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~ LA REDAZIONE DI RC
"Il mercante di Venezia" è una delle opere più complesse di Shakespeare, capace di fondere tematiche profonde come l’intolleranza, la vendetta e la giustizia in una narrazione che oscilla tra commedia e dramma. Al centro di questa tensione c’è Shylock, un personaggio che incarna il risentimento e l’emarginazione di chi è costantemente umiliato. Il suo celebre monologo, nel terzo atto, è un momento cruciale che trasforma l’antagonista in una figura profondamente umana. In queste parole, Shylock rivendica la propria dignità, denuncia l’ipocrisia della società veneziana e giustifica la vendetta come risposta inevitabile all’oppressione.
Mi ha maltrattato e defraudato di mezzo milione; ha gioito delle mie perdite, deriso i miei profitti,disprezzato il mio popolo, ostacolato i miei affari, allontanato i miei amici, saziato i miei nemici. E per quale ragione? Perché sono ebreo. Non ha occhi un ebreo? Non ha mani un ebreo ? Organi, consistenza, sensi, affetti, passioni, non si nutre dello stesso cibo, non è ferito dalle stesse armi, non soffre delle stesse malattie, non è curato con gli stessi rimedi,scaldato agghiacciato dallo stesso inferno dalla stessa estate di un cristiano? E se ci pungete non versiamo sangue? Se ci fate il solletico non ridiamo? Se ci avvelenate non moriamo? E se ci fate un torto, non ci vendichiamo? Se siamo a voi uguali in tutto il resto perché non assomigliarvi anche in questo. Se un ebreo fa un torto ad un cristiano, a che si riduce la sua carità? Alla vendetta. Se fa torto ad un ebreo quale esempio elevato di sopportazione gli mostra un cristiano perfetto? Solo vendetta. Io metterò in pratica la malvagità che ci insegnato e non sarà difficile che io vada anche oltre , ben oltre l'insegnamento.
"Il mercante di Venezia" è una delle opere teatrali più conosciute di William Shakespeare, scritta probabilmente tra il 1596 e il 1598. È una commedia per genere, ma i suoi temi e i suoi personaggi complessi – in particolare l'ambiguo Shylock – la rendono una delle opere più discusse del Bardo. Analizziamola dal punto di vista della drammaturgia. Antonio, un mercante di Venezia, prende un prestito da Shylock, un usuraio ebreo, per aiutare il suo amico Bassanio a corteggiare la ricca ereditiera Porzia. Il patto prevede che, in caso di mancato pagamento, Shylock possa prendere una "libbra di carne" dal corpo di Antonio. Bassanio tenta la fortuna con un bizzarro test imposto dal padre defunto di Porzia: scegliere il baule giusto tra tre (oro, argento, piombo) per ottenere la mano della donna.
Questi due fili narrativi si intrecciano e culminano nella scena del tribunale, dove Porzia, travestita da avvocato, smonta le pretese di Shylock usando un cavillo legale.
La scena del tribunale è il cuore dell’opera, con Shylock che cerca una vendetta legalizzata nei confronti di Antonio, rappresentante di una società cristiana che lo discrimina. Tuttavia, la giustizia non è realmente bilanciata: Shylock, alla fine, è umiliato e forzato a convertirsi al cristianesimo, sollevando domande sull'etica della giustizia "shakespeariana". Shylock è al centro del dibattito sulla rappresentazione degli ebrei nell’Inghilterra elisabettiana. Il personaggio, sebbene spesso rappresentato come l’antagonista, è anche vittima di un sistema che lo emargina. La famosa battuta “Non ha un Ebreo occhi?” è uno dei momenti più toccanti, dove Shylock rivendica la sua umanità. Bassanio e Porzia incarnano un’idea romantica di amore che però è strettamente legata al denaro. Antonio, a sua volta, dimostra un affetto (forse non solo platonico) verso Bassanio, spingendosi a rischiare la vita per lui. Il travestimento di Porzia e il gioco dei bauli sottolineano l’importanza dell’inganno e delle apparenze nella società. Scegliendo il baule di piombo – apparentemente il meno prezioso – Bassanio dimostra di saper guardare oltre la superficie.
Esposizione: Venezia è introdotta come un luogo di commercio, ma anche di tensioni culturali e religiose. Antonio appare malinconico, preludio ai conflitti che seguiranno.
Conflitto: Il contratto tra Shylock e Antonio mette in moto il dramma, mentre Bassanio si prepara a corteggiare Porzia.
