Monologo - Robin Williams in \"Patch Adams\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo pronunciato da Robin Williams in Patch Adams è uno dei momenti più intensi e significativi del film. Avviene durante una scena cruciale, quando Patch si trova davanti a una commissione disciplinare che deve decidere se consentirgli di laurearsi in medicina nonostante il suo approccio poco ortodosso e le critiche ricevute per le sue metodologie. Questo discorso è il manifesto della filosofia di Patch: una visione della medicina che non si limita a curare il corpo, ma che si pone come obiettivo il miglioramento della qualità della vita attraverso l'empatia, l'umanità e, persino, l'umorismo. Il monologo esplora temi come l'importanza della compassione nel rapporto medico-paziente, la lotta contro l'indifferenza e il coraggio di sfidare le convenzioni. Robin Williams, con la sua interpretazione appassionata e sincera, dà vita a un discorso che tocca corde emotive profonde, ponendo domande che risuonano ben oltre il contesto medico.

Io voglio fare il dottore

MINUTAGGIO:

RUOLO: Patch Adams
ATTORE:
Robin Williams
DOVE:
Amazon Prime Video


INGLESE

I use that term broadly, but is not a doctor someone who helps someone else ? When did the term "doctor" get treated with such reverence, as, "Right this way, Doctor Smith"... or, "Excuse me, Dr. Scholl, what wonderful footpads"... or, "Pardon me, Dr. Patterson, but your flatulence has no odor" ? [ Laughing, Murmuring ] At what point in history did a doctor become more... than a trusted and learned friend who visited and treated the ill ? Now, you ask me if I've been practicing medicine. Well, if this means opening your door to those in need-- those in pain-- caring for them, listening to them, applying a cold cloth until a fever breaks-- if this is practicing medicine, if this is treating a patient... then I am guilty as charged, sir. Did you consider the ramifications of your actions ? What if one of your patients had died ? What's wrong with death, sir ? What are we so mortally afraid of ? Why can't we treat death with a certain amount of humanity and dignity and decency... and, God forbid, maybe even humor ? Death is not the enemy, gentlemen. If we're gonna fight a disease, let's fight one of the most terrible diseases of all-- indifference. Now, I've sat in your schools and heard people lecture on transference... and professional distance. Transference is inevitable, sir. Every human being has an impact on another. Why don't we want that in a patient/doctor relationship ? That's why I've listened to your teachings, and I believe they're wrong. A doctor's mission should be not just to prevent death... but also to improve the quality of life. That's why you treat a disease, you win, you lose. You treat a person, I guarantee you, you win, no matter what the outcome. Now here today, this room is full of medical students. Don't let them anesthetize you. Don't let them numb you out to the miracle of life. Always live in awe of the glorious mechanism of the human body. Let that be the focus of your studies and not a quest for grades... which'll give you no idea what kind of doctor you will become. [ Man ] Please try and address the board. Don't wait till you're on the ward to get your humanity back. Start your interviewing skills. Start talking to strangers. Talk to your friends, Talk to wrong numbers, everyone. - Mr. Adams ! - And cultivate friendships... with those amazing people in the back of the room-- nurses that could teach you. They've been with people every day. They wade through blood and sh*t. They have a wealth of knowledge, and so do the professors you respect-- the ones who are not dead from the heart up. - Share their compassion. Let that be contagious. - Mr. Adams. I demand that you turn and address the board. Sir, I want to be a doctor with all my heart. I wanted to become a doctor so I could serve others... and because of that I've lost everything... but I've also gained everything. I've shared the lives of patients and staff members at the hospital. I've laughed with them. I've cried with them. This is what I want to do with my life. And as God is my witness... no matter what your decision today, sir... I will still become the best damn doctor the world has ever seen. Now you have the ability to prevent me from graduating. You can keep me from getting the title and the white coat. But you can't control my spirit, gentlemen. You can't keep me from learning. You can't keep me from studying. So you have a choice-- you could have me as a professional colleague... passionate... or you can have me as an outspoken outsider, still adamant. Either way, I'll probably still be viewed as a thorn. But I promise you one thing. I am a thorn that will not go away.



