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~ LA REDAZIONE DI RC
Interpretare il monologo di Lidia Poët dalla seconda stagione dell’omonima serie richiede una finezza espressiva che trasmetta il conflitto interiore di una donna che, pur essendo delusa e disillusa, non si è mai completamente arresa. Questo monologo è un momento di rivelazione amara, in cui Lidia, con calma e risolutezza, denuncia l'ipocrisia di una società che considera "progressista" ma che esclude ancora metà della popolazione dai diritti fondamentali.
EPISODIO 2
MINUTAGGIO: 40:55-42:05
RUOLO: Lidia Poët
ATTRICE: Matilda De Angelis
DOVE: Netflix
ITALIANO
In realtà ho solamente denunciato una semplice verità. Che c'è sempre qualcosa di più importante dei diritti delle donne. E anche gli uomini più... illuminati della nostra nazione, i politici più progressisti sono comunque uomini. Nati nel privilegio, totalmente indifferenti alle sorti di chi non ha mai avuto diritti. Siete orgogliosi dell'allargamento del Suffragio. Certo. Ora, due milioni di persone hanno diritto di voto. La nostra nazione ne conta 30 di milioni. E la metà sono donne, quindi... Anna, senatore, io vi ringrazio molto per aver ascoltato le mie idee, ma è chiaro che la nostra è un'impresa destinata al fallimento. Con permesso, vado a prendere un pò d'aria.
“La Legge di Lidia Poët” è una serie italiana che ripercorre la storia della prima avvocatessa d’Italia, un personaggio reale e rivoluzionario: Lidia Poët, interpretata con grande intensità da Matilda De Angelis. La serie, ambientata nel tardo Ottocento a Torino, si ispira alla vita di Lidia, che, nel 1883, si vede revocare l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati semplicemente perché donna. La sua reazione è immediata: invece di farsi da parte, Lidia diventa una figura di riferimento per chi cerca giustizia, collaborando “dietro le quinte” con lo studio legale del fratello.
La narrazione segue Lidia nel suo percorso professionale e umano: di episodio in episodio, la vediamo occuparsi di casi complessi e, con il suo spirito determinato e anticonformista, sfidare costantemente il sistema giudiziario. Nonostante l’ostilità delle istituzioni, Poët diventa una sorta di investigatrice, unendo le sue competenze legali a una curiosità fuori dal comune. La collaborazione con il fratello Enrico, un uomo dalle vedute più tradizionali, crea un interessante contrasto tra il rigore della legge e il desiderio di giustizia.
La serie sviluppa una struttura episodica in cui ogni puntata è dedicata a un caso diverso, permettendo di esplorare anche i diversi aspetti della società italiana dell’epoca. Si toccano temi sociali come i diritti delle donne, il rapporto tra la legge e l’etica e la lotta di chi è escluso dalla giustizia ufficiale.
Il cuore della serie è la lotta per i diritti delle donne e l’uguaglianza. La figura di Lidia Poët incarna il sogno di emancipazione femminile in un periodo in cui alle donne erano negati i diritti basilari, nonostante fossero già presenti nei settori lavorativi e nella vita pubblica. La serie esplora i limiti imposti alle donne, costrette a combattere non solo contro il sistema giudiziario, ma anche contro una società intrisa di pregiudizi. Una delle questioni più intriganti è il conflitto tra giustizia e legge. La serie mette in discussione l’imparzialità del sistema giudiziario, rivelandone la fragilità e l’ingiustizia intrinseca, specie nei confronti di chi è emarginato. Lidia cerca un equilibrio tra il rispetto delle norme e la lotta per una giustizia autentica, un approccio che le permette di andare oltre i limiti delle leggi scritte per risolvere casi intricati.
La lotta di Lidia per esercitare la sua professione è anche una battaglia per il diritto a essere sé stessa, a dispetto delle convenzioni sociali. Questo tema, molto sentito nella società attuale, fa risuonare la sua vicenda con il pubblico contemporaneo, ricordando l’importanza dell’autodeterminazione e la necessità di sfidare le aspettative sociali. Il rapporto tra Lidia e il fratello rappresenta il conflitto tra vecchio e nuovo, tra chi vuole cambiare il mondo e chi, invece, teme le conseguenze di un sistema sovvertito. È attraverso questo legame familiare che la serie esplora anche le pressioni sociali dell’epoca, ponendo domande su cosa significhi rispettare la famiglia, pur mantenendo la propria identità.
