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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Max in Il rifugio atomico apre la serie con un racconto intenso che passa dall’amore perduto di Ane alla violenza del carcere, fino alla rinascita come “bestia feroce”. In pochi minuti conosciamo il suo arco drammatico: colpa, dolore, sopravvivenza e trasformazione. È un testo perfetto per un’audizione, perché permette di mostrare vulnerabilità, rabbia e visione. Un materiale ricco per chi cerca un monologo drammatico con forte evoluzione interiore.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
Emozioni chiave: colpa e rimorso (per la perdita di Ane, presente ma mai stucchevole nostalgia intima (le “prime volte” raccontate con tenerezza) rabbia contenuta / aggressività (la bestia nata in carcere) determinazione e autocelebrazione (la rinascita come scelta, gusto per la vita ritrovata) meraviglia sorprendente (scoperta della bellezza selvaggia nonostante il trauma).
Contesto ideale: confessione interiore/voice-over d’apertura; monologo davanti a un’amicizia fidata o in un colloquio giudiziario dove il personaggio ricostruisce la sua caduta e la sua rinascita; provino per ruolo drammatico dove si deve mostrare arco trasformativo (dal trauma alla ferocia ritrovata).
Episodio 1 – Ritorno all’inferno
La serie si apre con Max, giovane segnato dalla morte della fidanzata Ana in un incidente d’auto e da tre anni di carcere. Una volta scagionato, viene portato dal padre nel bunker Kimera, rifugio di lusso per super-ricchi in vista di una presunta guerra atomica. Dentro ritrova la sua famiglia e quella di Ana, con cui i rancori sono ancora vivi. Durante un pranzo teso, arriva la notizia che il mondo sta subendo un attacco nucleare globale. Ma il colpo di scena finale rivela la verità: fuori non è successo nulla, tutto è una truffa orchestrata da Minerva e il suo gruppo.
Episodio 2 – La più grande truffa dell’umanità
Un flashback svela i retroscena: il bunker è un inganno pianificato nei minimi dettagli, con filmati falsi e attori che simulano gli effetti delle radiazioni. Nel presente, gli ospiti iniziano a vivere momenti di crisi: tentativi di suicidio, conflitti familiari, tradimenti. Rafa viene aggredito, ma Max interviene e dimostra forza. Asia scopre i ricordi di Ana nel telefono e inizia a guardare Max con occhi diversi. La truffa diventa sempre più brutale quando gli ospiti vengono usati per “donare sangue” a un finto malato radioattivo. Il finale è shock: Julia, la dottoressa del gruppo e amante di Minerva, viene spinta nel vuoto e muore.
Episodio 3 – Odio i ricchi!
Minerva mostra il vero motore ideologico della truffa: la volontà di punire i ricchi e ribaltare l’ordine sociale. Julia viene ufficialmente dichiarata suicida, mentre nel bunker gli attriti continuano. Entra in scena Roxan, un’intelligenza artificiale capace di imitare voce e scrittura degli ospiti, permettendo ai truffatori di rispondere ai messaggi esterni senza destare sospetti. Asia recupera di nascosto il telefono di Ana, rischiando grosso con Tirso. Nel finale, Max affronta Yako in uno scontro fisico e lo mette al tappeto, segnando la sua prima vera ribellione. Lo sguardo tra Max e Asia chiude l’episodio, lasciando presagire un legame in crescita.
