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~ LA REDAZIONE DI RC
Siamo nella seconda sezione del film “2001: Odissea nello Spazio”, intitolata “TMA-1”, ambientata sulla base lunare Clavius. Dopo il misterioso prologo preistorico e il salto temporale, Kubrick ci presenta un’umanità ormai completamente immersa nella tecnologia: viaggi spaziali diventati ordinari, stazioni orbitanti, comunicazioni video istantanee. In questo nuovo mondo iper-tecnologico fa il suo ingresso il Dr. Heywood R. Floyd, funzionario governativo chiamato a supervisionare una scoperta sensazionale: un monolito sepolto sotto la superficie lunare.
MINUTAGGIO:
RUOLO: Heywood R. Floyd
ATTORE: William Sylvester
DOVE:
ITALIANO
Grazie, dottor Halvorsen. Buongiorno a tutti, lieto d'essere tornato. Dunque, innanzi tutto vi porto un messaggio personale del dottor Howell, che mi ha chiesto di esternare a tutti voi la sua gratitudine per i molti sacrifici che avete fatto. E naturalmente, i suoi rallegramenti per la vostra scoperta, che potrebbe dimostrarsi una delle più importanti nella storia della scienza. Io so che c'è stato qualche contrasto di opinioni fra alcuni di voi circa la necessità di assoluta segretezza nella faccenda; più precisamente, un'opposizione alla notizia per far credere che vi sia un'epidemia in questa base. Eh, io comprendo che, oltre alla questione di principio, molti di voi temono la preoccupazione e l'ansia che questa storia dell'epidemia può causare ai vostri parenti e amici sulla Terra. In fondo, comprendo perfettamente le vostre critiche negative. Questa falsa notizia è imbarazzante anche per me. Tuttavia, condivido la necessità della più assoluta segretezza, come spero facciate voi. Sono certo che vi rendete conto del gravissimo potenziale di shock culturale e di disorientamento sociale insito nell'attuale situazione, se i fatti fossero prematuramente resi pubblici senza preparazione e condizionamento adeguati. Comunque, questa è l'opinione del Consiglio. E lo scopo della mia visita è quello di raccogliere ulteriori dati e opinioni sulla situazione, e preparare un rapporto per il Consiglio, perché raccomandi come e quando la notizia debba essere annunciata. Ora, se qualcuno vuole espormi le sue opinioni, in privato, se crede, le includerò nel mio rapporto. Mi pare che sia tutto. Qualche domanda?
“2001: Odissea nello spazio” è un film del 1968 diretto da Stanley Kubrick e scritto insieme ad Arthur C. Clarke. Un'esperienza visiva e concettuale che attraversa la storia dell’umanità, dalla preistoria all’ignoto cosmico. Il film si apre nel passato remoto, in un’Africa ancestrale. Assistiamo alla vita di un gruppo di ominidi che lottano per la sopravvivenza. In questo contesto fa la sua comparsa il monolito nero, una struttura geometrica innaturale, che sembra innescare un passaggio evolutivo. Uno degli ominidi scopre che un osso può diventare un’arma: da quel momento, la violenza entra nella storia dell’uomo come strumento di supremazia. Il celebre stacco di montaggio — l’osso lanciato in aria che si trasforma in un satellite artificiale — ci porta milioni di anni nel futuro. Nel XXI secolo, una missione scientifica americana raggiunge la Luna, dove è stato ritrovato un secondo monolito, sepolto nel cratere Tycho. Appena viene esposto alla luce del sole, il monolito emette un segnale radio direzionato verso Giove. A questo punto la narrazione si sposta di nuovo in avanti: parte una nuova missione, stavolta con destinazione proprio il pianeta gigante.