"La Legge di Lidia Poët" punta su una rappresentazione visivamente ricca dell’Italia di fine Ottocento, dove i dettagli storici vengono intrecciati a una narrazione moderna e dinamica.
Questo monologo di Lidia Poët è una dichiarazione feroce e lucida contro l’ipocrisia del sistema politico e delle figure maschili che, pur apparendo illuminate e progressiste, perpetuano un privilegio che le donne e gli emarginati faticano a scalfire. È uno di quei momenti di confronto diretto, quasi imbarazzante per chi ascolta, in cui Lidia ribalta la narrativa dominante per rivelare che, anche in un’epoca di apparenti riforme, l’emancipazione femminile è sempre un obiettivo secondario, mai prioritario.
Lidia inizia smascherando un’ipocrisia: “In realtà ho solamente denunciato una semplice verità”. La frase iniziale colpisce perché annulla qualsiasi “grande atto di ribellione”: Lidia non sta proclamando una novità, ma sta dicendo qualcosa di ovvio, che tutti dovrebbero vedere e riconoscere. Questa verità è ignorata dai cosiddetti “illuminati” perché minaccia il loro status. Così, lei espone la profonda disconnessione tra le parole e i fatti di una classe dirigente maschile che, pur propensa a riforme, non è pronta a rinunciare ai propri vantaggi.
Quando Lidia sottolinea che “c'è sempre qualcosa di più importante dei diritti delle donne”, espone un ciclo di priorità distorte: i problemi delle donne sono costantemente rimandati, sacrificati a favore di interessi che appaiono più urgenti o vantaggiosi per la classe maschile. Anche chi sembra progressista non può, o non vuole, veramente riconoscere e combattere l’ingiustizia che le donne vivono ogni giorno. La retorica illuminata dei politici maschi si rivela così vuota, priva di un’effettiva volontà di cambiamento.
Lidia affronta il tema dell’espansione del diritto di voto, uno dei simboli delle riforme democratiche, ma smonta questo “allargamento” definendolo inadeguato: “due milioni di persone hanno diritto di voto... La nostra nazione ne conta 30 milioni”.
Questa affermazione sottolinea la disuguaglianza nella distribuzione dei diritti politici e mostra come le donne siano escluse nonostante rappresentino la metà della popolazione. Qui Lidia tocca una ferita che il pubblico potrebbe voler ignorare: che il progresso spesso si veste di parzialità e accontenta solo una piccola fetta privilegiata.
La frase finale del monologo — “è chiaro che la nostra è un’impresa destinata al fallimento” — è un grido di rassegnazione, ma anche una provocazione. Con questo, Lidia non solo esprime il suo senso di impotenza rispetto alla politica maschile dell’epoca, ma lascia anche intendere che finché non si realizzerà un cambiamento radicale nel modo in cui viene vista l’uguaglianza, qualunque tentativo risulterà futile. È un momento di disillusione che scava nel divario tra ideali e realtà.
L’interpretazione di Lidia nel monologo è cruda, fredda e distaccata. Non ci sono enfasi o tentativi di convincere: è come se Lidia stesse parlando con una consapevolezza rassegnata, quella di chi conosce fin troppo bene la natura dei propri interlocutori. Questa calma apparente aumenta la potenza del monologo, poiché non scade nell’eccesso retorico ma rimane su un piano quasi intimo, come se volesse portare i suoi interlocutori a riflettere nel silenzio che segue.
Il discorso espone così un conflitto che supera la lotta per il diritto di voto: è una richiesta di riconoscimento per una lotta che trascende l’aspetto formale e si muove verso una più ampia questione di dignità. Lidia non si lascia affascinare dai piccoli progressi superficiali, né concede spazio a compromessi simbolici. Questo suo atteggiamento impone un livello di realismo che, nel contesto della serie, colpisce anche lo spettatore, riportandolo a riflettere sulla lentezza con cui alcuni diritti vengono concessi e sull’impatto dei privilegi storici che dominano, in modi sottili, anche le società moderne.
Per interpretare al meglio questo monologo, l’attrice dovrebbe concentrarsi su alcune sfumature chiave che rendono Lidia Poët una figura complessa e affascinante. Questo è un discorso intriso di rassegnazione, ma anche di forza contenuta, quasi in sottrazione.
