Monologo - Matt Damon in \"Dogma\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo di Loki, in Dogma, in pochi minuti riesce a condensare lo spirito del film: provocatorio, arguto, a tratti blasfemo, ma profondamente consapevole del materiale che maneggia. Kevin Smith non è mai stato un autore "sofisticato" nel senso accademico del termine, ma qui dimostra di sapere esattamente dove colpire per scuotere, far riflettere — e ridere, magari con un po’ di amarezza.

Alice nello specchio

MINUTAGGIO:

RUOLO: Loki

ATTORE: Matt Damon

DOVE: Amazon Prime Video

INGLESE

No, "Through the Looking Glass". That poem, "The Walrus and the Carpenter," that's an indictment of organized religion. The walrus, with his girth and his good nature, he obviously represents either Buddha, or, or with his tusks, the Hindu elephant god, Lord Ganesha. That takes care of your Eastern religions. Now the carpenter, which is an obvious reference to Jesus Christ, who was raised a carpenter's son, he represents the Western religions. Now in the poem, what do they do? What do they do? They, they dupe all these oysters into following them and then proceed to shuck and devour the helpless creatures en masse. I don't know what that says to you, but to me it says that following these faiths based on mythological figures ensures the destruction of one's inner being. Organized religion destroys who we are by inhibiting our actions, by inhibiting our decisions out of, out of fear of some, some intangible parent figure who, who shakes a finger at us from thousands of years ago and says, and says, "Do it... do it and I'll fuckin' spank you.":

ITALIANO

No, attraverso lo specchio. Quella poesia, il Tricheco e il Carpentiere è un'accusa alla religione organizzata. Il Tricheco, con la sua corpulenza e la sua bontà, rappresenta o il Buddha o con le sue zanne il Dio Elefante indù, Ganesh. Questo sistema le religioni orientali.

Ora, il Carpentiere è un ovvio riferimento a Gesù Cristo; lui era figlio di un carpentiere e così rappresenta le religioni occidentali.

Ora, nella poesia, cosa fanno? Cosa fanno? Raggirano un sacco di ostriche per farsi seguire e poi da grossi dritti sgusciano e divorano quelle creature inermi in massa.

Io non so cosa ne pensi lei, ma a me tutto questo dice che seguire queste fedi, basate su figure mitologiche, favorisce la distruzione dell'interiorità di una persona.

La religione organizzata distrugge chi siamo inibendo le nostre azioni, inibendo le nostre decisioni per paura di una figura paterna intangibile che ci punta il dito contro da ormai migliaia di anni e dice:

"Fallo! Fallo! Cazzo, ti spacco in due!"

Dogma

Dogma (1999), un film scritto e diretto da Kevin Smith. È uno di quei film che si muovono su un filo sottile tra la commedia irriverente e il tentativo serio (e piuttosto intelligente) di interrogarsi su questioni teologiche, morali e culturali. Sotto la superficie da commedia sboccata, Dogma è un film che prende la religione sul serio, al punto da prenderla anche un po’ in giro — ma sempre con cognizione di causa. Il punto di partenza è piuttosto audace: due angeli caduti, Bartleby (Ben Affleck) e Loki (Matt Damon), scoprono una scappatoia teologica che potrebbe permettere loro di rientrare in Paradiso — contraddicendo, di fatto, la volontà di Dio.

Questa “scappatoia” si basa su un’interpretazione letterale del dogma cattolico: se qualcuno entra in una chiesa e riceve l’indulgenza plenaria concessa dal cardinale in occasione della ri-dedica di una cattedrale del New Jersey, allora tutti i suoi peccati vengono perdonati. Se loro, come angeli decaduti, riuscissero a farlo, sarebbero reintegrati in Paradiso... ma questo implicherebbe che Dio si sia contraddetto. E se Dio si contraddice, l’intero universo cesserebbe di esistere. Quindi sì, Dogma è una commedia su due angeli che vogliono approfittare di un cavillo burocratico divino per rientrare in Paradiso — e rischiano di distruggere la realtà intera nel farlo.

