Monologo - Michelle Williams in \"Manchester By the sea\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Interpretare il monologo di Randi in Manchester by the Sea significa immergersi in un momento di estrema vulnerabilità, un dolore che si esprime non tanto attraverso grandi gesti o parole drammatiche, ma attraverso una semplicità devastante. Randi è un personaggio segnato da una tragedia che ha spezzato il suo mondo, e in questo dialogo con Lee cerca disperatamente di ristabilire una connessione, seppur minima, con un uomo che un tempo amava e che ora condivide con lei solo il peso insopportabile del passato.

Potremmo pranzare insieme?

MINUTAGGIO: 1:55:30-1:58:30
RUOLO: Randi

ATTRICE: Michelle Williams
DOVE: Amazon Prime Video



INGLESE


Could we ever have lunch? Yeah. I, uh...Because...I said a lotta terrible things to you. But -- I know you never -- Maybe you don't wanna talk to me But let me finish. However it -- my heart was broken. It's always gonna be broken. I know your heart is broken too. But I don't have to carry...I said things that I should -- I should fuckin’ burn in hell for what I said. It was just I’m just sorry. I love you. Maybe I shouldn’t say that. And I’m sorry --We couldn’t have lunch? You can’t just die...! But honey, I see you walkin’ around like this and I just wanna tell you But Lee, you gotta. I don't know what! I don't wanna torture you. I just wanna tell you I was wrong. That’s not true! Can't be true...!



ITALIANO


Possiamo pranzare insieme? Perché io… io ti ho detto tante cose orribili, ma so che tu non hai mai… forse non vuoi parlare con me? Aspetta, fammi finire. Comunque, il mio cuore era spezzato, e sarà spezzato per sempre. E so che anche il tuo è spezzato. Ma tu non devi portare… ho detto cose che… cazzo, dovrei bruciare all’inferno per quello che ho detto. Mi dispiace, io ti amo! Forse non dovrei dirlo, è che… Non potremmo pranzare insieme? Non puoi morire così. Tesoro, ti vedo camminare qui intorno… Lee. Lee, tu devi… non so cosa, io ti sto torturando. Voglio solo dirti che ho sbagliato.

Manchester by the sea

Manchester by the Sea, diretto da Kenneth Lonergan, è uno di quei film che ti resta addosso per molto tempo, soprattutto per la sua trattazione sincera e cruda del dolore e della perdita. La storia ruota attorno a Lee Chandler, interpretato da Casey Affleck in una delle sue performance più intense, che è costretto a tornare nella sua cittadina natale dopo la morte improvvisa del fratello Joe (Kyle Chandler). Questa premessa già introduce uno degli elementi chiave del film: il ritorno a casa, che nel cinema spesso significa fare i conti con il proprio passato.


Lee è un uomo profondamente segnato dalla tragedia. Vive a Quincy, nel Massachusetts, lavora come custode in un condominio e sembra trascorrere la sua vita in una sorta di esilio emotivo autoimposto. Il ritorno a Manchester-by-the-Sea, dove tutto è cominciato, è il catalizzatore che ci fa scoprire il trauma che ha spezzato la sua vita. Attraverso flashback, Lonergan ci racconta della famiglia di Lee, dei momenti felici e della tragedia inaspettata che lo ha travolto anni prima: la morte dei suoi figli in un incendio accidentale, di cui lui stesso si ritiene responsabile. Questo evento tragico è il nucleo emotivo che guida la sua storia, rendendo Lee un personaggio quasi intrappolato nella sua stessa colpa.


La morte del fratello Joe non porta solo il peso di un lutto da elaborare, ma anche una responsabilità inattesa: Joe ha designato Lee come tutore legale del figlio adolescente, Patrick (Lucas Hedges). Patrick è un ragazzo brillante, popolare, e nel pieno della sua adolescenza. Il suo rapporto con Lee è complesso, pieno di tensioni e non privo di affetto, ma caratterizzato dalla difficoltà di comunicare sentimenti autentici. La decisione di Joe di affidare Patrick a Lee è sia un gesto di fiducia che una prova per Lee, che si ritrova così a dover affrontare il suo passato e le sue paure.