ITALIANO


Uso il termine in senso lato, signori, ma un medico non è qualcuno che aiuta qualcun altro? Quando il termine medico ha preso una connotazione referenziale: “Oh, prima lei, dottor Smith: Oh, complimenti dottor Schools, che begli zoccoli ha! Ma si figuri, dottor Pederson, le sue flatulenze non hanno odore! A che punto della storia un medico è diventato più di un fidato e dotto amico che visitava, curava e ascoltava gli infermi? Voi mi chiedete se esercito la medicina. Se questo significa aprire la porta a chi ha bisogno, a chi è sofferente, accudirlo, ascoltarlo, mettergli una mano fredda sulla fronte finché la febbre si abbassa... se questo è fare il medico, se questo è curare un paziente, allora mi dichiaro colpevole, signori. Cos’ha la morte che non va? Di cosa abbiamo così mortalmente paura? Perché non trattare la morte con un po’ di umanità, e dignità e decenza? E, Dio lo voglia, persino con un po’ di umorismo. Signori, Il vero nemico non è la morte. Vogliamo combattere le malattie? Allora combattiamo la più terribile di tutte: l’indifferenza. Nelle vostre aule ho assistito a disqquisizioni sul transfert e la distanza profesionale.Il transfert è inevitabile, signori. Ogni essere umano ha un impatto su di un altro. Perché vogliamo evitarlo in un rapporto paziente-medico? È sbagliato ciò che insegnate nelle vostre lezioni. La missione di un medico non deve essere solo prevenire la morte, ma anche migliorare la qualità della vita. Ecco perché, se si cura una malattia, si vince o si perde. Ma se si cura una persona, io vi garantisco che, in quel caso, si vince... qualunque esito abbia la terapia. Qui oggi vedo un’aula piena di studenti di medicina. Non lasciatevi anestetizzare. Non lasciatevi intorpidire di fronte al miracolo della vita. Vivete sempre con stupore il glorioso meccanismo del corpo umano. Questo deve essere il fulcro dei vostri studi. E non la caccia ai voti, che non vi daranno alcuna idea di che tipo di medico potrete diventare. E non aspettate di essere in corsia per riacquistare la vostra umanità. Sviluppate subito la capacità di comunicare. Parlate con gli estranei, con gli amici, con chi sbaglia numero, con chi vi capita. E coltivate l’amicizia di quelle stupende persone che vedete in fondo all’aula: infermiere, che possono insegnarvi. Stanno con la gente tutti i giorni, fra sangue e merda e hanno un patrimonio di conoscenze da dividere con voi. E così fate con quei professori che non sono morti dal cuore in su. Condividete la compassione che hanno. Fatevi contagiare. Signore, io voglio fare il medico con tutto il mio cuore. Io olevo diventare medico per assistere il mio prossimo. E per questo motivo ho perso tutto. Però così ho anche guadagnato tutto. Ho condiviso le vite dei pazienti e del personale dell’ospedale. Abbiamo riso insieme, pianto insieme. Questo è ciò che voglio fare nella mia vita. E Dio mi sia testimone, comunque decidiate oggi, signori, guarderò ancora con fiducia al mio scopo: diventare il miglior medico che il mondo abbia mai visto. Voi avete la facoltà di impedire che io mi laurei: potete impedirmi di ottenere il titolo e il camice bianco, ma non potete controllare il mio spirito. Non potete impedirmi di apprendere. Non potete impedirmi di studiare. A voi la scelta: avermi come collega di lavoro, passionale, oppure avermi come avere una voce fuori dal coro, sincera e determinata. In entrambi i casi verrò forse considerato una spina, ma vi prometto una cosa: sarò una spina che non riuscirete a togliere.

Patch Adams

"Patch Adams" è un film del 1998 diretto da Tom Shadyac, basato sulla vera storia di Hunter "Patch" Adams, un medico che ha rivoluzionato l'approccio alla medicina con la sua visione empatica e umanistica del rapporto con i pazienti. La pellicola è tratta dal libro autobiografico di Adams, Gesundheit: Good Health Is a Laughing Matter, e ha come protagonista Robin Williams, che con il suo carisma e il suo tocco comico riesce a incarnare perfettamente il personaggio. La storia si apre con Hunter Adams in un momento di profonda crisi personale: dopo aver tentato il suicidio, si ricovera volontariamente in un ospedale psichiatrico.


Durante la sua permanenza lì, scopre il potere terapeutico della risata e del contatto umano, osservando quanto un gesto di gentilezza o un po' di humor possano migliorare la vita dei pazienti. Questa intuizione diventa per lui una vera e propria chiamata: decide di dedicarsi alla medicina. Patch si iscrive alla Virginia Medical University, dove però si trova immediatamente in contrasto con l'approccio freddo e distaccato della formazione accademica. I professori, in particolare il rigido decano Walcott (interpretato da Bob Gunton), sottolineano che i medici devono mantenere una distanza emotiva dai pazienti, un'idea che Patch non riesce ad accettare. Inizia così a sviluppare il suo personale metodo, fondato sull'empatia e sull'importanza di trattare i pazienti come esseri umani, e non come semplici casi clinici.


