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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo finale di John Fuuber da "E noi come stronzi rimanemmo a guardare" rappresenta una riflessione tagliente sul potere crescente delle aziende tecnologiche e sulla sorveglianza digitale che permea ogni aspetto della vita moderna. Attraverso un tono freddo e calcolatore, Fuuber espone la dinamica in cui le persone, convinte di esercitare una libertà individuale, cedono invece il controllo delle loro vite a enti invisibili. Le scelte quotidiane, le emozioni e persino le paure diventano il terreno di gioco per chi, grazie ai dati, ha costruito un impero fatto di conoscenza e manipolazione.
MINUTAGGIO: 1:40:10-1:42:27
RUOLO: John Fuuber
ATTORE: Eamon Farren
DOVE: Netflix
ITALIANO
Mi fanno quasi tenerezza. Pensano di essersi liberati di noi. Ma sappiamo già quale compagnia aerea sceglieranno per tornare a casa, quale tariffa, quale posto. Sappiamo già chi contatteranno una volta tornati nel loro Paese. Se lo faranno con un messaggio o con una chiamata. Sappiamo di cosa hanno bisogno per essere felici e anche per essere tristi. Sappiamo per chi voteranno perché conosciamo tutte le loro paure. E se non le hanno sappiamo come procurargliele. Sappiamo anche che lavoro cercheranno. Noi sappiamo e sapremo sempre tutto di loro. Il passato, il presente e il futuro. Sai chi ci ha dato il permesso di accedere a questi dati? Voi. Non siamo ladri. Prima di entrare nelle vostre vite abbiamo bussato. Vi abbiamo chiesto se volevate condividerla con noi e avete scelto di metterla nelle nostre mani. Grazie a questo abbiamo costruito un impero. Siamo diventati miliardari. E secondo voi ora abbiamo voglia di fermarci?
E noi come stronzi rimanemmo a guardare è un film italiano del 2021 diretto da Pif (Pierfrancesco Diliberto). Si tratta di una commedia amara che affronta temi contemporanei legati alla tecnologia, alla precarietà del lavoro e alla disumanizzazione della società moderna. La pellicola è particolarmente incisiva nel criticare la dipendenza dall'intelligenza artificiale e alcuni meccanismi alienanti, offrendo uno spaccato delle difficoltà che le persone affrontano nel contesto lavorativo odierno.
Il protagonista, Arturo ( Fabio De Luigi), è un uomo che perde il lavoro a causa di un algoritmo che lo considera inefficiente. Disoccupato e disperato, si affida a un'app per trovare un nuovo impiego, ma finisce per diventare vittima di un sistema tecnologico freddo e impersonale. La sua vita cambia quando incontra Stella, un'intelligenza artificiale, interpretata da Ilenia Pastorelli, che rappresenta l'unico "conforto" in un mondo ormai privo di empatia e relazioni autentiche.
Il film affronta numerose questioni legate all’uso della tecnologia nella vita quotidiana. La storia mostra come gli algoritmi possano prendere decisioni devastanti per le persone, evidenziando la vulnerabilità degli individui in un sistema economico governato dalla tecnologia. La figura di Stella, l'intelligenza artificiale, rappresenta l’illusione di relazioni umane autentiche, quando in realtà sono mediate da dispositivi tecnologici. Arturo diventa un lavoratore di piattaforme digitali, mettendo in luce le condizioni precarie e alienanti di questo tipo di impiego. Il film mette in discussione l'uso incontrollato della tecnologia da parte di grandi aziende, che sfruttano le persone riducendole a numeri e dati.
Il monologo di Joon Fuuber rappresenta una critica inquietante alla sorveglianza digitale e al potere delle grandi aziende tecnologiche che dominano la vita moderna attraverso la raccolta e l'uso dei dati personali.
Il monologo si apre con una frase che fa emergere un senso di compassione distorta: "Pensano di essersi liberati di noi." Questo suggerisce che i protagonisti o la società in generale credano di avere il controllo sulle proprie vite, quando in realtà questo controllo è solo apparente. Il riferimento alle decisioni quotidiane che le persone credono di fare liberamente, come scegliere una compagnia aerea o contattare amici, diventa un'illustrazione di come queste scelte siano in realtà guidate da algoritmi e dati raccolti dalle aziende.
La ripetizione del verbo "sappiamo" enfatizza l'idea che queste entità, simbolizzate da Joon Fuuber, possiedano un accesso totale alla vita delle persone: presente, passato e futuro. La frase "Sappiamo di cosa hanno bisogno per essere felici e anche per essere tristi" suggerisce un controllo sulle decisioni pratiche ma anche sulle emozioni delle persone, il che pone un accento preoccupante sulla capacità delle aziende di manipolare non solo i consumi ma anche gli stati d'animo.
Il passaggio "Sappiamo per chi voteranno perché conosciamo tutte le loro paure. E se non le hanno sappiamo come procurargliele" mostra il potere oscuro che queste entità esercitano. La paura è uno degli strumenti più potenti di controllo e manipolazione, e il fatto che queste aziende possano crearlo intenzionalmente dimostra la loro influenza sul processo democratico e sociale.
Un altro punto chiave è il modo in cui Fuuber rovescia la responsabilità su chi ha permesso a queste aziende di raccogliere dati: "Sai chi ci ha dato il permesso di accedere a questi dati? Voi." Qui emerge l'aspetto più inquietante: le persone hanno volontariamente condiviso i propri dati, inconsapevoli o indifferenti alle implicazioni di tale scelta. La frase: "Non siamo ladri. Prima di entrare nelle vostre vite abbiamo bussato" trasmette l'idea che l'accesso ai dati non è stato forzato, ma ottenuto con il consenso, anche se manipolato o non pienamente compreso.
La parte finale del monologo: "Grazie a questo abbiamo costruito un impero. Siamo diventati miliardari" riflette una critica al capitalismo digitale, dove il profitto viene generato attraverso lo sfruttamento dei dati personali e delle vulnerabilità umane. La frase "E secondo voi ora abbiamo voglia di fermarci?" rende chiaro che questo processo è inarrestabile, spinto da un desiderio insaziabile di potere e ricchezza.
L'intero discorso è permeato da un senso di superiorità e onniscienza che il personaggio di Fuuber esprime nei confronti dell'umanità comune. Le persone diventano meri oggetti di studio, prevedibili e manipolabili, mentre coloro che controllano i dati assumono il ruolo di moderni sovrani. Il monologo suggerisce una perdita di autonomia dell'individuo e una crescente disumanizzazione dovuta alla sorveglianza tecnologica.
Il monologo di Joon Fuuber lascia un'impressione profonda e disturbante: un mondo in cui la sorveglianza e la manipolazione diventano strumenti di potere assoluto. La responsabilità collettiva di aver ceduto volontariamente i propri dati alle aziende tecnologiche viene enfatizzata, spingendo il pubblico a interrogarsi sul prezzo che la società paga per il progresso digitale. In questo scenario, il capitalismo tecnologico si mostra inarrestabile, alimentato da una conoscenza che permette alle aziende di controllare non solo le decisioni pratiche ma anche le emozioni e le paure delle persone.
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