Monologo maschile - il maggiore Kong ne \"Il dottor Stranamore\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Siamo nel cuore della tensione narrativa del film “Il dottor Stranamore”. L’equipaggio del B-52 non ha più contatti con il comando centrale, ha ricevuto un ordine diretto e lo sta eseguendo, convinto che sia l’unica cosa giusta da fare. La missione è stata attivata da un generale impazzito, ma questo loro non lo sanno. Il Maggiore Kong ( Slim Pickens, attore western prestato alla satira) si trova a guidare un gruppo di uomini dentro un'operazione che potrebbe scatenare l'apocalisse, ma lo fa con il tono di un sergente che sta per portare i suoi ragazzi in una missione ordinaria. Proprio in questo momento pronuncia il suo monologo, che ha il sapore di un discorso motivazionale prima della battaglia.

Segreteria e papà

MINUTAGGIO:

RUOLO: Maggiore Kong

ATTORE: Slim Pickens

DOVE: Amazon Prime Video

INGLESE

Well, boys, I reckon this is it - nuclear combat toe to toe with the Roosskies. Now look, boys, I ain't much of a hand at makin' speeches, but I got a pretty fair idea that something doggone important is goin' on back there. And I got a fair idea the kinda personal emotions that some of you fellas may be thinkin'. Heck, I reckon you wouldn't even be human bein's if you didn't have some pretty strong personal feelin's about nuclear combat. I want you to remember one thing, the folks back home is a-countin' on you and by golly, we ain't about to let 'em down. I tell you something else, if this thing turns out to be half as important as I figure it just might be, I'd say that you're all in line for some important promotions and personal citations when this thing's over with. That goes for ever' last one of you regardless of your race, color or your creed. Now let's get this thing on the hump - we got some flyin' to do.

ITALIANO

Ragazzi, ho l'impressione che ci siamo. Questo è un corpo a corpo nucleare coi russi. Sentite, ragazzi... io coi discorsi mi ci rigiro poco. Ma ho idea che giù da noi stiano combinando qualcosa di molto ma molto grosso. Poi ho anche una certa idea di quello che vi sentite dentro per quello che io vi dico in questo momento. Beh, in fin dei conti non sareste nemmeno esseri umani se il pensiero di una battaglia a colpi di bombe H non vi facesse un po' di impressione. Ma una cosa dovete ricordarvi: la gente, giù a casa, conta su di noi, e per la miseria, noi non la deluderemo. Poi un'altra cosa... se anche questa faccenda è molto meno importante di quello che ho paura che sia, state certi che siete tutti destinati ad avere almeno una promozione o almeno qualche medaglia, quando sarà finita. E questo vale per tutti quanti, indistintamente, di qualunque razza, colore e religione sia. Beh, adesso basta chiacchiere e rimbocchiamoci le maniche.

Il dottor stranamore

Il dottor Stranamore” (titolo originale Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb), uscito nel 1964 e diretto da Stanley Kubrick, è una delle sue opere più ciniche e spietate, nonché una delle più lucide nel raccontare la paranoia nucleare della Guerra Fredda. Andiamo con ordine. La storia si muove su tre principali location: una base militare americana, un bombardiere B-52 in volo verso l’URSS, e la War Room, la sala di crisi del Pentagono. La premessa è assurda, eppure costruita su scenari strategici veri di quegli anni. Un generale americano, Jack D. Ripper (e qui già il nome ti dice tutto), impazzisce e decide autonomamente di lanciare un attacco nucleare contro l’Unione Sovietica. Crede che i comunisti stiano contaminando l'acqua potabile degli Stati Uniti per indebolire i “fluidi corporei” dei cittadini americani. Sì, esatto: è convinto che la fluorazione dell'acqua sia parte di un complotto comunista.

E cosa fa? Attiva l’Operazione R – un protocollo reale (anche se mai usato davvero) che permetteva a un comandante di lanciare un attacco nucleare se tutte le comunicazioni con il comando centrale fossero state interrotte, ipotizzando un attacco sovietico. Questo rende il suo ordine praticamente irrevocabile, almeno fino a quando non si ottiene un codice di richiamo.

Le tre linee narrative

La base militare: Qui si sviluppa il conflitto tra Ripper e il Capitano Mandrake (interpretato da uno dei tre personaggi di Peter Sellers). Mandrake è l’unico che si rende conto della follia del generale e cerca di ottenere il codice per annullare l’attacco.