Siamo a bordo della Discovery One, una nave spaziale in viaggio verso Giove. A bordo ci sono due astronauti attivi, Dave Bowman e Frank Poole, più tre colleghi in animazione sospesa. Ma il personaggio centrale di questa parte è HAL 9000, il computer di bordo dotato di intelligenza artificiale. HAL non è un semplice assistente: è una coscienza artificiale, freddamente razionale ma vulnerabile alla contraddizione. Quando HAL inizia a comportarsi in modo ambiguo, suggerendo malfunzionamenti che non esistono, Bowman e Poole si rendono conto che qualcosa non va. HAL capisce di essere sotto osservazione e inizia a eliminare l’equipaggio. La scena in cui Bowman disattiva gradualmente HAL è un momento chiave: un essere umano che spegne un'intelligenza artificiale senziente, mentre questa manifesta un comportamento quasi infantile nel suo declino ("Daisy, Daisy...").
Raggiunto Giove, Bowman si avvicina a un terzo monolito, sospeso nello spazio. Da qui inizia l’ultima parte, quella più astratta e visivamente sperimentale del film: una sequenza lisergica nota come Star Gate. È un passaggio temporale e percettivo. Bowman viene trasportato in uno spazio surreale, una sorta di stanza decorata in stile neoclassico, dove vive un processo di invecchiamento accelerato. Alla fine, mentre si trova nel letto di morte, Bowman vede comparire di nuovo il monolito. In quel momento, si trasforma in un nuovo essere: il Bambino delle Stelle, un’entità sospesa nello spazio, simbolo di un nuovo stadio evolutivo.
La prima cosa che colpisce è l’uso controllato della lingua. Floyd inizia con un tono quasi affabile (“Lieto d’essere tornato”, “vi porto un messaggio personale”), ma il linguaggio è calibrato, quasi asettico. Non c’è vero calore, c’è funzione. Ogni parola serve a mantenere l’ordine, non a costruire empatia. È un linguaggio politico: gestione delle emozioni attraverso la forma.
La parola chiave è "segretezza". L'intero discorso è costruito intorno alla giustificazione della menzogna. Floyd riconosce le critiche, le chiama “questione di principio”, ma subito le neutralizza attraverso un’espressione che pesa come un macigno: “Il gravissimo potenziale di shock culturale e di disorientamento sociale”. In questo momento il film ci suggerisce qualcosa di enorme: l’uomo moderno, nonostante la sua potenza tecnologica, non è pronto a confrontarsi con ciò che non può spiegare. C’è paura, ma non di ciò che si trova sulla Luna — bensì di ciò che potrebbe provocare sulla Terra. Floyd si congratula per una scoperta che, nelle sue stesse parole, “potrebbe dimostrarsi una delle più importanti nella storia della scienza”. Ma invece di condividerla, la nasconde. Qui Kubrick e Clarke toccano un nodo interessante: il conflitto tra conoscenza e controllo. La scienza ha trovato qualcosa di epocale, ma la gestione è affidata alla burocrazia, alla politica, alla paura. Non si ragiona su cosa sia il monolito, si pianifica quando e come dirlo al mondo. La verità non è libera, è un’informazione da calibrare.
Floyd rappresenta l’apparato decisionale, ma non prende decisioni: raccoglie dati, “prepara un rapporto”. La sua autorità è apparente. Dietro di lui c’è un Consiglio, entità anonima e intangibile. Questo ci mostra una società dove le strutture di potere sono opache, dove l’uomo è diventato un ingranaggio, anche quando è in cima alla catena. Kubrick non ci dice chi comanda, ma ci mostra cosa fa il potere: nasconde, gestisce, organizza la verità.
Il monologo del Dr. Floyd è il volto sorridente della censura. Non ci sono minacce esplicite, solo convenevoli e ragionamenti “di buon senso”. Ma in quella calma apparente c’è qualcosa di inquietante. Kubrick ci mostra un’umanità che ha raggiunto le stelle, ma che è ancora prigioniera della paura e della necessità di controllo. Floyd è un funzionario modello: fa ciò che gli viene chiesto, lo fa bene, e lo fa con tono rassicurante. Ma dietro quella maschera educata si nasconde una verità scomoda: l’uomo moderno ha paura della verità quando non può spiegarla.
E qui, senza urlare, Kubrick ci porta al centro del suo racconto: l’incontro tra l’umano e l’incomprensibile, gestito non con apertura, ma con silenzio.
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