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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Robert Matthews in The Order rappresenta uno dei momenti chiave del film, un passaggio fondamentale che incarna il cuore della sua ideologia e il potere della retorica nell’alimentare l’estremismo. In questa scena, Matthews è un leader capace di galvanizzare la sua "fratellanza", un uomo che trasforma il malcontento in azione. L’ambientazione è una riunione che finisce per richiamare cerimonie di giuramento o rituali settari. Il pubblico ascolta in silenzio, rapito dalle parole del suo leader. Qui il film mette in scena il vero pericolo del suprematismo: non la violenza in sé, ma la sua capacità di sedurre, di presentarsi come unica risposta a un senso di frustrazione condiviso.
MINUTAGGIO: 50:49 - 53:12
RUOLO: Bob Mathews
ATTORE: Nicholas Hoult
DOVE: Amazon Prime Video
INGLESE
Good morning, my brothers… Good morning. …sisters. Good morning. It’s an honor to be here with you. I’m proud. If you’re like me, I’m not sure how much more talk I can hear, because that’s all it is, isn’t it? Talk, talk, talk. Well, I, for one, have had enough of just talk. [crowd murmuring in agreement] Now, I know how you feel. I do. You’ve lost your jobs… your dignity. I watched my father get knocked down again and again, and he never pushed back… and they’ll tell you that’s how it works. You just have to stand there and take it, one link at a time, one freedom at a time… but I won’t do it. It is time for us to fight. My friends and family, we’re here with you today because we want you to join us on a mission, putting words into action. Our brotherhood has broken the chains of Jewish thought and parasitical usury. We’ve stood tall against the coloreds who have soured our lands. We, these, these yeoman farmers, are eating, breathing, sleeping, and growing together. They’ve become one mind, one body… We’re facing the extermination of our history, of our very way of life! Yeah! Will you sit back and allow the nation that our forefathers discovered, conquered, and died for be eradicated, or will you stand up like men and fight to survive? Kinsmen, duty calls. It is time to take the future all your families deserve! Yes! Amen! In Metaline Falls, we have a saying. “Defeat… never.” Never… “Victory… forever.”
ITALIANO
Fratelli, sorelle. E’ un onore di essere qui con voi. Sono fiero. Ma se siete come me io credo di voler sentire altre parole. Perché si tratta solo di questo, vero? Parole, parole, parole. per quanto mi riguarda ne ho abbastanza delle parole. io so bene che cosa provate, lo so. Avete perso il lavoro. La dignità. Ho visto mio padre calpestato più e più volte, e lui non ha mai reagito. E vi diranno che è così che funziona. Dovete solo restare lì e subire. Un anello alla volta, una libertà alla volta. Ma io non lo farò. Per noi è il momento di combattere. Amici e parenti, oggi siamo qui perché vogliamo che vi uniate a noi in una missione: trasformare le parole in azione. La nostra fratellanza ha rotto le catene del pensiero ebraico e dell’usura parassitaria. Ci siamo opposti alle persone di colore che hanno insozzato le nostre regole. Questi piccoli proprietari terrieri mangiano, respirano dormono e crescono insieme. Sono diventati una mente, un corpo, una razza, un esercito. Stiamo affrontando lo sterminio della nostra storia, del nostro stesso stile di vita. Resterete inattivi permettendo che la nazione che i nostri avi hanno scoperto, conquistato e per cui sono morti venga sradicata o proverete a combattere come uomini per la vostra sopravvivenza. Il dovere vi chiama. E’ tempo di prendersi il futuro che tutte le vostre famiglie meritano. A Metalin Faws abbiamo un detto. Arrendersi MAI. Vincere SEMPRE. Arrendersi. MAI. Vincere. SEMpre.
