Il rifugio atomico: analisi del monologo sulla vita di Miranda e Ziro

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~ LA REDAZIONE DI RC

Analisi del monologo di Minerva in "Il rifugio atomico 1x6 - La verità è sopravvalutata"

Il monologo di Minerva in Il rifugio atomico è uno dei momenti più intensi della serie: un flusso di memoria che intreccia il trauma dell’abbandono, il legame con il fratello Ziro e la nascita della truffa del bunker. In poche righe condensa dolore personale, critica sociale e ambizione feroce, diventando un testo potente per audizioni teatrali o cinematografiche.

  • Scheda del monologo

  • Contesto del film

  • Testo del monologo (estratto+note)

  • Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa

  • Come prepararlo per un'audizione

  • Finale del film (con spoiler)

  • FAQ

  • Credits e dove trovarlo

Scheda del monologo

Film: Il rifugio Atomico (2025)
Personaggio: Minerva
Attrice: Alícia Falcó
Minutaggio: 00:20-4:20 (Episodio 5)

Durata: 4 minuti


Difficoltà Alta: L’attore deve passare con naturalezza da tensione presente a flashback dolorosi, alternando tono narrativo e confessionale. Richiede controllo emotivo, ritmo fluido e capacità di rendere credibili i dettagli tecnici e biografici.

Emozioni chiave Vertigine / Panico controllato → apertura con il dubbio su “BJ3”. Ferita infantile → ricordi della madre assente e dell’orfanotrofio. Determinazione fredda → lo studio come unica via di salvezza. Cinismo e rivalsa → scoperta della disparità tra guadagni e profitti. Euforia lucida → l’idea del bunker come “delirio megalomane”. Sollievo momentaneo → la svolta finale con Roxan che trova la risposta.

Contesto ideale Questo monologo è perfetto per ruoli da antagonista-intellettuale o per mostrare padronanza narrativa in un provino drammatico.

Dove vederlo: Netflix

Contesto della serie "Il rifugio atomico"

Il rifugio atomico è una serie thriller spagnola che intreccia dramma familiare, mistero e critica sociale. Tutto ruota intorno a un gruppo di miliardari che, convinti di salvarsi da una guerra nucleare imminente, pagano somme astronomiche per rifugiarsi in un bunker di lusso. Tra loro c’è Max, un giovane appena uscito dal carcere dopo la tragica morte della fidanzata Ane. Con lui ci sono i suoi genitori e la nonna, insieme alla famiglia di Ane, tra cui Guillermo (il padre) e Asia (la sorella). Le tensioni tra le due famiglie esplodono subito, aggravate dal passato doloroso e da segreti mai confessati.

Il bunker sembra perfetto, ma in realtà è il cuore di una gigantesca truffa orchestrata da Minerva e Ziro, due fratelli che, con l’aiuto di una squadra e dell’IA Roxan, hanno costruito una simulazione per ingannare i ricchi. Non esiste nessuna guerra, nessuna apocalisse nucleare: tutto è messo in scena per manipolare e svuotare i conti delle vittime. Nel corso degli episodi, i rapporti tra i personaggi si complicano: Max ed Asia sviluppano un legame ambivalente tra odio e attrazione; Guillermo e Rafa affrontano il peso di scelte passate; Mimì, la nuova compagna di Guillermo, cade in una spirale di malattia e manipolazioni sentimentali. Intanto, Roxan diventa sempre più centrale: l’IA crea avatar, cloni digitali e persino simulazioni di persone morte, controllando ogni dettaglio della vita nel bunker. La tensione cresce fino a un punto di rottura, quando Max e Asia decidono di ribellarsi.