Culmine: La scena del tribunale è il climax. La tensione raggiunge il culmine quando Shylock reclama la libbra di carne.
Risoluzione: Porzia svela la sua vera identità, salvando Antonio e ribaltando la situazione. Tuttavia, la risoluzione lascia un retrogusto amaro, con Shylock completamente distrutto.
Conclusione: L’opera si chiude con un ritorno all'armonia per i protagonisti cristiani, ma con un senso di ingiustizia per il destino di Shylock.
La figura di Shylock è il fulcro delle discussioni su questa drammaturgia. È scritto come un antagonista, ma Shakespeare gli dà una profondità straordinaria, facendolo oscillare tra stereotipo e complessità umana. La sua fame di vendetta è comprensibile in un contesto di umiliazione e marginalizzazione, ma la sua rigidità lo rende anche incapace di compassione, portandolo alla rovina.
Il monologo di Shylock è uno dei momenti più memorabili e intensi de Il mercante di Venezia. In questa scena, Shakespeare dà voce all’umanità e alla rabbia del personaggio, rendendolo più di un semplice antagonista. Shylock pronuncia questo monologo nel Terzo Atto, quando viene affrontato da Salerio e Solanio a proposito delle sue intenzioni di esigere la libbra di carne da Antonio. È un momento di auto-difesa, ma anche un’accusa diretta ai pregiudizi e alla crudeltà della società veneziana.
Il monologo è costruito con una tensione crescente, passando da una descrizione delle sofferenze subite a un’aperta giustificazione della vendetta. L’uso di anafore (ripetizioni come "non ha un ebreo?", "se ci...") e domande retoriche intensifica il ritmo, trasmettendo sia indignazione che logica. "Mi ha maltrattato e defraudato di mezzo milione..."
Qui Shylock elenca le offese ricevute da Antonio e dalla società cristiana, con una ripetizione martellante che accumula i torti subiti. Questo crea empatia con il pubblico e posiziona Shylock come una vittima di un sistema che lo ha isolato e deriso.
"Non ha occhi un ebreo? non ha mani un ebreo?" Questo passaggio è il cuore del monologo. Shylock smonta la distinzione tra cristiani ed ebrei con un argomento semplice ma potentissimo: tutti gli esseri umani condividono la stessa natura biologica e affettiva. Le domande retoriche non cercano risposte, ma obbligano chi ascolta a riflettere sulla loro ipocrisia. "E se ci fate un torto, non ci vendichiamo?" La rabbia di Shylock diventa giustificazione. La vendetta, lungi dall’essere un semplice impulso, è presentata come un meccanismo sociale appreso proprio dai cristiani. In un certo senso, Shylock dice: "Non fate che insegnarmi a comportarmi come voi" "Io metterò in pratica la malvagità che ci insegnate..." Qui il monologo raggiunge il suo culmine emotivo e concettuale. Shylock ribalta il ruolo di vittima e si appropria della crudeltà dei suoi oppressori, trasformandola in arma. È un momento di estrema amarezza, in cui la vendetta non è solo un’azione, ma una forma di assimilazione.
Shylock denuncia il razzismo istituzionalizzato della società veneziana. È ridotto a "l’ebreo" più che a un uomo, e tutto il suo monologo ruota intorno alla domanda implicita: "Perché la mia umanità è ignorata?" Le domande retoriche sulla fisiologia e le emozioni comuni sono un richiamo universale all’empatia. Shakespeare rompe le barriere tra spettatore e personaggio, rendendo impossibile ignorare la profondità umana di Shylock.
Shylock non giustifica la vendetta come una scelta individuale, ma come una risposta inevitabile alle ingiustizie subite. È un richiamo alla responsabilità collettiva: il sistema crea i mostri che poi condanna. Il monologo mette a nudo l’ipocrisia dei cristiani che predicano il perdono ma praticano la vendetta. Shylock diventa un riflesso oscuro della società veneziana.
Il monologo di Shylock è il cuore pulsante di Il mercante di Venezia, un’opera che sfida le facili categorizzazioni. Attraverso le sue parole, Shakespeare obbliga lo spettatore a confrontarsi con le proprie idee di giustizia, umanità e vendetta. Shylock è un uomo ferito che riflette i vizi della società che lo circonda. Questo monologo, con la sua intensità e universalità, rimane un richiamo potente all’empatia e una denuncia di ogni forma di discriminazione, rendendo quest’opera straordinariamente attuale.
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