La protagonista umana della storia è Bethany Sloane (interpretata da Linda Fiorentino), un’impiegata di una clinica per aborti che ha perso la fede. Un giorno viene contattata da Metatron (Alan Rickman), la voce di Dio, che le assegna una missione: fermare Bartleby e Loki. Non da sola, però. Verrà aiutata da due “profeti” piuttosto improbabili: Jay e Silent Bob (Jason Mewes e lo stesso Kevin Smith), personaggi ricorrenti nell’universo narrativo di Smith, il cosiddetto View Askewniverse. Durante il suo viaggio, Bethany incontrerà altri alleati, tra cui Rufus (Chris Rock), il tredicesimo apostolo “dimenticato” dai Vangeli perché nero, e Serendipity (Salma Hayek), una musa ispiratrice che si è stufata di ispirare e ora lavora come spogliarellista — ma senza spogliarsi. Il film si trasforma quindi in un road movie teologico, in cui i protagonisti cercano di arrivare in tempo alla chiesa del New Jersey per impedire ai due angeli caduti di attraversarne le porte. Durante questo percorso si riflette — tra una battuta e l’altra — su cosa significhi credere, sul libero arbitrio, sulla rigidità delle istituzioni religiose, e su quanto spesso la fede venga confusa con la dottrina. Bartleby e Loki, da parte loro, iniziano in modo quasi comico, ma il loro viaggio prende una piega più drammatica: Loki inizia a dubitare della bontà della loro missione, mentre Bartleby si radicalizza, trasformandosi in un essere sempre più violento e vendicativo. Il loro arco narrativo è uno dei più interessanti del film, perché li mostra come creature profondamente umane nella loro ricerca di perdono e senso.

Analisi Monologo

"No, attraverso lo specchio. Quella poesia, il Tricheco e il Carpentiere è un'accusa alla religione organizzata..." Loki prende una poesia apparentemente innocua, infantile, e ne fa una lettura allegorica quasi da critico letterario. Il tono è quello di chi ha riflettuto a lungo sul tema, e non è un caso: come angelo decaduto, ha avuto tempo — secoli — per osservare l’evoluzione (e la stagnazione) della religione organizzata. La parte più affascinante è come associa le due figure centrali della poesia — il Tricheco e il Carpentiere — alle due macrofamiglie religiose: Oriente e Occidente.

Il Tricheco, "con la sua corpulenza e la sua bontà", è letto come una rappresentazione del Buddha o del dio Ganesh: divinità legate a concetti di compassione, prosperità e saggezza. Ma sono anche figure possenti, mitologiche, non umane.

Il Carpentiere, ovviamente, rimanda a Gesù Cristo, figlio di un falegname, figura cardine delle religioni monoteiste occidentali.

"Raggirano un sacco di ostriche per farsi seguire e poi da grossi dritti sgusciano e divorano quelle creature inermi in massa." Loki qui sta costruendo un’accusa contro la manipolazione spirituale. Le ostriche sono i fedeli: ingenui, fiduciosi, pronti a seguire. Il Tricheco e il Carpentiere li seducono con parole e gesti simbolici... per poi divorarli. È un’immagine crudele, ma serve per rappresentare la perdita dell’autenticità spirituale: la fede usata per nutrire un sistema, non per elevare l’individuo.

"...seguire queste fedi, basate su figure mitologiche, favorisce la distruzione dell'interiorità di una persona." Qui Loki non è solo un ribelle: è un osservatore disilluso. Non contesta la fede, ma il modo in cui viene istituzionalizzata. Non attacca Dio, ma l’idea distorta di un Dio padrone, vendicativo, gerarchico.

"...per paura di una figura paterna intangibile che ci punta il dito contro da ormai migliaia di anni e dice: 'Fallo! Fallo! Cazzo, ti spacco in due!'"

È questa l’esplosione finale, il colpo di frusta. Il Dio che descrive Loki è caricaturale, ma non troppo lontano da alcune versioni teologiche reali. Kevin Smith prende un’immagine estrema per sottolineare come, in certe religioni, Dio sia vissuto più come una minaccia che come una guida.

Conclusione

Questo monologo è uno snodo fondamentale perché mostra Dogma per quello che è davvero: un film che vuole discutere, non solo dissacrare. Loki mette in discussione la religione organizzata con parole dure, ma nel farlo apre un dialogo. In un film pieno di gag e trovate grottesche, questa è una delle scene più dense, perché riesce a fare satira senza perdere profondità.

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