Testo del monologo + note

Avevamo fatto l’impossibile: l’opera di ingegneria, la simulazione dell’apocalisse. Avevamo salvato due esploratori travolti da una tempesta radioattiva. E avevamo chiuso in un bunker dei multimilionari convincendoli che sopra di loro si stava consumando la fine del mondo. E tutto stava per crollare per un piccolo imprevisto, una risposta che non avevamo. Cos’era BJ3? Come una vertigine, mi sentivo la terra mancare sotto i piedi. E mentre sprofondavo nell’abisso del bunker, sono tornata all’inizio di tutto. Io avevo 12 anni, e Ziro 6. Come sempre, ero andata a prenderlo in classe perché non lo bullizzassero. Quel giorno gli avevano dipinto una R sulla schiena. Tornati a casa, mia madre non c’era. E io mi sono detta… “Tornerà.” Quella sera ho preparato delle uova sode, e lei non è tornata. Da allora odio le uova sode. Ci ho messo due giorni a trovare il suo biglietto. Era sul frigorifero, insieme alla lista delle cose che non comprava mai. Diceva: “Mi dispiace, non sono tagliata per fare la madre“. Così sono arrivati i servizi sociali e siamo finiti in orfanotrofio. Lo psicologo del centro voleva separarci, diceva che mio fratello aveva dei disturbi del comportamento: agorafobia e altre cose che non ricordo bene. Così abbiamo trasformato la sua macchina in un acquario, per fargli cambiare idea, e siamo finiti nello stesso fascicolo. Essendo due, essendo strani, ed essendo problematici, nessuna famiglia ha mai posato con noi per la foto di Natale. A 13 anni ho capito quale sarebbe stato il nostro futuro. I reietti della città. C’era un’unica via di salvezza: studiare come se non ci fosse un domani. E così sono arrivate le borse di studio. A 24 anni Ziro aveva 3 lauree: ingegneria dei sistemi, fisica e matematica. Io 2: architettura e ingegneria civile. Mi sono specializzata in grandi opere. Ho lavorato per 8 anni in un’impresa di costruzioni civili. Mi sono occupata di viadotti e tunnel sottomarini. Guadagnavo 5739 euro al mese. Ma finché non ho costruito il treno ad alta velocità nel deserto, non mi sono resa conto della verità. Quell’opera aveva fatto guadagnare alla società oltre 1000 milioni di euro. E a me, che avevo progettato quella struttura per resistere alle tempeste di sabbia, il sistema di elevazione della piattaforma, e le mura di contenimento, avevano dato un bonus di ventidue mila euro. Così ho scoperto che per quanto fossi brava sarei sempre rimasta una borghesuccia che deve accendere un mutuo trentennale per comprarsi una casa. E a quel punto ho avuto l’idea della vita: un bunker per ricchi. Un delirio megalomane per quei privilegiati che avrebbero pagato fra i 40 e gli 80 milioni a testa. Ma il meglio sarebbe arrivato dopo: quando ho capito che se potevo rinchiudere i più ricchi d’Europa, isolati dal resto del mondo, potevo anche portargli via un’infinità di soldi. E la cosa divertente è che sarebbero stati loro a finanziare la truffa. Ma adesso questo mastodonte vacillava per due lettere e un numero senza significato. BJ3. E come nei grandi miracoli nella storia, che accadono quando tutto sembra perso, Roxan ha trovato qualcosa all’ultimo secondo. 

Avevamo fatto l’impossibile: l’opera di ingegneria, la simulazione dell’apocalisse. Avevamo salvato due esploratori travolti da una tempesta radioattiva. E avevamo chiuso in un bunker dei multimilionari convincendoli che sopra di loro si stava consumando la fine del mondo. → tono assertivo, quasi orgoglioso; pausa breve dopo “apocalisse”; sguardo diretto, come a rivendicare una vittoria.

E tutto stava per crollare per un piccolo imprevisto, una risposta che non avevamo. Cos’era BJ3? → voce incrinata; rallentare su “cos’era BJ3?”, far percepire la fragilità che emerge.