Lei è Ane. E io sono Max. E praticamente in quasi tutte le prime volte della mia vita, lei c’era. La prima volta che ho giocato con il fuoco. La prima volta che sono andato in vacanza con una ragazza. La prima volta che ho sentito l’adrenalina. La prima volta che ho avuto paura. E la prima volta che mi sono sentito fortunato. La prima volta in cui abbiamo osato. La prima volta in cui siamo stati romantici. La prima volta che abbiamo sofferto per cose insignificanti. La prima volta in cui ce l’ho fatta. E non potevamo non festeggiare. E la prima volta in cui ho ucciso l’amore della mia vita. Sono finito in carcere per omicidio colposo il giorno in cui ho compiuto 19 anni. Ero devastato dal dolore e dalla colpa, ed essendo milionario, sono diventato la preda perfetta del Blocco 3. Ho iniziato a dare soldi semplicemente per respirare. Mia nonna aveva nascosto 3600 euro in un volume di Shakespeare, mi faceva avere libri senza che li controllassero, grazie a qualche mazzetta. Però ad un certo punto nemmeno con tutti quei soldi riuscivo a comprarmi protezione, e i pestaggi si moltiplicavano. Mi hanno picchiato con calze pieni di sangue, tagliato con le lattine di conserva, bruciato con delle sigarette, e alla fine mi hanno messo in lavatrice. Ci ho passato 16 minuti, un programma rapido per i panni delicati, ma non hanno fatto la centrifuga. E lì ho capito che ero già morto. E mentre aspettavo che mi prendessero l’anima, ho pensato che mi ero già giocato tutte le carte dolore che si hanno nella vita. E l’idea mi ha reso felice. Tanto da voler resuscitare, sicuro che se mi fossi rimesso in piedi non ci sarebbe più stato dolore, né tragedia. Nessuno torna dall’inferno per vivere una seconda vita di merda. Avevo intenzione di godermela fino in fondo, anche dentro quel buco immondo. Così mi sono alzato, ed è stato il primo giorno dell’uomo che sono ora. Sono diventato una bestia feroce, e dopo 15 combattimenti mi ero guadagnato rispetto. Mi piaceva combattere, e questo mi ha cambiato la testa. Anche i viaggi per andare a farmi mettere gli impianti dentali erano diventati una celebrazione della bellezza. E lì, nel luogo più improbabile, ho realizzato quanto il mondo potesse essere selvaggiamente bello.
“Lei è Ane. E io sono Max. E praticamente in quasi tutte le prime volte della mia vita, lei c’era.” → inizio intimo, quasi confidenziale; pausa breve dopo “Ane”; sguardo basso, tono caldo ma misurato; stabilire subito la relazione personale.
“La prima volta che ho giocato con il fuoco.” → frase secca, ritmo asciutto; micro-pausa dopo “fuoco”; occhi che si alzano per un ricordo visivo; lieve sorriso nostalgico appena sfiorato.
“La prima volta che sono andato in vacanza con una ragazza.” → tono più leggero, quasi incantato; piccola apertura del corpo come se rivivesse la libertà.
“La prima volta che ho sentito l’adrenalina.” → voce più corta, incisiva; respira prima; mostrare l’eccitazione fisica senza esagerare.
“La prima volta che ho avuto paura.” → abbassare leggermente il tono; micro-pausa su “paura”; sguardo che si chiude, memoria dolorosa.
“E la prima volta che mi sono sentito fortunato.” → tonalità morbida, gratitudine contenuta; sorriso trattenuto, ma sincero.
“La prima volta in cui abbiamo osato.” → ritmo deciso; mani che si avvicinano al petto per segnare il “coraggio condiviso”.
“La prima volta in cui siamo stati romantici.” → intonazione dolce, lieve allungamento su “romantici”; sguardo luminoso, memoria intima.
“La prima volta che abbiamo sofferto per cose insignificanti.” → tono ironico-amaro; scrollatina lieve di spalle; lasciare che “insignificanti” suoni come condanna.
“La prima volta in cui ce l’ho fatta. E non potevamo non festeggiare.” → orgoglio trattenuto; risata corta interna; aprire appena le mani come per un brindisi immaginario.
“E la prima volta in cui ho ucciso l’amore della mia vita.” → stop netto: micro-silenzio prima di “ho ucciso”; voce che si incrina, sguardo che cerca il punto più lontano; la parola “ucciso” va detta con gravità e colpa compressa.
“Sono finito in carcere per omicidio colposo il giorno in cui ho compiuto 19 anni.” → tono narrativo, piatto ma con peso; pausa dopo “19 anni”; assumere postura più chiusa (spalle in avanti).
“Ero devastato dal dolore e dalla colpa, ed essendo milionario, sono diventato la preda perfetta del Blocco 3.” → cambiare ritmo: “devastato” lento, “preda perfetta” tagliente; sguardo che si fa duro e freddo.
“Ho iniziato a dare soldi semplicemente per respirare.” → frase amara, sequenza col respiro che si sente; piccolo gesto della mano come per contare soldi.
“Mia nonna aveva nascosto 3600 euro in un volume di Shakespeare, mi faceva avere libri senza che li controllassero, grazie a qualche mazzetta.” → ritmo quasi confidenziale; pronunciare “3600 euro” con naturalezza; sorriso amaro su “Shakespeare”; tono che mescola tenerezza e vergogna.