Quella di The Order è una storia di radicalizzazione e violenza, ma anche di due uomini che, pur trovandosi su fronti opposti, sembrano riflettersi l’uno nell’altro. Justin Kurzel costruisce un racconto che oscilla tra il thriller investigativo e il dramma storico, con un'attenzione quasi maniacale alla ricostruzione dei fatti realmente accaduti e alla psicologia dei personaggi coinvolti. Mentre Terry Husk segue le tracce di Robert Matthews e della sua organizzazione, i crimini del gruppo diventano sempre più audaci. Le rapine servono a finanziare un progetto più grande: un'insurrezione armata contro il governo federale, basata sugli scritti estremisti di The Turner Diaries. Matthews non è un semplice criminale: si vede come il profeta di una nuova era, il leader di una guerra imminente contro il "sistema", una figura che incarna la rabbia di un’America che si sente tradita dal progresso e dalla diversità.
Husk, dall'altra parte, è un uomo logorato dall'inseguire fanatici e terroristi, ma non è un eroe senza macchia. La sua ossessione per il caso e il bisogno di fermare Matthews lo portano a confrontarsi con i propri demoni, in un'indagine che si fa sempre più personale. I due si incrociano più volte, spesso a un soffio dallo scontro, in scene che ricordano i duelli psicologici dei grandi western: il fuoco della battaglia resta sospeso, non per mancanza di volontà, ma perché entrambi sembrano riconoscere qualcosa di sé nell'altro. Il film culmina in un ultimo, drammatico assedio: Matthews e i suoi uomini si barricano in una casa, circondati dalle forze dell'ordine. La tensione sale mentre la polizia e l’FBI tentano di negoziare, ma Matthews non ha intenzione di arrendersi. Crede ancora di poter lasciare un segno nella storia, anche se questo significa morire per la sua causa. Husk è tra gli agenti sul campo, testimone di una fine inevitabile. Le fiamme avvolgono la casa, e Matthews sceglie di bruciare con il suo sogno infranto, piuttosto che arrendersi.
Matthews inizia con un tono familiare e rassicurante: "Fratelli, sorelle. È un onore essere qui con voi". Si pone come parte del gruppo, un uomo tra uomini, annullando la distanza tra leader e seguaci. Questo è un tratto tipico della retorica populista: far sentire chi ascolta parte di qualcosa di più grande, una famiglia unita da un destino comune. Ma subito dopo il tono cambia. Matthews finge di essere stanco delle parole, di volere azione: "Per quanto mi riguarda ne ho abbastanza delle parole". È un artificio retorico potente, perché nega l’ovvio—il fatto che lui stesso stia parlando—per dare alle sue parole un peso maggiore. È il momento in cui il discorso si trasforma da sfogo a chiamata alle armi.
L’elemento personale, la storia del padre calpestato, aggiunge un tocco di credibilità emotiva. Non sta parlando solo di ideologia: sta raccontando un’ingiustizia vissuta in prima persona. Questo permette ai presenti di identificarsi, di vedere nella sua storia la propria. Ed è qui che scatta la svolta più pericolosa: Matthews non offre soluzioni concrete, non propone cambiamenti politici o sociali. La sua risposta è la violenza.
"La nostra fratellanza ha rotto le catene del pensiero ebraico e dell’usura parassitaria". Qui il discorso si sposta dal personale al collettivo. Il nemico viene identificato chiaramente e, come spesso accade nelle ideologie estremiste, ridotto a una caricatura: un’entità unica e minacciosa, responsabile di tutti i mali del mondo.
L’uso di metafore belliche—"un esercito", "lo sterminio della nostra storia"—trasforma la narrativa della vittima in quella del guerriero. Matthews presenta la sua causa come un’ultima battaglia per la sopravvivenza. E l’ultima parte del discorso è pura manipolazione emotiva: "Arrendersi. MAI. Vincere. SEMPRE." Il ritmo martellante, la ripetizione ossessiva, l’invito alla reazione collettiva creano una sorta di trance, un momento quasi liturgico che sigilla l’adesione dei presenti.
Il monologo di Matthews è un perfetto esempio di propaganda estremista: si nutre di rabbia e frustrazione, sfrutta le insicurezze personali e collettive, costruisce un nemico immaginario e offre un’unica via d’uscita, la violenza. Kurzel non si limita a mostrarci l’odio, ma ci fa capire come nasce, come cresce e come riesce a farsi strada nelle menti di chi cerca un senso alla propria esistenza.
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