Come una vertigine, mi sentivo la terra mancare sotto i piedi. E mentre sprofondavo nell’abisso del bunker, sono tornata all’inizio di tutto. → tono evocativo; sguardo verso il basso; pausa lunga su “all’inizio di tutto”.

Io avevo 12 anni, e Ziro 6. Come sempre, ero andata a prenderlo in classe perché non lo bullizzassero. Quel giorno gli avevano dipinto una R sulla schiena. → voce calda, quasi materna; piccola incrinatura emotiva su “R sulla schiena”.

Tornati a casa, mia madre non c’era. E io mi sono detta… ‘Tornerà.’” → pausa sospesa prima di “Tornerà”; tono ingenuo, quasi infantile.

Quella sera ho preparato delle uova sode, e lei non è tornata. Da allora odio le uova sode. → voce ferma ma bassa; piccolo sorriso amaro su “odio le uova sode”.

Ci ho messo due giorni a trovare il suo biglietto. Era sul frigorifero, insieme alla lista delle cose che non comprava mai. Diceva: ‘Mi dispiace, non sono tagliata per fare la madre.’” → leggere pause su “frigorifero” e “non sono tagliata per fare la madre”; intonazione dolente.

Così sono arrivati i servizi sociali e siamo finiti in orfanotrofio. Lo psicologo del centro voleva separarci, diceva che mio fratello aveva dei disturbi del comportamento: agorafobia e altre cose che non ricordo bene. → tono narrativo, quasi da cronaca fredda; accennare distacco, come anestetizzata.

Così abbiamo trasformato la sua macchina in un acquario, per fargli cambiare idea, e siamo finiti nello stesso fascicolo. → un lampo ironico, quasi infantile; tono più leggero ma subito spezzato.

Essendo due, essendo strani, ed essendo problematici, nessuna famiglia ha mai posato con noi per la foto di Natale. → pausa su “foto di Natale”; voce bassa, sguardo vuoto.

A 13 anni ho capito quale sarebbe stato il nostro futuro. I reietti della città. C’era un’unica via di salvezza: studiare come se non ci fosse un domani.” → crescente intensità; forza nella voce su “studiare come se non ci fosse un domani”.

E così sono arrivate le borse di studio. A 24 anni Ziro aveva 3 lauree: ingegneria dei sistemi, fisica e matematica. Io 2: architettura e ingegneria civile. → tono più orgoglioso, ritmato, quasi con fierezza.

Mi sono specializzata in grandi opere. Ho lavorato per 8 anni in un’impresa di costruzioni civili. Mi sono occupata di viadotti e tunnel sottomarini. Guadagnavo 5739 euro al mese. → ritmo incalzante, tono tecnico, come un curriculum.

Ma finché non ho costruito il treno ad alta velocità nel deserto, non mi sono resa conto della verità. → voce grave; pausa su “verità”.

Quell’opera aveva fatto guadagnare alla società oltre 1000 milioni di euro. E a me, che avevo progettato quella struttura per resistere alle tempeste di sabbia, il sistema di elevazione della piattaforma, e le mura di contenimento, avevano dato un bonus di ventiduemila euro. → tono sarcastico; pausa amara su “ventiduemila euro”.

Così ho scoperto che per quanto fossi brava sarei sempre rimasta una borghesuccia che deve accendere un mutuo trentennale per comprarsi una casa. → sguardo duro, tono di disprezzo verso sé stessa e il sistema.

“E a quel punto ho avuto l’idea della vita: un bunker per ricchi. Un delirio megalomane per quei privilegiati che avrebbero pagato fra i 40 e gli 80 milioni a testa.” → voce energica, sguardo intenso; crescere nel ritmo.

Ma il meglio sarebbe arrivato dopo: quando ho capito che se potevo rinchiudere i più ricchi d’Europa, isolati dal resto del mondo, potevo anche portargli via un’infinità di soldi. → tono trionfale; pausa su “un’infinità di soldi”.

E la cosa divertente è che sarebbero stati loro a finanziare la truffa.” → sorriso cinico, voce quasi divertita.

