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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo finale di Gunnar Sønsteby, interpretato da Erik Hivju, è uno dei momenti più intensi e riflessivi di "Numero 24". Attraverso una metafora potente e una narrazione sobria, Gunnar racconta il peso della memoria e la complessità del sopravvivere a una guerra. La sua voce, intrisa di dolore e rimorso, ci conduce in un viaggio intimo che rivela come i traumi del passato possano modellare la vita, lasciando segni indelebili anche dopo decenni.
MINUTAGGIO: 1:41:23-1:43:03
RUOLO: Gunnar Sønsteby
ATTORE: Erik Hivju
DOVE: Netflix
ITALIANO
Nella mia mente ci sono cinque cassetti. I tre più in alto li apro tutti i giorni. Il quarto lo apro ogni tanto. Il quinto invece l’ho chiuso l’8 maggio 1945. E non l’ho più riaperto. Ecco come sono sopravvissuto tutti questi anni. Con mia sorpresa, a molti di noi è andata bene. Ma per altri non è stato così. Andreas iniziò a bere il giorno della liberazione. Tutti sapevano chi era. Non c’era bar a Oslo che lo facesse pagare. Per dodici anni andò di locale in locale. Si è sparato nel 1965. Io avevo intuito che non stava ma non avevo proprio capito che avesse certi pensieri. Me lo rimprovero da cinquant’anni.
"Numero 24" è un film norvegese del 2024 diretto da John Andreas Andersen, che esplora la vita di Gunnar Sønsteby, figura chiave della resistenza norvegese durante la Seconda Guerra Mondiale. Il film è disponibile su Netflix dal 1º gennaio 2025. La narrazione si sviluppa attraverso i ricordi di Sønsteby, interpretato da Sjur Vatne Brean nella sua giovinezza ed Erik Hivju in età avanzata, mentre racconta le sue esperienze a un gruppo di studenti. Da semplice contabile, Sønsteby diventa leader della "banda di Oslo", conducendo audaci operazioni di sabotaggio contro l'occupazione nazista. Il film alterna sequenze di azione a momenti di riflessione, mettendo in luce i dilemmi morali affrontati dai membri della resistenza.
Questo monologo, recitato da Erik Hivju, è un momento cruciale di "Numero 24" perché racchiude l’essenza del conflitto interiore del protagonista e il peso della memoria. Il riferimento ai cinque cassetti è immediatamente evocativo. Ogni cassetto rappresenta una compartimentazione della memoria, una strategia di sopravvivenza psicologica adottata da Gunnar per affrontare il proprio passato. La chiusura del quinto cassetto, quello che custodisce gli eventi più traumatici legati alla guerra, è un’immagine potente: l'atto di “non riaprire” quel cassetto simboleggia il tentativo di relegare il dolore in un angolo nascosto della mente. Tuttavia, il monologo suggerisce che questa chiusura non è definitiva, ma piuttosto una tregua fragile.
Quando Gunnar parla di Andreas, non è solo un ricordo, ma una confessione. La guerra ha lasciato un segno indelebile non solo nelle vite dei caduti, ma anche in chi è sopravvissuto. La frase "Me lo rimprovero da cinquant'anni" rivela come il senso di colpa non si attenui con il tempo, ma rimanga un fardello che si perpetua. Questo senso di impotenza nei confronti della sofferenza altrui – e della propria incapacità di riconoscerla – è una delle tematiche centrali del film. Il racconto di Andreas, che passa da eroe della resistenza a vittima del proprio dolore, è emblematico di un’intera generazione. La guerra non si conclude con la liberazione: l’alcool, il riconoscimento pubblico e, infine, il suicidio di Andreas sono i segni di una battaglia interiore che molti dei sopravvissuti non hanno saputo vincere. La narrazione non colpevolizza Andreas, né Gunnar, ma evidenzia la complessità delle ferite invisibili che la guerra lascia dietro di sé.
Erik Hivju lo interpreta con una tonalità sobria e introspettiva, senza mai cadere nel patetico. C’è una compostezza nel dolore di Gunnar, come se anche il suo modo di raccontare fosse controllato e razionale, specchio della stessa compartimentazione mentale di cui parla. Ma sotto questa superficie emerge un senso di vulnerabilità che dà profondità al personaggio.
Il passato non può essere cancellato, ma solo contenuto, come dimostra la metafora dei cassetti. Gunnar rappresenta chi è rimasto in vita mentre altri non ce l’hanno fatta, un tema ricorrente nei film che trattano di conflitti. Il film non glorifica la resistenza, ma mostra le sue conseguenze psicologiche, rendendo i personaggi umani e fallibili.
Questo monologo, posto a fine film, è il culmine di una riflessione lunga e dolorosa. La chiusura del quinto cassetto è un’illusione: Gunnar è ancora tormentato dal passato. Lo spettatore viene invitato a riflettere sull’idea che la storia non è fatta solo di eventi, ma anche delle cicatrici invisibili che lasciano.
In questo struggente monologo, "Numero 24" offre un epilogo che non chiude il cerchio, ma lo lascia aperto, proprio come i ricordi e le ferite che Gunnar cerca di tenere nascosti. La metafora dei cassetti diventa il simbolo di una sopravvivenza che non è mai completa, mentre il ricordo di Andreas mette in luce l'impossibilità di misurare davvero il costo umano della guerra.
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