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~ LA REDAZIONE DI RC
Interpretare il monologo di Russell Franklin in Deep Blue Sea è una sfida che richiede all’attore di bilanciare intensità emotiva e controllo. Franklin è un uomo che porta sulle spalle il peso di un passato traumatico, un’esperienza che lo ha segnato profondamente, lasciandogli cicatrici interiori di cui non parla volentieri. Il monologo rappresenta un momento di vulnerabilità, in cui apre una finestra su un’esperienza che non ha mai condiviso con nessuno, per spingere i suoi compagni alla cooperazione.
MINUTAGGIO: 59:08-1:00:07
RUOLO: Russell Franklin
ATTORE: Samuel Jackson
DOVE: Netflix
INGLESE
You think water's fast? You should see ice. It moves like it has a mind. Like it knows it killed the world once. It got a taste for murder. When the avalanche came... it took us a week to climb out. And somewhere, we lost hope. I don't know when we turned on each other. I just know... that seven of us survived the slide... and only five made it out. Now, we took an oath that I'm breaking now. Swore that we'd say it was the snow that killed the other two. But it wasn't. Nature can be lethal. But it doesn't hold a candle to man. You've seen how bad things can get and how quick they can get that way. Well, they can get a whole lot worse. So we're not going to fight anymore! We're going to pull together and find a way to get out of here! First, we're gonna seal off this pool!
ITALIANO
Voi pensate che l’acqua sia letale? Dovreste vedere il ghiaccio. Si muove come se avesse una mente. Come se si ricordasse di aver strangolato il mondo, un tempo. E avesse il gusto per l’omicidio. Caduta la valanga, impiegammo una settimana per venirne fuori. E in quei giorni perdemmo la speranza. Non ricordo con esattezza quando iniziammo a scannarci tra noi. So solo che in sette eravamo sopravvissuti alla valanga, ma che solo cinque si salvarono. Facemmo un giuramento, che sto violando ora. Giurammo di dire che era stata la neve a uccidere gli altri due, ma non era vero. La natura può essere micidiale, ma non regge il confronto con l’uomo. Avete visto precipitare una situazione, e quanto in fretta questo avvenga. Beh, le cose possono andare peggio di così, perciò adesso, quale che sia il motivo, non litigheremo più tra noi. Uniremo invece gli sforzi, e alla fine troveremo il modo, per uscire da qui. Per prima cosa, dobbiamo isolare questa piscina…
"Deep Blue Sea" è un film thriller d’azione del 1999, diretto da Renny Harlin, che si inserisce nel filone dei film sugli squali assassini, dando però un tocco di freschezza all'idea con una trama che intreccia scienza e horror in un ambiente sottomarino claustrofobico.
La storia è ambientata in un centro di ricerca oceanografica isolato, l’Aquatica, una struttura situata in mezzo al mare, progettata per studiare e sviluppare possibili cure per le malattie neurodegenerative. La scienziata protagonista, Susan McAlester (Saffron Burrows), ha una missione ben precisa: trovare una cura per l’Alzheimer. Per farlo, sta lavorando su alcune specie di squali mako, geneticamente modificati per amplificare il cervello degli animali e ottenere enzimi preziosi per le sue ricerche.
Il problema è che questa manipolazione genetica ha un effetto collaterale devastante: rende gli squali molto più intelligenti, trasformandoli da semplici predatori in creature astute e perfettamente consapevoli della loro forza. Con il passare del tempo, gli squali sviluppano una capacità di pianificare e attaccare con una strategia, che li rende molto più letali e difficili da contenere.
Le cose precipitano quando gli squali iniziano a sfruttare i loro nuovi attributi per sabotare la struttura. Riuscendo a creare un’apertura nel laboratorio, inondano la base sottomarina e costringono i ricercatori e i tecnici a scappare attraverso i vari livelli della struttura, sempre più allagata. Il gruppo di protagonisti, composto tra gli altri da Carter Blake (Thomas Jane), un esperto di squali, e dal cuoco Preacher (interpretato da LL Cool J), si trova intrappolato e deve cercare di sopravvivere e trovare una via d’uscita, mentre gli squali li cacciano uno ad uno.
Tra le scene memorabili, il film include il famoso monologo del personaggio interpretato da Samuel L. Jackson, Russell Franklin, che culmina in un colpo di scena che porta il film in una direzione inaspettata e si è guadagnato un posto nella memoria collettiva.
