Monologo maschile teatrale - l'inverno del nostro scontento in \"Riccardo III\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo, pronunciato da Riccardo all'inizio dell'opera Riccardo III di William Shakespeare, è uno degli incipit più celebri della storia del teatro, un vero e proprio manifesto del personaggio e del dramma che seguirà. Attraverso questi versi, Riccardo si rivolge direttamente al pubblico, svelando i suoi pensieri più profondi e delineando il suo piano machiavellico per conquistare il potere.

L'inverno del nostro scontento

Ora, l’inverno del nostro scontento
è diventato gloriosa estate sotto questo splendore di York;
e ogni nuvola che oscurava la nostra casata
è sepolta nel profondo ventre dell’oceano.
Adesso le nostre fronti si cingono con l’alloro
del vincitore;
le nostre armi scheggiate vengono issate come trofei;
le nostre faticose veglie si trasformano in spensierate feste:
le nostre marce spossanti in amabili passi di danza,
Il volto contratto della guerra ha disteso la fronte rugosa
e adesso, anziché montare stalloni bardati
per abbattere l’animo di avversari impauriti,
zompetta leggiadro nella stanza di una signora
agli accordi lussuriosi di un liuto.
Ma io, che non sono tagliato per i passatempi sportivi,
non fatto per corteggiare un amorevole specchio;
io che sono stato impresso da un rozzo stampo
e manco della maestà della passione
per esibirmi dinnanzi a una ninfa vogliosa;
io, che fui privato delle armoniose fattezze,
tradito nell’aspetto da una natura che inganna,
deforme, incompiuto, vomitato anzitempo
in questo mondo palpitante, scolpito a metà,
e così zoppo e sgradevole
che i cani abbaiano se gli vado accanto;
io, in questa stagione che zufola pace
non godo nel passare altrimenti il tempo
se non ammirando la mia ombra al sole
e canticchiare sulla mia deformità.
E inoltre, poiché non posso recitare un amante,
per divagarmi in questi giorni galanti
sono deciso a interpretare un mascalzone
e detestare i piaceri oziosi dell’oggi
e così ho imbastito trame, e pericolosi intrighi,
con profezie balorde, sentenze e sogni,
che mettono mio fratello Clarence e il re
in odio feroce l’uno contro l’altro:
e se re Edoardo fosse onesto e giusto
quanto io sono subdolo, falso e contorto,
l’oggi dovrebbe vedere Clarence chiuso in prigione,
seguendo la profezia che fa colpevole
un ‘G’ tra i parenti di Edoardo.
Sprofondate, pensieri, in fondo all’animo mio: ecco
che viene Clarence.

Riccardo III

Riccardo III, una delle opere più affascinanti e oscure di William Shakespeare. È una tragedia che unisce intrigo politico, ambizione sfrenata e una complessa indagine sulla psicologia del potere. La storia, parte delle cosiddette "Storie inglesi" di Shakespeare, conclude la tetralogia iniziata con Enrico VI. Qui, il drammaturgo mette in scena l'ascesa e la caduta di uno dei suoi antagonisti più iconici, Riccardo di Gloucester.

L'opera è ambientata in Inghilterra, alla fine della Guerra delle due rose, un conflitto dinastico tra le casate di York e Lancaster. Con la vittoria degli York e l'ascesa di re Edoardo IV, il paese sembra finalmente avviarsi verso la pace. Ma Riccardo, duca di Gloucester e fratello minore di Edoardo, ha altri piani. Ambizioso, spietato e manipolatore, Riccardo brama il trono e si muove nell'ombra per eliminare ogni ostacolo tra lui e il potere.


Riccardo, che all'inizio della pièce si presenta direttamente al pubblico in uno dei monologhi più celebri del teatro ("Ora l'inverno del nostro scontento"), rivela subito il suo piano: sfruttare ogni mezzo – menzogna, omicidio, manipolazione – per prendere la corona. Nonostante la sua deformità fisica (che lui stesso considera un ostacolo sociale e personale), la sua mente è affilata e calcolatrice. Per cominciare, mette in moto una serie di intrighi per screditare e condannare il fratello maggiore, Giorgio, duca di Clarence. Attraverso insinuazioni e falsi sospetti, Riccardo convince re Edoardo a imprigionare Giorgio, e successivamente lo fa assassinare in segreto.


In una delle scene più celebri, Riccardo seduce Lady Anna, la vedova del principe Edoardo (figlio di Enrico VI), nonostante lui stesso sia responsabile della morte del marito e del suocero. È un momento che rivela la sua abilità manipolativa, capace di piegare anche i cuori più riluttanti. Dopo la morte di re Edoardo IV, Riccardo si presenta come protettore dei due giovani figli del defunto re, i principi nella Torre. Ma li imprigiona e successivamente li fa uccidere per eliminare ogni potenziale rivale. Con il supporto di nobili corrotti e di falsi alleati, Riccardo si fa incoronare re d'Inghilterra.