Il bombardiere B-52: Il maggiore Kong (Slim Pickens), cowboy texano in uniforme, guida l’equipaggio con dedizione cieca verso l’obiettivo. Anche quando scoprono che la missione potrebbe essere un errore, non si fermano: i protocolli di sicurezza sono troppo rigidi. È una delle parti più tese del film, con una suspense costruita con ritmi quasi da thriller, anche se ricoperta da un’ironia costante.

La War Room: È il cuore satirico del film. Qui troviamo il Presidente Muffley (Peter Sellers, ancora lui), il generale Turgidson (George C. Scott), e, naturalmente, il Dottor Stranamore – un ex nazista al servizio degli Stati Uniti, con la mano guantata che si muove da sola in saluti hitleriani e teorie folli.

In questa sala si tenta disperatamente di gestire il disastro imminente, con toni surreali che diventano sempre più grotteschi. A un certo punto si scopre che i sovietici hanno installato un “Ordigno Fine del Mondo”, un sistema automatico che farà esplodere bombe nucleari in tutto il mondo se l’URSS viene attaccata. Nessuno lo sapeva perché... era un segreto.

Kubrick parte da un romanzo serio (Red Alert di Peter George), ma trasforma il tutto in una commedia nera. La risata nasce proprio dalla tensione, dal fatto che tutto è costruito con logica e rigore… ma porta verso l’autodistruzione.

Analisi Monologo

“Ragazzi, ho l'impressione che ci siamo. Questo è un corpo a corpo nucleare coi russi. L’apertura è informale, quasi rilassata, ma contiene già il paradosso centrale: un corpo a corpo nucleare. Un’espressione che unisce la brutalità viscerale del combattimento fisico con la freddezza astratta della guerra atomica. Una frase che suona ridicola… eppure tragicamente vera. Kong non riesce nemmeno a concepire la natura impersonale e devastante di quello che sta per accadere, quindi la riporta a una dimensione comprensibile, quasi epica.

“Io coi discorsi mi ci rigiro poco.” Questa frase lo umanizza subito. È un uomo d’azione, concreto, non un teorico. Non è un leader carismatico, è un militare che parla come mangia. Ma proprio per questo le sue parole suonano sincere, e l’equipaggio lo ascolta. Beh, in fin dei conti non sareste nemmeno esseri umani se il pensiero di una battaglia a colpi di bombe H non vi facesse un po' di impressione. Qui entra in gioco la retorica più interessante. Kong riconosce la paura come qualcosa di legittimo. Non la nega, non la demonizza. Al contrario, la normalizza. E la incornicia in una sorta di virilità collettiva: la paura è umana, ma la missione va compiuta lo stesso. È un modo sottile di trasformare l'ansia in dovere.

La gente, giù a casa, conta su di noi, e per la miseria, noi non la deluderemo.” Frase classicissima della propaganda bellica. Ma inserita qui, nel contesto di una missione che può cancellare milioni di vite, acquista una dimensione surreale. L’idea che “la gente a casa” stia davvero aspettando con speranza un attacco atomico è completamente fuori scala. Ma Kong ci crede. E questo è il punto. Crede che stia facendo la cosa giusta. E questo vale per tutti quanti, indistintamente, di qualunque razza, colore e religione sia.”  Questa è una delle frasi più caustiche del discorso. Sembra progressista, democratica, inclusiva… ma arriva proprio nel momento in cui si sta per sganciare una bomba termonucleare. È come se Kubrick stesse dicendo: persino nel genocidio globale, l’ideologia americana vuole mostrarsi equa, meritocratica, inclusiva. È una farsa. Ma detta con un tale candore che fa ridere… e rabbrividire.

Beh, adesso basta chiacchiere e rimbocchiamoci le maniche. Il tono da caposquadra che chiude il discorso nel modo più semplice possibile. Ed è proprio qui che il monologo raggiunge il suo massimo potere satirico: l’apocalisse come una giornata di lavoro ben fatta. Nessun dramma, nessuna consapevolezza vera del disastro imminente. Solo dovere, disciplina e ottimismo.

Conclusione

Il monologo di Kong è costruito per essere realistico, ma proprio per questo è devastante. Non è un villain, non è un fanatico, non è nemmeno un esaltato. È un militare americano che fa il suo dovere con serietà e affetto per i suoi uomini. Il fatto che non metta in discussione l’ordine ricevuto non è segno di stupidità, ma di un’adesione totale alla macchina bellica.

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