che esterni.
"I Leoni di Sicilia" è anche una saga familiare che scandaglia i conflitti interni, le lotte di potere e le ambizioni dei suoi membri. In un contesto sociale e storico dove la famiglia Florio sfida le gerarchie dell’aristocrazia palermitana, lo spettatore assiste alle tensioni tra innovazione e tradizione.
Questo monologo di Vincenzo Florio ne I Leoni di Sicilia, è un momento intenso che rappresenta la determinazione dei Florio a sfidare l'ordine economico e sociale stabilito, sottolineando il loro spirito innovativo e il disprezzo per le ingiustizie di un sistema che premia chi specula.
In primo luogo, Vincenzo si presenta con un senso di fierezza e determinazione, chiarendo subito che la famiglia Florio non vuole favori. La richiesta non è per concessioni o vantaggi: i Florio sono lì solo per ottenere il diritto di operare con giustizia e trasparenza. Questo aspetto è importante perché mette in luce uno dei temi portanti della serie: l'ambizione di affermarsi con il proprio lavoro e di migliorare le condizioni della Sicilia, senza scendere a compromessi con la corruzione o il favoritismo che domina la società aristocratica del tempo.
Quando Vincenzo accusa i farmacisti di “fare la cresta” sui prezzi, evidenzia un sistema economico chiuso e monopolizzato da chi non produce, ma specula. In contrasto, i Florio si presentano come produttori autentici che, forti del loro impegno e delle loro competenze, possono offrire beni di qualità e a prezzi più equi. Questo è un attacco a una classe di intermediari privilegiati che rappresentano la stasi e l'ingiustizia. Vincenzo mette in risalto la loro diversità dai farmacisti, presentando i Florio come rappresentanti di una nuova etica del commercio, un’“etica del lavoro” che sfida la concezione arcaica dell'economia basata sul privilegio e sullo sfruttamento.
Vincenzo si lamenta del fatto che “non abbiamo santi in paradiso”, una frase che esprime con forza la posizione marginale dei Florio nel sistema di potere dell’epoca. Non possedendo connessioni o appoggi nelle alte sfere, i Florio sono costretti ad aspettare per essere ricevuti, nonostante abbiano una proposta concreta e vantaggiosa per i cittadini. Questo elemento fa risuonare la tematica della rivalsa sociale dei Florio, simbolo di una classe emergente che vuole ridefinire i rapporti di forza.
Quando Vincenzo dice, “i frutti del nostro lavoro non vadano nelle mani di chi non ha fatto niente per meritarlo”, afferma con fermezza il valore del merito come fondamento per la giustizia. I Florio non vogliono arricchire i parassiti del sistema, ma portare benefici alla collettività siciliana. Vincenzo vuole che la Sicilia stessa possa trarre vantaggio dall’intraprendenza e dall’efficienza dei Florio, in opposizione a una classe che si arricchisce senza alcun contributo concreto. Questa affermazione crea una connessione tra i Florio e il popolo, elevandoli da semplici commercianti a simbolo di cambiamento.
La frase finale, “chiediamo solo il permesso di fare quello che sappiamo fare. Di essere chi siamo. Commercianti,” è forse la parte più densa di significato. Vincenzo non chiede altro che la libertà di portare avanti la propria identità: quella di mercanti e innovatori. Non c’è ambizione aristocratica o volontà di cambiamento di classe, ma una sincera determinazione a ridefinire la società attraverso la loro attività. Essere “commercianti” è per Vincenzo non solo un lavoro, ma una missione, una sfida che si carica di significati sociali e morali.
Questo monologo è emblematico della filosofia dei Florio e della loro volontà di rivoluzionare un sistema stagnante
In questo monologo, Vincenzo Florio è un rappresentante di un cambiamento sociale e morale che vuole sfidare l’immobilismo siciliano. L’attore, attraverso un uso calibrato della voce e del linguaggio del corpo, deve riuscire a trasmettere questa visione di una Sicilia più giusta, più equa e meno legata ai privilegi di pochi. La conclusione deve lasciare il pubblico con l’impressione di un uomo risoluto, che non rinuncerà a ciò che è giusto, ma che sogna una società dove chi lavora possa prosperare.
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