Ma adesso questo mastodonte vacillava per due lettere e un numero senza significato. BJ3. → sguardo perso; tono sconfitto.

E come nei grandi miracoli nella storia, che accadono quando tutto sembra perso, Roxan ha trovato qualcosa all’ultimo secondo. → crescendo finale; voce piena di sollievo, quasi liberatoria.

COME RENDERLO AUTENTICO

Intonazione: alternare registro narrativo e confessionale, passando dal freddo racconto tecnico al dolore personale.

Pause: fondamentali nei ricordi infantili (“Tornerà”, “foto di Natale”, “ventiduemila euro”).

Sguardo: basso nei momenti del trauma, diretto e lucido quando parla del bunker.

Sottotesto: ogni dato tecnico (stipendio, opere, lauree) nasconde un rancore mai elaborato.

Fisicità: piccoli gesti involontari (stringere le mani, irrigidire le spalle) che esplodono solo nel sarcasmo e nella rabbia.

Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa del monologo di Minerva in "Il Rifugio atomico: la verità è sopravvalutata"

Il monologo di Minerva in Il rifugio atomico racconta le origini della sua rabbia sociale e la nascita della truffa del bunker. In un momento di crisi, mentre il piano rischia di fallire per il misterioso BJ3, la donna rivive il suo passato traumatico e il percorso che l’ha portata a ideare la simulazione dell’apocalisse.

TEMI CHIAVE DEL MONOLOGO

Abbandono: la madre lascia Minerva e Ziro, segnando la loro identità.

Emarginazione: i due fratelli crescono come reietti, “mai scelti per la foto di Natale”.

Studio e merito: le borse di studio e le lauree diventano l’unica via di riscatto.

Disuguaglianza economica: la differenza tra i miliardi guadagnati dalla società e il bonus ridicolo di 22mila euro.

Rivalsa: il progetto del bunker nasce come vendetta contro i ricchi.

Miracolo tecnologico: Roxan appare come deus ex machina, salvando il piano.

FRASI CHIAVE DA EVIDENZIARE

“Il sogno di un bunker per ricchi” → simbolo di vendetta sociale trasformata in truffa.

“Per quanto fossi brava sarei sempre rimasta una borghesuccia” → denuncia della mobilità sociale bloccata.

“Sono tornata all’inizio di tutto” → ritorno al trauma infantile che motiva l’intera vicenda.

Come preparare il monologo di Minerva da "Il Rifugio Atomico Episodio 1x5 - la verità è sopravvalutata"

STEP PRATICI PER IL MONOLOGO ED ERRORI DA EVITARE

Obiettivo del monologo Mostrare la doppia anima di Minerva: la ferita infantile che la rende fragile e la lucidità calcolatrice che la porta a ideare la truffa del bunker. È un testo che permette a un’attrice di dimostrare capacità di passare dalla vulnerabilità alla determinazione con naturalezza.

Sottotesto Ogni dato tecnico (stipendio, lauree, opere ingegneristiche) nasconde un messaggio implicito: “Non importa quanto vali, il sistema ti schiaccia.” Il subtext è quindi rabbia trattenuta, camuffata da cronaca lucida.

Azione minima Pochi gesti essenziali: stringere o rilassare le mani nei momenti di tensione, alzare lo sguardo nei passaggi più visionari (“un bunker per ricchi”), accennare un sorriso amaro nei ricordi infantili. L’azione è contenuta: conta più la parola e il respiro che la fisicità eccessiva.

Dinamica vocale

Inizio: tono assertivo e tecnico, quasi come un report.
Parte centrale (infanzia/abbandono): voce più bassa, incrinata, con pause più lunghe.
Sezione “bonus 22mila euro”: sarcasmo evidente, ritmo più secco.
Finale: crescendo di energia fino al sollievo quando Roxan salva tutto.