1. Mantieni un Tono Calmo ma Risoluto
Lidia non è agitata o polemica; è consapevole della realtà che descrive. Il tono dovrebbe quindi essere calmo e quasi staccato, come se Lidia non volesse fare una scena o suscitare emozioni ma esprimere una “verità scomoda” che ha accettato. Questo trasmette al pubblico un senso di lucidità e di fredda consapevolezza, evitando eccessi emotivi che rischierebbero di indebolire il messaggio.
2. Usa Pausa e Ritmo per Sottolineare i Contrasti
Spezza il discorso in momenti strategici per enfatizzare le contraddizioni che Lidia sta denunciando. Una pausa dopo frasi come “gli uomini più illuminati… sono comunque uomini” o “due milioni di persone hanno diritto di voto… la nostra nazione ne conta 30 milioni” darà il giusto peso alle sue parole. Questo ritmo cadenzato crea un impatto maggiore, sottolineando il divario tra ciò che si dice e ciò che si fa.
3. Espressione Facciale: Un Misto di Rassegnazione e Sfida
Lo sguardo dovrebbe essere intenso, ma non arrabbiato. Lidia guarda il suo pubblico, o i suoi interlocutori, con una sorta di sfida rassegnata. Non c’è rabbia nelle sue parole, ma una delusione profonda. Questo si può ottenere mantenendo uno sguardo fisso, quasi penetrante, e una minima espressione di amarezza sul viso, che trasmette il dolore di chi ha già compreso e accettato l’ingiustizia della situazione.
4. La Postura: Sii Fiera ma Rilassata
Lidia è una donna che non chiede scusa per la sua presenza. Mantieni una postura eretta, con le spalle rilassate e i gesti contenuti. Anche se il monologo è accusatorio, non c’è bisogno di gesti drammatici. Potresti limitarti a pochi movimenti delle mani per accompagnare i passaggi più forti del discorso, come quando parla del suffragio o del privilegio maschile, ma sempre con moderazione.
5. Cura la Progressione Emotiva: Dal Controllo alla Rassegnazione
Lascia che nel finale emerga una leggera variazione emotiva. All’inizio, Lidia sembra voler dimostrare una tesi, mentre alla fine c’è una sfumatura di stanchezza quando dice: “la nostra è un’impresa destinata al fallimento”. Permetti a una nota di rassegnazione di colorare la voce verso la conclusione, senza cedere a un tono troppo affranto, mantenendo però un calo leggero nell’intensità. È come se, in quel momento, Lidia si lasciasse andare, mostrandosi umana e stanca.
6. Dai Peso all’Uso delle Parole Chiave
Parole come “privilegio”, “diritti”, “voto” e “fallimento” sono pilastri del discorso e meritano un’enfasi sottile, non marcata. Metti l’accento su di esse semplicemente rallentando il ritmo per una frazione di secondo, quel tanto che basta per farle risaltare senza drammatizzare. Questo permetterà al pubblico di sentire il peso di queste parole senza essere distratto da una recitazione eccessivamente enfatica.
7. La Chiusura: Un Distacco Consapevole
Quando chiudi il monologo con “Con permesso, vado a prendere un po’ d’aria”, recita la frase come se Lidia fosse davvero stanca di parlare e non avesse più nulla da aggiungere. Lascia che si percepisca il bisogno di allontanarsi dalla scena, ma senza teatralità. È una presa di distanza, un distacco quasi ironico: Lidia non si aspetta risposte, e lo spettatore deve sentirlo. Anche un leggero sorriso ironico potrebbe essere inserito, purché lieve e appena accennato.
Riflessione Finale per l’Attrice
Questo monologo è una danza sottile tra rassegnazione e resilienza. Incarna una verità scomoda e la disperazione di una donna che combatte in un mondo dominato da regole che non le appartengono, e che tuttavia non ha intenzione di arrendersi davvero. Per l’attrice, è essenziale non dimenticare che Lidia, pur disillusa, rimane una combattente: non sta cercando di compiacere nessuno, e questa forza interiore è ciò che rende il monologo potente.
Questo monologo rappresenta un momento di distacco e di amarezza per Lidia Poët, e interpretarlo significa riuscire a bilanciare forza e vulnerabilità senza mai cedere al pathos eccessivo. Lidia si rivela attraverso un atteggiamento di fiera rassegnazione, lasciando intendere che, nonostante la fatica, la sua lotta per l’uguaglianza e la giustizia continua.
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