Monologo maschile teatrale - Goldberg in \"Il Compleanno\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo di Goldberg è uno dei momenti più densi e simbolicamente ricchi de Il Compleanno di Harold Pinter. È un esempio del potere verbale che Pinter assegna ai suoi personaggi, in particolare ai "predatori" psicologici come Goldberg. In questa scena, Goldberg si rivolge a McCann con un flusso di parole che combina retorica paternalistica, frammenti di ricordi familiari, moralismi sociali e aforismi vacui. Il tutto, però, è pervaso da un senso di minaccia sottile, che non deriva dal contenuto del discorso, ma dal suo ritmo ossessivo, dalla confusione tra logica e assurdo, e dalla tensione latente nel rapporto di dominio che Goldberg esercita su chi lo ascolta. Questa scena è un perfetto esempio del "linguaggio come arma", uno dei tratti distintivi del teatro di Pinter: Goldberg parla per affermare il suo potere e per destabilizzare, incutendo autorità attraverso un discorso apparentemente familiare e morale, ma che in realtà è privo di vera sostanza

Iddio vi salvi...

Aspetta! Torna qui.Voglio il tuo parere. Guardami in bocca. Guarda bene. Capisci quello che voglio dire? Lo sai che io non ho mai perso un dente. Fin dalla nascita. Sono intatto. Ecco perché ho raggiunto la posizione che ho raggiunto. Perché sono sempre stato sano come un pesce. Per tutta la vita mi sono sempre ripetuto: "Datti da fare ,datti da fare e non trasgredire mai le regole del gioco. Onora tuo padre e tua madre. Sempre. Segui i binari, segui i binari e non puoi sbagliare". Ma che credi? Che io mi sia fatto da solo? No! Ho sempre fatto ciò che mi dicevano di fare. Non ho mai perso di vista l’obiettivo. La scuola? Non parliamone nemmeno. Sono sempre stato il primo in tutto. Perché? Te l’ho già detto, non hai capito? Riesci a seguirmi? Impara sempre tutto a memoria. Non scriverti mai niente. E non giocare col fuoco. Te ne renderai conto un giorno… che quello che dico è tutto vero. Perché io credo che il mondo… perché io credo che il mondo… PERCHE’ IO CREDO CHE IL MONDO... Siediti McCann, siediti qui cosi ti posso vedere in faccia. Mio padre mi disse: "Benny, Benny", mi disse, "vieni qui". Stava morendo. E io mi inginocchiai. Accanto a lui, giorno e notte. Chi altro c’era? "Perdona sempre, Benny," mi disse, "e lascia vivere". "Si, papà". "Torna a casa,
da tua moglie". "Si, papà". "Guardati dagli accattoni, dai mendicanti e dai perdigiorno." Non mi ha fatto dei nomi precisi, però. "La mia vita", mi disse, "l’ho dedicata al prossimo, e non me ne pento. Fai il tuo dovere e rispetta sempre le regole. Ricordati di dare sempre il buongiorno ai tuoi vicini. E non dimenticarti della famiglia, perchè la famiglia è la roccaforte, l’essenza, il fulcro! Se ti dovessi trovare nei guai, rivolgiti allo zio Barney, ti toglierà dalle pesti". Io mi inginocchiai. E giurai sulla Bibbia. E in quel momento capii qual’era la parola che non avrei mai dovuto dimenticare-Rispetto! Perché vedi, McCann–Seamus-chi c’era prima di tuo padre? Suo padre. E chi prima di lui? Prima di lui? Chi c’era prima del padre di tuo padre se non la madre del padre di tuo padre? La tua trisnonna. Ed è per questo che ho raggiunto la posizione che ho raggiunto, McCann. Perché sono sempre stato sano come un pesce. Questo è il mio motto: lavora sodo e lavora tosto. Non sono mai stato malato un giorno. Soffiami in bocca, lo stesso. Soffiami in bocca.Quello della staffa. Bene !

Il compleanno

"Il Compleanno" (The Birthday Party, 1957) è uno dei lavori più emblematici di Harold Pinter e rappresenta un esempio perfetto del suo teatro dell'assurdo e del cosiddetto "comedy of menace" (commedia della minaccia). La trama ruota intorno alla vita apparentemente banale di Stanley Webber, un pianista in declino che vive in una pensione gestita da una coppia di mezza età, Meg e Petey Boles. Ma dietro questa facciata di quotidianità si nasconde un'atmosfera di crescente inquietudine che esplode con l'arrivo di due ospiti misteriosi.