“Però ad un certo punto nemmeno con tutti quei soldi riuscivo a comprarmi protezione, e i pestaggi si moltiplicavano.” → accumulo ritmico su “nemmeno… protezione”; aumentare la tensione fino a “si moltiplicavano”; occhi che si fanno più scuri.
“Mi hanno picchiato con calze pieni di sangue, tagliato con le lattine di conserva, bruciato con delle sigarette, e alla fine mi hanno messo in lavatrice.” → elencazione rapida, ritmata come una serie di colpi; ogni elemento pronunciato con una piccola pausa; corpo che ricorda il dolore (spalla/torace che si contrae).
“Ci ho passato 16 minuti, un programma rapido per i panni delicati, ma non hanno fatto la centrifuga.” → usare l’ironia nera; piccola risata strozzata o smorfia; pausa dopo “16 minuti” per far pesare il tempo.
“E lì ho capito che ero già morto.” → resa totale: voce molto bassa, quasi sussurrata; occhi persi, come vedere oltre il presente.
“E mentre aspettavo che mi prendessero l’anima, ho pensato che mi ero già giocato tutte le carte dolore che si hanno nella vita.” → ritmo riflessivo; lasciare spazio tra le immagini; piccolo cenno con la testa come a confermare la durezza dell’esperienza.
“E l’idea mi ha reso felice. Tanto da voler resuscitare, sicuro che se mi fossi rimesso in piedi non ci sarebbe più stato dolore, né tragedia.” → vocazione quasi beffarda; crescere lentamente verso “resuscitare”; sorriso controllato, fiducia feroce.
“Nessuno torna dall’inferno per vivere una seconda vita di merda.” → scatto di verità: frase netta, tagliente; sguardo che fissa l’interlocutore; respirazione più lunga dopo la battuta.
“Avevo intenzione di godermela fino in fondo, anche dentro quel buco immondo.” → tono risoluto, leggero piacere nell’affermazione; aprire il petto, come a reclamare spazio.
“Così mi sono alzato, ed è stato il primo giorno dell’uomo che sono ora.” → atto simbolico: movimento fisico reale (alzarsi o simulare un incorporamento); voce ferma, nuova centratura.
“Sono diventato una bestia feroce, e dopo 15 combattimenti mi ero guadagnato rispetto.” → voce grezza, orgogliosa; misurare “bestia feroce” con una nota animale; contare “15” con autorità.
“Mi piaceva combattere, e questo mi ha cambiato la testa.” → ammissione lucida; tono misto di piacere e consapevolezza del prezzo pagato.
“Anche i viaggi per andare a farmi mettere gli impianti dentali erano diventati una celebrazione della bellezza.” → contrasto ironico: pronunciare “impianti dentali” con leggerezza; sorriso breve; senso del grottesco.
“E lì, nel luogo più improbabile, ho realizzato quanto il mondo potesse essere selvaggiamente bello.” → chiusura visionaria: lasciare vibrare la parola “selvaggiamente”; respirazione ampia; sguardo che si apre sul futuro con una punta di meraviglia.
COME RENDERLO AUTENTICO
Intonazione: alternare toni caldi e intimi nelle “prime volte” a voci più ruvide e asciutte quando narri la violenza; mantenere la verità emotiva, mai esagerare la furia.
Pause: usare pause strategiche dopo le parole chiave («Ane», «ucciso», «16 minuti», «resuscitare»). Le pause creano spazio per il subtext e aumentano la tensione.
Sottotesto: non è solo confessione; è auto-giustificazione e auto-costruzione. Ogni ricordo serve a legittimare la trasformazione in “bestia”. Recitare con intenzione di convincerti prima che convincere l’altro.
Corpo: integra azioni minime (una mano sul petto, un movimento di alzata, una contrazione al ricordo del dolore). Evita la staticità: il corpo racconta la storia fisica del trauma.
Sguardo: mobile e specifico: basso nei ricordi intimi, chiuso nel dolore, freddo e diretto nelle ammissioni di violenza, infine aperto e quasi estatico nella chiusa.
Gestione dell’energia: cominciare contenuto, accumulare energia durante il racconto della violenza e della rinascita, rilasciare in un finale di scoperta (meraviglia selvaggia).
Il monologo di Max apre Il rifugio atomico e introduce subito il cuore drammatico della serie. Con il ricordo di Ane, la fidanzata morta in un incidente d’auto, Max racconta la sua caduta: dal primo amore alla colpa, dal carcere alla trasformazione in una “bestia feroce”.