Parallelamente, Patch stringe legami con altri studenti, tra cui Truman Schiff (Daniel London) e Carin Fisher (Monica Potter), con cui instaura un rapporto più profondo e che diventa anche il fulcro emotivo della storia. Patch coinvolge i suoi amici nel suo progetto visionario: creare una clinica gratuita, la Gesundheit Institute, dove le cure mediche siano accessibili a tutti e l’umorismo diventi parte integrante della terapia.

Il percorso di Patch è tutt'altro che semplice. Deve affrontare le resistenze dell'establishment medico, i pregiudizi dei colleghi e una tragedia personale che mette a dura prova la sua fede nella missione che si è prefissato. Nonostante tutto, il suo spirito indomabile lo porta a difendere le sue idee e a dimostrare, davanti a una commissione disciplinare, che la medicina può e deve essere praticata con umanità.

Analisi Monologo

Il monologo è costruito come un’accusa e, al contempo, una difesa. Patch si pone in netto contrasto con il sistema medico istituzionalizzato, rappresentato dalla commissione, denunciandone le mancanze senza mai perdere di vista il cuore della sua argomentazione: il valore dell’umanità nella pratica medica. Il tono è volutamente appassionato, persino provocatorio in alcuni passaggi. Patch apre il discorso con una critica ironica e pungente al formalismo e alla gerarchia della medicina. L’uso di un linguaggio sarcastico – “Oh, complimenti dottor Schools, che begli zoccoli ha!” – sottolinea come la professione medica abbia perso di vista il suo scopo originale: aiutare gli altri. Qui, Williams esprime una delle tematiche centrali del film, ovvero la trasformazione della medicina da vocazione empatica a pratica burocratica e distaccata. Il contrasto tra l’immagine idealizzata del “fidato amico che visitava, curava e ascoltava gli infermi” e la realtà moderna della professione mette in luce il divario tra ciò che la medicina dovrebbe essere e ciò che è diventata.


Un passaggio centrale del monologo è il modo in cui Patch affronta il tema della morte. La frase Cos’ha la morte che non va? Di cosa abbiamo così mortalmente paura? invita a riflettere sul rapporto tra medicina e mortalità. Patch non vede la morte come un nemico assoluto, ma come parte del ciclo della vita, da trattare con dignità, decenza e persino con umorismo. Questo passaggio è rivoluzionario perché ribalta l’idea comune che il medico debba essere unicamente un “guerriero” contro la morte. Invece, suggerisce che il vero scopo sia migliorare la qualità della vita, anche quando questa volge al termine. L’idea di introdurre l’umorismo – elemento ricorrente nel personaggio di Patch – nella cura medica si collega direttamente alla filosofia del protagonista, secondo cui un sorriso può essere terapeutico quanto una medicina.


La frase Il vero nemico non è la morte. Vogliamo combattere le malattie? Allora combattiamo la più terribile di tutte: l’indifferenza è probabilmente il cuore del monologo. Qui, Patch identifica l’indifferenza come il vero problema del sistema sanitario: un atteggiamento che disumanizza i pazienti e li riduce a casi clinici. Questo tema è amplificato dalla sua critica al concetto di “trasferimento” e “distanza professionale,” presentati come meccanismi di autodifesa che impediscono al medico di connettersi davvero con i pazienti. Patch ribadisce che ogni essere umano influenza un altro e che questa connessione è inevitabile, persino necessaria. Nella parte finale del discorso, Patch si rivolge direttamente agli studenti di medicina presenti in aula. Il suo appello a non lasciarvi anestetizzare è un invito a non perdere la propria umanità durante il percorso accademico e professionale. Patch esorta i futuri medici a coltivare la capacità di comunicare, di empatizzare e di apprendere non solo dai libri, ma anche da coloro che lavorano in prima linea, come le infermiere. Questo passaggio evidenzia l’importanza della comunità nella cura medica e ribalta la gerarchia tradizionale, valorizzando il ruolo di chi opera direttamente a contatto con i pazienti. Il monologo si conclude con una dichiarazione di intenti: Io voglio fare il medico con tutto il mio cuore. […] Ho perso tutto, ma così ho anche guadagnato tutto.” Patch ribadisce che, indipendentemente dalla decisione della commissione, continuerà a perseguire la sua missione. La frase Non potete controllare il mio spirito rappresenta il culmine emotivo del discorso, un’affermazione di libertà e determinazione che rende il personaggio di Patch Adams un simbolo di resistenza contro il conformismo.

Conclusione

Questo monologo rappresenta il cuore pulsante di Patch Adams, incarnando i valori e le convinzioni del protagonista. Attraverso un linguaggio appassionato e una retorica incisiva, il discorso sfida le convenzioni, invitando il pubblico – e non solo la commissione davanti a cui si trova Patch – a riflettere sul significato profondo della pratica medica. Robin Williams, con la sua capacità di bilanciare umorismo e vulnerabilità, rende il momento autentico e profondamente toccante.

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