Monologo maschile - \"Per Sempre\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

In una serie come Per sempre, dove l’adolescenza viene raccontata senza maschere, questo monologo di Justin arriva come uno spartiacque emotivo. Non è il classico “discorso da innamorato” che cerca di convincere l’altro a tornare insieme. Qui siamo davanti a qualcosa di molto più interessante: un ragazzo che, per una volta, decide di non fingersi qualcun altro, di non indossare la solita maschera da “simpatico, sicuro di sé e inoffensivo” — e si presenta per com’è davvero.

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STAGIONE 1 EP 1

MINUTAGGIO: 45:00-46:12

ATTORE: Michael Cooper JR.

RUOLO: Justin Edwards

DOVE: Netflix

ITALIANO

Io, io sono venuto solo per dirti che ero felice di poterti conoscere. Scusa se ti ho offesa per quello che è successo al cinema, ok? Sono stato pessimo. E, senti, capisco quello che stai passando. Insomma, è molto pesante, ma io non sono lui. Giudicami perché sono uno sfigato, questo posso sopportarlo, mi è già capitato. Ma io sono diverso. Ho la mia personalità. E, a proposito di personalità, mi dispiace di non aver notato la tua in passato, ok? Ma adesso la vedo e non so, credo che insomma, stia succedendo qualcosa di bello fra noi. Beh, potrebbe se tu mi dessi un’occasione. Solo che non è possibile se mi blocchi, quindi… ho bisogno che mi sblocchi. 

Per sempre

Per sempre segue Keisha e Justin, due diciottenni molto diversi tra loro, ma accomunati da un bisogno comune: capire chi sono, dove vogliono andare, e cosa significa davvero amare qualcuno per la prima volta. Lei è una giovane promessa dell’atletica, cresciuta in una famiglia protettiva ma concreta; lui è un ragazzo brillante ma in perenne lotta con l’immagine che gli altri hanno di lui — atleta per convenienza, nerd per vocazione. Si incontrano quasi per caso nella Los Angeles del 2018, ma quel primo sguardo basta a far partire una storia che non cerca scorciatoie romantiche. È la cronaca dei loro “primi”: primo bacio, prima volta, prima crisi, primo grande dolore. Ma è anche un racconto stratificato sul diventare adulti in un tempo in cui l’adolescenza non è più una semplice fase, ma un territorio da attraversare con coraggio.

Quello che sorprende davvero è il modo in cui la serie tratta certi temi. Il sesso, ad esempio, non è spettacolarizzato ma affrontato per quello che è: un passaggio pieno di emozioni, dubbi e, spesso, imbarazzi. L’identità non è ridotta a cliché ma diventa un tema centrale, che attraversa i dialoghi e le scelte dei protagonisti. Le famiglie non sono macchiette: i genitori di Keisha e Justin, con le loro ansie, i loro silenzi e le loro aspettative, rappresentano un’altra generazione che cerca, a modo suo, di non fallire.

In questo senso, Per sempre è una serie che si prende il tempo necessario per scavare nei suoi personaggi. Non rincorre il ritmo frenetico di altre produzioni young adult, e proprio per questo riesce ad avere un respiro più profondo.

Analisi Monologo

"Io sono venuto solo per dirti che ero felice di poterti conoscere." L’incipit è disarmante nella sua semplicità. Non c’è una grande dichiarazione d’amore, né una richiesta di perdono teatrale. Justin comincia con qualcosa di reale e tangibile: la gratitudine per aver incontrato l’altra persona. È già un piccolo strappo nel modo in cui i personaggi maschili adolescenti, soprattutto nei teen drama, sono soliti parlare: parte da sé, ma non per parlare di sé. Lo fa per riconoscere l’esistenza dell’altra. "Scusa se ti ho offesa per quello che è successo al cinema, ok? Sono stato pessimo." Qui arriva la consapevolezza degli errori. Justin non si giustifica, non scarica la colpa. Ammette di aver sbagliato, e basta. Questo è importante perché mostra un altro elemento raro nella narrazione adolescenziale: la responsabilità emotiva.

"Capisco quello che stai passando. Insomma, è molto pesante, ma io non sono lui." La frase chiave di tutto il monologo è probabilmente questa. C’è una linea sottilissima tra empatia e la paura di essere confusi con qualcuno che ha fatto del male. Justin qui cerca un equilibrio: vuole dire “Ti capisco”, ma anche “Non farmi pagare per qualcosa che non ho fatto”. E lo fa in modo diretto, senza supponenza.

"Giudicami perché sono uno sfigato, questo posso sopportarlo, mi è già capitato. Ma io sono diverso." Ecco che arriva la confessione più fragile: Justin sa cosa vuol dire sentirsi giudicato. Lo ha vissuto, lo vive ancora. Ma stavolta chiede di essere visto per quello che è davvero. In questa parte il monologo diventa quasi una dichiarazione di identità: Accetta il mio essere vulnerabile, perché è tutto quello che posso darti davvero”. "Mi dispiace di non aver notato la tua personalità in passato, ok? Ma adesso la vedo." Una frase semplice ma potentissima, che racconta uno scarto: il passaggio dalla superficie alla profondità. Prima Keisha era “quella carina”, “quella tosta”, magari anche “quella inarrivabile”. Ora, invece, è una persona con una storia, con strati. Justin si prende la responsabilità di non averla vista prima. Questo è rispetto, e anche un gesto d'amore non dichiarato ma molto concreto.

"Credo che stia succedendo qualcosa di bello fra noi. Beh, potrebbe se tu mi dessi un’occasione. Solo che non è possibile se mi blocchi, quindi… ho bisogno che mi sblocchi." La chiusura è una richiesta, ma non una pretesa. Justin non chiede a Keisha di amarlo. Chiede di poter provare a esserci, di non essere escluso per paura, per difesa. È la parte più umana del discorso: chiede un’opportunità. Ma lo fa sapendo che potrebbe anche non ottenerla. E ci sta.

Conclusione

Questo monologo funziona perché non è scritto per “fare colpo”. Non è costruito per emozionare lo spettatore con frasi a effetto, ma per mostrare quanto può essere difficile, e insieme necessario, mettersi a nudo davanti a qualcuno. Justin non è un eroe romantico: è un diciottenne che ha imparato a guardare meglio chi ha di fronte, e nel farlo ha iniziato a vedere anche se stesso. È lì che Per sempre mostra tutto il suo valore: non nel raccontare l’amore come un traguardo, ma come un terreno accidentato su cui imparare a camminare, inciampando spesso, ma con sincerità.

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