TEMI DEL MONOLOGO DI MAX
Prime volte e amore giovanile → Ane accompagna Max nei momenti fondanti della sua crescita.
Colpa e perdita → “la prima volta in cui ho ucciso l’amore della mia vita” è il punto di rottura.
Violenza carceraria → torture, pestaggi, lavatrice come simbolo di annientamento.
Trasformazione → da vittima a combattente, fino a diventare una “bestia feroce”.
Rinascita esistenziale → scoperta della bellezza selvaggia anche in un luogo di dolore.
FUNZIONE NARRATIVA
Il monologo fornisce backstory completa di Max in pochi minuti. Trasforma il trauma in arco narrativo: da ragazzo innamorato a sopravvissuto. Introduce i temi centrali della serie: amore, colpa, violenza, sopravvivenza.
Obiettivo del monologo Mostrare l’intero arco emotivo di Max: dall’innocenza delle prime volte con Ane, al trauma della colpa e della prigione, fino alla rinascita come “bestia feroce”. L’obiettivo è raccontare la trasformazione interiore in un flusso unico.
Sottotesto Non è un semplice racconto, ma una confessione a metà tra nostalgia e auto-giustificazione. Ogni “prima volta” con Ane è un mattone di dolcezza che prepara lo schianto; ogni ricordo del carcere è un atto per convincersi che la rinascita sia stata necessaria.
Azione minima
All’inizio: voce calma, sguardo basso, gesto minimo come accarezzare un ricordo.
Durante il carcere: corpo contratto, cenni fisici che richiamano i colpi subiti.
Nel finale: aprirsi progressivamente, come a occupare di nuovo spazio.
Dinamica vocale
Parte 1 (Ane, le prime volte): tono intimo, quasi sussurrato.
Parte 2 (il carcere, la violenza): ritmo incalzante, voce dura, respiro corto.
Parte 3 (rinascita e bestia feroce): crescere in volume e autorità, alternando ferocia e meraviglia.
Chiusa La frase “quanto il mondo potesse essere selvaggiamente bello” va detta con un respiro ampio, voce che si apre. È una rivelazione, quasi poetica, che contrasta con la brutalità precedente.
Errori comuni
Restare piatti: il monologo vive di contrasti, serve un arco netto.
Esagerare la violenza fisica: il realismo sta nei dettagli, non nel mimare troppo.
Mancare la tenerezza iniziale: senza Ane il colpo di “ho ucciso l’amore della mia vita” perde peso.
Chiudere con rabbia: il finale è di meraviglia sorprendente, non di furia.
Quanto dura il monologo? Recitato con pause e ritmo, il monologo dura circa 3–4 minuti. Per un’audizione può essere ridotto a 2 minuti, mantenendo le sezioni chiave (prime volte, colpa, carcere, rinascita).
Che temi tratta? I temi principali sono amore e perdita, colpa, violenza carceraria, sopravvivenza e rinascita personale. È un testo che unisce intimità e brutalità.
È adatto a un’audizione? Sì. È perfetto per mostrare ampio arco emotivo: dal ragazzo vulnerabile all’uomo trasformato. Permette di lavorare su tono, ritmo e fisicità.
Che età di casting copre? Funziona per attori 18–30 anni. Max è credibile come giovane uomo segnato dal trauma e ancora vicino all’età adolescenziale.
Qual è la difficoltà interpretativa? Alta. Bisogna mantenere verità emotiva, gestire i passaggi di tono e incarnare sia fragilità che ferocia senza teatralizzare troppo.
Qual è l’obiettivo narrativo del monologo? Serve a dare backstory completa di Max e a stabilire il tono della serie. È una presentazione intensa del protagonista e del suo arco drammatico.
Quali errori evitare? Esagerare i toni drammatici. Rendere piatte le “prime volte” (devono sembrare autentiche). Chiudere con rabbia invece che con la meraviglia selvaggia che il testo richiede.
Registi: Jesús Colmenar, David Barrocal e Jose Manuel Cravioto
Sceneggiatura: -
Produttori: -
Cast principale: Joaquín Furriel, Natalia Verbeke, Miren Ibarguren, Carlos Santos
Montaggio: -
Colonna sonora / Musica: -
Direttore della Fotografia: -
Dove vederlo: Netflix
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