Il monologo di Samuel L. Jackson in Deep Blue Sea è uno dei momenti più intensi del film, un discorso che sposta per un attimo l’attenzione dalla paura immediata degli squali alla natura stessa dell’essere umano di fronte al pericolo e alla propria oscurità interiore. Il suo personaggio, Russell Franklin, utilizza un aneddoto del passato per motivare il gruppo e incitarlo a collaborare, ma ciò che emerge davvero è la sottile linea tra civiltà e barbarie, tra razionalità e istinto di sopravvivenza.
Franklin inizia evocando una forza della natura tanto letale quanto affascinante: il ghiaccio. L'acqua, che è già il nemico principale della loro situazione attuale, viene qui reimmaginata in una forma ancora più spaventosa, trasformata in ghiaccio, quasi come se avesse una volontà propria e una memoria di distruzione. Questa personificazione del ghiaccio suggerisce un mondo in cui gli elementi naturali sono vivi e ostili, creando un'atmosfera di pericolo inevitabile.
Quando descrive la loro lotta per sopravvivere alla valanga, Franklin tocca uno dei temi più brutali del monologo: la disperazione che porta alla violenza tra compagni. Questo momento illumina l’oscurità che può esistere in ciascun individuo e mette in scena una sorta di “ritorno allo stato selvaggio,” in cui il fragile velo della civiltà si spezza. È significativo come non entri nei dettagli di chi abbia fatto cosa, o di come sia avvenuta la “scannatura”: si limita a suggerire il disastro umano senza esplicitarlo, lasciando immaginare una scena di caos e terrore, dove la fiducia tra le persone si dissolve.
Quando dice "La natura può essere micidiale, ma non regge il confronto con l’uomo," la frase assume un peso particolare. Qui, Franklin mette in luce uno dei messaggi centrali del monologo: la vera minaccia non è tanto negli squali o nel pericolo esterno, ma nella capacità dell’essere umano di autodistruggersi. È un momento che riporta alla mente film come Il Signore delle Mosche, in cui la presenza di un pericolo esterno serve solo ad amplificare i conflitti e le tensioni latenti tra i sopravvissuti.
Il monologo di Franklin, in superficie, sembra un discorso motivazionale. Nelle sue parole si percepisce la paura che alberga in lui, il ricordo del passato e di come il panico possa portare a scelte estreme. La sua risoluzione di non cadere nello stesso errore, di “non litigare più tra noi,” è il tentativo di usare la sua esperienza come una guida, per evitare che il gruppo sprofondi nel caos come accadde durante la valanga. È come se stesse combattendo per non rivivere lo stesso incubo e stesse esorcizzando i demoni di quel passato.
L’ironia più potente di questo monologo è che, subito dopo aver affermato l’importanza dell’unione, Franklin viene brutalmente ucciso da uno degli squali, spezzando ogni speranza di coesione. Questo evento imprevedibile è una scelta narrativa efficace: mostra quanto sia vano il tentativo di dominare e razionalizzare una situazione così estrema e imprevedibile come quella che il gruppo sta vivendo. Il suo discorso viene reso inutile nel momento stesso in cui termina, un tocco beffardo che sottolinea come, a volte, non c’è discorso o esperienza passata che possa preparare l’uomo a un pericolo completamente incontrollabile.
Il monologo è un’anticipazione delle tragedie imminenti, un tentativo vano di contrastare il caos con la ragione, dimostrando quanto la situazione sia senza speranza. Franklin rappresenta, in quel momento, una sorta di autorità morale, qualcuno che può vedere oltre il panico e spronare gli altri, ma la sua morte immediata suggerisce che, in fondo, non ci sono “eroi” o “capi” che possano davvero salvare la situazione.
In questo monologo, il viaggio di Franklin si conclude ironicamente proprio quando sembra aver guadagnato la fiducia e la leadership del gruppo. La sua morte improvvisa subito dopo aver pronunciato queste parole dimostra che, nonostante il coraggio e la determinazione, nessuno può realmente controllare le forze incontrollabili che li circondano. Interpretare questo momento significa incarnare un personaggio che, pur avendo fatto esperienza del peggio, vuole essere la guida che evita al gruppo di sprofondare nel caos, ma che alla fine, in modo beffardo, diventa una vittima proprio nel momento in cui credeva di poter fare la differenza.
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