La vicenda si svolge interamente nella pensione dei coniugi Boles, un ambiente domestico ma claustrofobico, che diventa il teatro di tensioni psicologiche sottili e a tratti surreali. Stanley sembra essere l'unico ospite della pensione, vive in una sorta di apatia, scambiando battute ambigue con Meg, che lo tratta con un affetto materno ma anche un po' infantile. La sua routine viene stravolta dall'arrivo di due uomini: Goldberg, un personaggio affabile ma manipolatorio, e McCann, un irlandese più taciturno e sinistro. Questi due individui dichiarano di essere lì per un "compito" imprecisato, e Stanley diventa immediatamente il loro bersaglio. Meg, ignara delle tensioni sotterranee, insiste per organizzare una festa di compleanno per Stanley, nonostante lui sostenga che non sia davvero il suo compleanno. La festa diventa il punto di rottura del dramma: ciò che inizia come una celebrazione grottesca e goffa si trasforma in un incubo psicologico. Goldberg e McCann sottopongono Stanley a un interrogatorio destabilizzante, fatto di accuse assurde, giochi di parole e manipolazione mentale. Il linguaggio stesso, spesso confuso e frammentato, contribuisce a creare un'atmosfera opprimente. L'atto conclusivo vede Stanley completamente spezzato, incapace di reagire, quasi ridotto al silenzio. Goldberg e McCann lo portano via dalla pensione, lasciando Meg e Petey nella loro solita routine. Petey prova a dire qualcosa di significativo per fermarli, ma le sue parole rimangono deboli, quasi vuote. La vita quotidiana riprende, ma con una sensazione di perdita irreparabile.

Analisi Monologo

Il monologo segue una struttura volutamente irregolare, che alterna:


Aforismi e regole morali: Goldberg elenca una serie di principi di vita che sembrano ispirati alla tradizione familiare e sociale ("Onora tuo padre e tua madre", "Segui i binari"). Questi dettami, presentati come assiomi universali, sono però intrisi di vuoto, poiché sono declamati in modo dogmatico, senza alcuna riflessione critica.


Ricordi personali: Goldberg cita il padre morente e il suo consiglio di "perdonare e lasciare vivere". Questi ricordi sono più simili a frammenti stereotipati, caricature di una narrazione familiare che manca di autenticità. Persino il suo tono tradisce un'enfasi artefatta, come se recitasse un copione.


Ripetizioni e divagazioni: Goldberg usa ripetizioni compulsive ("Perché io credo che il mondo… perché io credo che il mondo…") che danno l'impressione di un pensiero che si spezza, creando un effetto alienante. Inoltre, divaga con domande retoriche e assurdità (come la genealogia della trisnonna), che interrompono la linearità del discorso e confondono l'interlocutore.


Questa combinazione di elementi genera un flusso verbale opprimente, che disorienta McCann e gli spettatori. Il monologo si trasforma così in un atto di manipolazione: Goldberg parla per stabilire il controllo, non per comunicare davvero qualcosa di significativo.


Goldberg è un personaggio che incarna l'autorità e la coercizione psicologica, e il suo linguaggio è la sua arma principale. In questo monologo, il tono inizialmente didascalico e paternalistico ("Guarda bene. Capisci quello che voglio dire?") evolve in un delirio verbale che rivela il vuoto della sua morale. La retorica di Goldberg è volutamente esagerata e vacua: le sue frasi suonano come luoghi comuni, ma il modo in cui le pronuncia trasmette un senso di minaccia latente.


Un aspetto interessante è come Goldberg usi il linguaggio per costruire una facciata di perfezione e successo personale ("Non ho mai perso un dente", "Sono sempre stato il primo in tutto"). Questa ostentazione di superiorità nasconde un'insicurezza di fondo: il bisogno compulsivo di Goldberg di auto-affermarsi suggerisce che la sua identità si basi su fragili fondamenta.

Il climax del monologo arriva con la ripetizione ossessiva della parola "Rispetto", che Goldberg identifica come il fulcro della sua filosofia. Ma questa dichiarazione, che dovrebbe avere un valore morale, è ridotta a un mantra privo di vera sostanza. Goldberg non offre un significato concreto al "rispetto": usa la parola come uno strumento di dominio per giustificare il suo comportamento autoritario.


Un elemento importante nel monologo è l'uso della fisicità come estensione del linguaggio. Goldberg non si limita a parlare: ordina a McCann di sedersi, lo chiama per nome ("Seamus"), gli chiede di "soffiargli in bocca". Questi gesti, apparentemente casuali o assurdi, hanno in realtà una funzione chiara: affermare il controllo fisico oltre che verbale. Il suo modo di parlare a McCann è quasi ipnotico, una tecnica per stabilire una gerarchia e per mantenere McCann in uno stato di sudditanza psicologica.


Un altro aspetto chiave è l'assurdità intrinseca del discorso di Goldberg. Le sue divagazioni genealogiche ("Chi c’era prima del padre di tuo padre se non la madre del padre di tuo padre?") e le sue frasi enigmatiche ("Soffiami in bocca") disorientano chi lo ascolta. Questo è un tipico elemento del teatro dell'assurdo: il linguaggio perde il suo significato referenziale e diventa un mezzo per esprimere il caos e l'irrazionalità dell'esistenza.

Conclusione

Il monologo di Goldberg è una dimostrazione magistrale del modo in cui Harold Pinter utilizza il linguaggio come strumento di potere e manipolazione. Goldberg non parla per comunicare un messaggio o una verità: il suo discorso è un mezzo per destabilizzare, per imporsi, per mettere a disagio. Attraverso la sua retorica frammentata, le sue ripetizioni ossessive e le sue divagazioni assurde, Goldberg rappresenta l'incarnazione di un'autorità che si nutre di vuoto e di paura. Il monologo è quindi un microcosmo perfetto del mondo pinteriano, dove il linguaggio diventa un'arma e il significato si perde in un gioco di ambiguità e silenzi.

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