Monologo Maschile - Renato De Simone in \"L'amica geniale\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

INTRODUZIONE AL MONOLOGO

Interpretare il monologo di Alfonso in L'amica geniale richiede una profonda comprensione del personaggio, della sua vulnerabilità e della sua lotta per l’accettazione di sé. Alfonso è un uomo che, fin dall’infanzia, ha vissuto con il peso di sentirsi “diverso” e il costante giudizio della famiglia e della società. In questo monologo, egli si confessa ad Elena, una persona di cui si fida profondamente, svelando il conflitto interiore tra vergogna e desiderio di autenticità.

LENU', ERA QUELLA COSA

STAGIONE 5 EP 6

MINUTAGGIO: 37 minuti dalla fine
RUOLO: Alfonso

ATTORE: Renato De Simone
DOVE: Rai Play



ITALIANO


Se Lila non mi aiutava, Lenù, io sarei morta imbrogliata. La cosa più bella che ha fatto per me è stata impormi chiarezza, insegnarmi a dire: se sfioro il piede nudo di questa donna, io non sento niente. Mentre muoio dal desiderio di sfiorare il piede di quell’uomo lì e accarezzargli le mani, tagliarli le unghie con le forbicine, schiattargli i punti neri. Lenù…ma tu ti ricordi quando eravamo bambini, tu e Lila siete venute a casa a chiedere a mio padre di restituirvi la bambola? Tu ti ricordi che lui mi ha chiamato per chiedermi, sfottendomi: Alfò, ma l’hai presa tu?! E tutti ridevano. Perché io ero la vergogna della mia famiglia, Lenù. Io giocavo con le bambole di mia sorella e mettevo le collane di mamma. Io già da bambino sapevo che non solo non ero quello che credevano gli altri, ma nemmeno quello che credevo io stesso. Io sono un’altra cosa, dicevo. Una cosa che sta dentro le vene, non tiene un nome, sta là e aspetta. Lenù io non sapevo cos’era questa cosa, finché Lila non mi ha obbligato a…come spiegarti…a prendermi un po’ di lei.

L'AMICA GENIALE

"L'amica geniale" è una serie televisiva basata sui celebri romanzi di Elena Ferrante, conosciuti come la "tetralogia napoletana." La storia ruota attorno a un’amicizia complessa e profonda tra due donne, Elena Greco e Raffaella Cerullo (detta Lila), che nasce nel dopoguerra e si evolve lungo diverse decadi. La serie esplora questa relazione con un'intensità quasi magnetica, mettendo a nudo i contrasti e le dinamiche di un legame che, per molti versi, diventa anche una sorta di “specchio” attraverso cui entrambe le protagoniste cercano di definirsi.


La trama inizia negli anni '50, in un quartiere popolare di Napoli, dove Elena e Lila crescono in un ambiente povero e segnato dalla violenza e dalle rigide convenzioni sociali. La loro amicizia è fin da subito ambigua, in bilico tra ammirazione e rivalità, complicità e ostilità. Le due bambine sono molto diverse: Elena, detta Lenù, è più riflessiva e cauta, mentre Lila è ribelle, brillante e con un’energia quasi sfrenata, qualità che attirano e spaventano Elena allo stesso tempo.


Il racconto è narrato da Elena, che anni dopo decide di scrivere la storia della loro amicizia per dare un senso a ciò che Lila ha significato nella sua vita. La narrazione scava nei ricordi di Elena, ripercorrendo i momenti salienti del loro rapporto, le fasi di crescita, i percorsi di studio, le carriere e le relazioni amorose che segneranno le loro vite. La storia segue un percorso di evoluzione, in cui la loro amicizia è continuamente sfidata da scelte di vita diverse: Elena si dedica allo studio e cerca di uscire dalla povertà attraverso l'istruzione, mentre Lila resta più legata alla loro realtà di origine, ma riesce comunque a emergere grazie alla sua intelligenza pratica e alla sua forte personalità.


Un aspetto interessante della trama è il modo in cui la scrittura della Ferrante – e di conseguenza la serie – si addentra nei conflitti interiori delle protagoniste. Ogni evento della loro vita, ogni cambiamento, è vissuto come un riflesso di un mondo interiore complesso, fatto di gelosie, invidie, insicurezze e ammirazione reciproca. Attraverso questo rapporto, la serie esplora temi come l’identità femminile, la ricerca di emancipazione, il potere sociale e culturale, e la difficile condizione delle donne in un contesto patriarcale.

ANALISI MONOLOGO

Questo monologo di Alfonso è una confessione intima e sincera, un momento in cui il personaggio svela a Elena la propria verità interiore, toccando temi di identità, vergogna e liberazione. Alfonso, attraverso questo discorso, esplora la propria sessualità e il processo di scoperta e accettazione di sé, guidato e supportato da Lila, un personaggio che non solo lo comprende ma gli permette di riconoscere chi è veramente.

Alfonso racconta il tormento di sentirsi "diverso" fin dall'infanzia, un'alterità che non riesce a spiegare né a comprendere appieno. Nel contesto della Napoli del dopoguerra, in cui la rigidità delle convenzioni sociali è dominante, sentirsi "un'altra cosa" senza nome rappresenta un dramma personale e familiare. Alfonso descrive questa sensazione di essere "una cosa che sta dentro le vene, non tiene un nome, sta là e aspetta," evocando il senso di una verità sepolta, un’identità intrappolata e quasi sconosciuta a se stesso.


Lila, con il suo spirito indomito e la capacità di scardinare le apparenze, è la persona che aiuta Alfonso a liberarsi. È interessante come lui dica che Lila "gli impone chiarezza", segnalando che lei non solo lo aiuta a riconoscere la propria natura, ma quasi lo costringe a farlo, come se la verità non potesse essere evitata né sopportata oltre. È lei a offrirgli la libertà, insegnandogli a guardarsi senza paura e a "prendersi un po’ di lei," un’espressione che può indicare una sorta di coraggio o determinazione che gli trasmette, dando senso e dignità alla sua identità.


Alfonso ricorda episodi della sua infanzia, in cui era "la vergogna della famiglia" per il modo in cui giocava con le bambole e si adornava con le collane della madre. Questo elemento è un riflesso del giudizio sociale e del peso della conformità, di come la comunità e la famiglia possano marchiare una persona fin dalla giovane età. Lila, che non è estranea alle convenzioni ma sa anche sfidarle, diventa una figura liberatrice per Alfonso, offrendogli uno spazio sicuro per la propria verità e aiutandolo a superare quella vergogna che lo ha segnato per anni.


Alfonso fa una confessione molto intima sul desiderio, esprimendo in modo semplice e diretto il proprio orientamento: "se sfioro il piede nudo di questa donna, io non sento niente. Mentre muoio dal desiderio di sfiorare il piede di quell’uomo." Questo desiderio, rappresentato con gesti minimi e quotidiani come il tagliare le unghie o schiacciare i punti neri, riflette una tenerezza e un’intimità quasi inaspettata. È un desiderio che va oltre la passione fisica, sfiora la cura e l’accettazione, cose che Alfonso probabilmente non si era mai concesso di immaginare.

CONCLUSIONE

Questo monologo rappresenta per Alfonso un momento di liberazione e rinascita: è la voce di un uomo che, per la prima volta, si mostra senza barriere, accettando il proprio desiderio e lasciandosi alle spalle la vergogna. Per interpretarlo al meglio, occorre trasmettere la vulnerabilità, il dolore e la gratitudine che lo caratterizzano, alternando momenti di esitazione a quelli di sollievo e verità.

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