Ciò che colpisce in Manchester by the Sea è che non c’è una reale catarsi per il protagonista. Lonergan sceglie di mostrarci un percorso che non cerca la guarigione a tutti i costi, ma anzi, lascia spazio a una complessità realistica: Lee non è pronto a perdonarsi. Il film ci mostra che a volte la sofferenza rimane, e la vita va avanti con o senza una risoluzione. Il finale è una dichiarazione onesta del fatto che non tutte le storie devono arrivare a una conclusione chiara o soddisfacente. L’atmosfera del film è dominata da toni freddi e grigi, che riflettono perfettamente il mondo interiore di Lee.


Le inquadrature di Lonergan sono spesso statiche e semplici, come se volesse lasciarci soli con i personaggi, senza distrazioni. La regia non è invasiva, ma lascia spazio all'interpretazione degli attori, rendendo ogni scena autentica e cruda. Anche il silenzio, intervallato da musiche classiche struggenti, diventa un elemento fondamentale della narrazione, lasciando che sia l’espressività degli attori a parlare quando le parole non bastano.

Analisi monologo

Questo monologo, recitato dal personaggio di Randi (Michelle Williams) è una delle scene emotivamente più intense e complesse del film. È un momento in cui il dolore si manifesta senza filtri, lasciando emergere tutta la difficoltà di gestire una relazione distrutta dalla tragedia. Randi è l'ex moglie di Lee, e anche lei è stata segnata in modo indelebile dalla tragedia che ha portato alla morte dei loro figli. L’incendio che ha distrutto la loro casa e la loro vita è stato il punto di rottura definitivo: da allora, entrambi vivono separati, fisicamente ed emotivamente. Ma il dolore di Randi non è mai svanito; ha continuato a vivere con quella ferita aperta e irrisolta, proprio come Lee. In questo incontro, Randi prova a fare pace con il passato e a cercare una connessione, anche minima, con Lee.


Il discorso di Randi è un flusso di coscienza frammentato e quasi senza direzione, proprio come i suoi sentimenti. È disperata, ha paura, e si sente colpevole per le cose dette nel passato. Ma, soprattutto, c’è un’umanità autentica e dolorosa nella sua richiesta. Randi inizia chiedendo semplicemente di pranzare insieme, come se quel piccolo gesto potesse essere il primo passo per costruire un ponte tra di loro. Ma sa anche che è una richiesta forse impossibile, quasi infantile, e questo la rende vulnerabile.

Le sue parole diventano un fiume di scuse, di dolore e di una sorta di confessione. Randi riconosce di aver detto “cose orribili”, ma le sue parole rivelano che questo è il suo modo di prendersi parte della colpa, di cercare una forma di redenzione. Quando dice, "dovrei bruciare all’inferno per quello che ho detto", mostra tutta la sua autocritica e la consapevolezza del proprio errore. Questo sentimento di colpa è amplificato dal fatto che non solo la tragedia ha distrutto la loro famiglia, ma ha anche distrutto qualsiasi possibilità di riconciliazione tra loro.


Il senso di colpa è il nucleo centrale di questo monologo. Randi si sente in dovere di chiedere perdono, pur sapendo che forse non potrà mai essere perdonata, perché nessuna parola può cancellare ciò che è accaduto. E poi c’è l’amore, un amore che non è mai sparito completamente, ma che è stato straziato dalla sofferenza. Randi dice “io ti amo” e subito dopo si corregge, come se non avesse il diritto di esprimere quei sentimenti. È un gesto di onestà e umiltà, e allo stesso tempo una condanna: il suo amore è rimasto intrappolato in una prigione fatta di ricordi e rimpianti. Anche se nel monologo non sentiamo direttamente la risposta di Lee, la scena è carica di tensione. Lee è immobile, distante e incapace di accogliere il tentativo di riconciliazione. La sua freddezza non è una punizione per Randi, ma il riflesso di un dolore che lo ha anestetizzato, rendendolo quasi insensibile a qualsiasi tentativo di contatto emotivo. È come se il dolore fosse così radicato in lui da impedirgli di aprirsi, di accettare anche solo un semplice invito a pranzo.

Conclusione

Il monologo di Randi è un atto di umiltà e di resa, un tentativo di comunicare l’impossibile: il suo rimorso e il suo amore, intrappolati in un passato doloroso. Interpretarlo significa trovare l’equilibrio tra dolore e semplicità, tra colpa e affetto, cercando di trasmettere la complessità di un personaggio che sa di non poter cambiare nulla ma che, nonostante tutto, si aggrappa a un ultimo barlume di speranza.

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