Una volta raggiunto il trono, Riccardo si rivela un tiranno paranoico, pronto a tradire anche i suoi più fedeli sostenitori. Il suo regno è segnato dalla paura e dal tradimento, mentre gli oppositori iniziano a raccogliersi attorno a Enrico Tudor, un discendente della casata dei Lancaster. La battaglia decisiva avviene a Bosworth Field. Qui, Riccardo combatte disperatamente per mantenere il trono, ma viene sconfitto e ucciso. Prima della sua morte, pronuncia la famosa linea: "Un cavallo, un cavallo! Il mio regno per un cavallo!", un grido che simboleggia la sua disperazione e il fallimento della sua ambizione. Enrico Tudor diventa re Enrico VII, ponendo fine alla Guerra delle due rose e inaugurando la dinastia dei Tudor.


Riccardo III non è un villain qualunque; è un personaggio complesso, capace di conquistare il pubblico con il suo carisma e la sua intelligenza. Shakespeare lo dipinge come una figura tragica e affascinante: un uomo divorato dall'ambizione, consapevole della sua malvagità e capace di giustificare i suoi atti con una logica fredda e spietata. È anche un maestro della parola, capace di tessere intrighi con discorsi brillanti e di manipolare chiunque gli si opponga.

Analisi Monologo

Il monologo si apre con una celebrazione della vittoria della Casa di York:
"Ora, l’inverno del nostro scontento è diventato gloriosa estate sotto questo splendore di York." La metafora stagionale sottolinea il passaggio dalla guerra (inverno) alla pace (estate), un cambiamento che dovrebbe rappresentare un momento di trionfo e gioia. Sin dalle prime battute si avverte una vena di ironia. Riccardo non è affatto interessato alla pace o al benessere collettivo: queste immagini idilliache servono solo come contrasto per evidenziare il suo malcontento personale. Shakespeare utilizza un linguaggio visivo, come il riferimento alle armi issate a trofei e alle marce trasformate in danze, per dipingere un quadro di armonia che però Riccardo trova alienante. Questo non è il suo mondo: il clima di pace e leggerezza mette a nudo la sua esclusione, non solo sociale ma anche psicologica.


La seconda parte del monologo è un autoritratto impietoso in cui Riccardo riflette sulla sua deformità fisica: "Io, che fui privato delle armoniose fattezze, tradito nell’aspetto da una natura che inganna, deforme, incompiuto, vomitato anzitempo in questo mondo palpitante, scolpito a metà." Shakespeare dipinge Riccardo come un uomo consapevole del suo corpo, che percepisce come una gabbia. La deformità non è solo fisica, ma diventa un simbolo della sua condizione morale ed esistenziale: Riccardo è "incompiuto", diverso, incapace di inserirsi nel nuovo ordine sociale fondato sulla pace e sulla gioia. La sua deformità lo esclude dai piaceri umani tradizionali, come l’amore e la bellezza, e lo spinge verso un senso di isolamento che alimenta la sua malvagità. Ma c’è di più: Riccardo usa la deformità come giustificazione per le sue azioni. Il suo ragionamento è chiaro e inquietante: non potendo essere come gli altri, decide di diventare qualcosa di completamente diverso, un villain. In questo senso, Riccardo si auto-legittima come agente del caos, un ruolo che abbraccia con assoluta consapevolezza.


La terza parte del monologo segna la svolta: Riccardo passa dalla riflessione sulla sua condizione al dichiarare le sue intenzioni malvagie. La frase chiave è:
"Poiché non posso recitare un amante, per divagarmi in questi giorni galanti sono deciso a interpretare un mascalzone." Shakespeare usa il verbo "recitare" (play) in modo deliberato: Riccardo è perfettamente consapevole di essere un attore nella vita, un manipolatore che costruisce la propria immagine per servire i suoi scopi. Non potendo partecipare al mondo come un amante o un uomo di pace, sceglie di creare disordini e distruzione. La parola "mascalzone" non è casuale: Riccardo si colloca volutamente al di fuori del sistema morale che governa gli altri personaggi.


Nella parte finale del monologo, Riccardo illustra il primo passo del suo piano: mettere il fratello Clarence e il re Edoardo l’uno contro l’altro. La precisione con cui descrive i dettagli – dalle "profezie balorde" alle "sentenze e sogni" – mostra la sua capacità di calcolare ogni mossa. La menzione della profezia che identifica un "G" come nemico del re (George, nome di Clarence) è un esempio della sua abilità nel manipolare la superstizione per i propri scopi.


Riccardo conclude il monologo con un’anticipazione dell’azione successiva: l’ingresso di Clarence.

Conclusione

Questo monologo è un capolavoro di costruzione drammatica e psicologica. Attraverso un linguaggio ricco di immagini contrastanti e un tono che oscilla tra il sarcastico e il tragico, Shakespeare ci immerge nella mente di un uomo spietato e lucido, capace di trasformare la sua debolezza in un’arma. L’abilità di Riccardo di svelare il suo piano direttamente al pubblico crea un’intimità inquietante: diventiamo complici della sua malvagità, spettatori di una tragedia in cui la sua ambizione e il suo genio distruttivo lo porteranno inevitabilmente alla rovina.

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