Chiusa Il monologo deve chiudersi con un senso di respiro liberatorio: “Roxan ha trovato qualcosa all’ultimo secondo” va pronunciato con un rilascio di tensione, come un miracolo inatteso.

Errori comuni

Appiattire il testo: recitarlo tutto con lo stesso tono, senza variazioni tra trauma e cinismo.
Sovraccaricare i gesti: basta poco, la forza è nella parola.
Gridare la rabbia: va contenuta, quasi trattenuta fino ai momenti di sarcasmo.
Correre troppo: servono pause strategiche per far risuonare i ricordi e i dati numerici.

Il finale di "Il rifugio atomico" (Spoiler)

Negli ultimi episodi, la truffa rischia di crollare. Oswaldo, socio di Guillermo, comincia a sospettare della farsa. Allo stesso tempo, Max e Asia mettono in atto un piano disperato: sabotare Roxan e trovare una via di fuga dal bunker. Mentre la banda cerca di chiudere l’affare da 900 milioni di dollari a Bangkok, Max e Asia approfittano dei blackout di Roxan per agire. Prepara una bomba artigianale, manipolano gli estintori e trovano le scale di emergenza. Parallelamente, Mimì muore per encefalopatia epatica, lasciando Guillermo devastato.

Il colpo di scena finale è doppio:

Oswaldo scopre la truffa, ma viene ucciso dalla banda per mettere a tacere la verità.

Max riesce a uscire dal bunker, indossando una tuta radioattiva. Prima di andarsene, lui e Asia, che finalmente ammette di provare amore per lui, si diciarano.

La stagione si chiude con un’immagine potente: lo sguardo di Max, fuori dal bunker, pronto a scoprire se il mondo è davvero in rovina o se c’è ancora vita oltre la prigione sotterranea.

FAQ sul monologo di Minerva in "La verità è sopravvalutata"

  • Quanto dura il monologo di Minerva? Il monologo dura circa 3-4 minuti, a seconda del ritmo e delle pause dell’attore.

  • Che temi tratta il monologo? Affronta temi di abbandono familiare, ingiustizia sociale, meritocrazia fallita e rivalsa contro i ricchi.

  • È adatto a un’audizione? Sì, è ideale per audizioni teatrali o cinematografiche perché permette di mostrare ampia gamma emotiva: dal trauma infantile alla determinazione cinica.

  • Che età di casting copre? Si presta ad attrici tra i 30 e i 45 anni, ma può essere adattato anche a età leggermente superiori se il focus resta sulla resilienza e il passato doloroso.

  • Qual è la difficoltà principale di questo monologo? La sfida è gestire il passaggio tra tono narrativo e confessionale, mantenendo credibili i dettagli tecnici e i momenti intimi senza perdere fluidità.

  • Quali sono le emozioni chiave da trasmettere? Panico controllato, ferita infantile, determinazione fredda, cinismo ironico, sollievo finale.

  • Quali errori bisogna evitare nell’interpretarlo? Usare lo stesso tono dall’inizio alla fine. Eccesso di gesti che distraggono dal testo. Recitarlo troppo velocemente senza pause riflessive.

  • Può funzionare in teatro e in cinema allo stesso modo? Sì, ma in teatro serve una maggiore proiezione vocale, mentre in cinema funziona meglio con sguardi e micro-espressioni che sottolineano il sottotesto.

  • Cosa lo rende interessante per i registi? La possibilità di vedere un attore passare da fragilità emotiva a controllo strategico, un arco interpretativo che dimostra profondità e versatilità.

Credits e dove vederlo

Registi: Jesús Colmenar, David Barrocal e Jose Manuel Cravioto

Sceneggiatura: -

Produttori: -

Cast principale: Joaquín Furriel, Natalia Verbeke, Miren Ibarguren, Carlos Santos

Montaggio: -

Colonna sonora / Musica: -

Direttore della Fotografia: -

Dove vederlo: Netflix

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