Monologo di Santuzza in Cavalleria Rusticana di Giovanni Verga: analisi e significato

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo di Santuzza in Cavalleria Rusticana rappresenta uno dei momenti più intensi del teatro verista di Giovanni Verga. Qui non troviamo un discorso artificiale o costruito su grandi immagini poetiche, ma una confessione cruda, quasi uno sfogo che mescola rabbia, dolore e amore tradito. Santuzza si rivolge a Lucia, madre di Turiddu, e in questo flusso di parole riversa la sua verità, svelando non solo la propria fragilità, ma anche l’inesorabile logica che porterà al conflitto finale.

Il monologo di Santuza, da "Cavalleria rusticana"

Lo so, che si affacciava ogni volta, quando lo vedeva passare dinanzi
la mia porta, e me lo rubava cogli occhi quella scomunicata! e cercava di
attaccar discorso con lui anche! – Compare Turiddu, che ci venite a fare da
queste parti? Non lo sapete che non ci fu la volontà di Dio? Ora lasciatemi
stare che son di mio marito. – La volontà di Dio era per tentarlo! Egli si
metteva a cantare sotto la mia finestra per far dispetto a lei che s’era ma-
ritata con un altro. Tanto è vero che l’amore antico non si scorda più. Io
come lo sentivo cantare, quel cristiano, sembrava che il cuore mi scappasse
via dal petto. Ero pazza, sì! Come potevo dir di no, quand’egli mi pregava:
– Apri, Santuzza, s’è vero che mi vuoi bene!… – Come potevo? Allora gli
dissi: – Sentite, compare Turiddu, giuratemi innanzi a Dio, prima! – Egli
giurò. Dopo, come lo seppe lei, quella mala femmina, diventò gelosa a
morte; e si mise in testa di rubarmelo. Mi cambiò Turiddu di qua a qua (col
gesto della mano). Egli nega, perché gli faccio compassione; ma d’amore non
mi ama più!… Ora che sono in questo stato… che i miei fratelli quando lo
sapranno m’ammazzano colle sue mani stesse!
Ma di ciò non m’importa.
Se Turiddu non volesse bene a quell’altra, morirei contenta. Ieri sera venne
a dirmi: – Addio, vado per un servizio. – Colla faccia tanto buona! Signore!
com’è possibile avere in core il tradimento di Giuda con quella faccia?
Più tardi una vicina che veniva pel filato mi disse di aver visto compare
Turiddu lì dalle nostre parti, dinanzi all’uscio della gnà Lola.

Cavalleria Rusticana, di Giovanni Verga

Giovanni Verga scrive Cavalleria Rusticana nel 1884 come atto unico teatrale, adattando il suo stesso racconto breve pubblicato qualche anno prima. Siamo nel pieno del verismo, movimento letterario che porta in scena la realtà quotidiana delle classi popolari, senza filtri né abbellimenti. La scelta di Verga è precisa: abbandonare i grandi miti borghesi o aristocratici, per concentrare l’attenzione sul microcosmo di un villaggio siciliano, dove onore, gelosia e vendetta regolano la vita più delle leggi scritte.

La forza della drammaturgia sta proprio nella sua concisione: un atto unico, pochi personaggi, un conflitto netto.

Santuzza: figura centrale, innamorata tradita, portatrice di dolore e di verità.

Turiddu: giovane contadino, diviso tra l’amore per Lola e il legame con Santuzza.

Lola: donna sposata con Alfio, motore silenzioso del conflitto.

Alfio: marito tradito, incarnazione del codice d’onore.

Lucia: madre di Turiddu, presenza quasi corale, osservatrice e custode della tradizione.

Tutta l’azione è compressa in poche ore, durante la mattina di Pasqua. Non c’è spazio per sottotrame: la drammaturgia si concentra su un unico nodo che deve sciogliersi davanti al pubblico.

La drammaturgia di Verga funziona come una trappola: il pubblico percepisce da subito che l’esito sarà tragico. Santuzza, respinta da Turiddu, rivela il tradimento ad Alfio. Da quel momento, la logica del codice d’onore conduce inevitabilmente al duello e alla morte.


Non c’è sorpresa, ma attesa. È una tensione che cresce attraverso i dialoghi brevi, secchi, quasi tagliati con il coltello. Ogni battuta spinge verso la catastrofe, senza deviazioni.

Onore e vendetta sono il vero motore narrativo. La comunità accetta la violenza come strumento di giustizia privata. Passione amorosa non sono come sentimento romantico, ma come forza distruttiva che schiaccia i personaggi. Fatalità tipica del verismo. I protagonisti non hanno scampo, perché prigionieri di regole sociali e culturali più grandi di loro.

Cavalleria Rusticana ha un valore doppio: da una parte segna il passaggio del verismo dalla narrativa al teatro, aprendo la strada a un nuovo modo di intendere la scena; dall’altra ha ispirato uno dei più celebri adattamenti operistici della storia, quello di Pietro Mascagni (1890). L’opera lirica ha amplificato la notorietà del testo, ma è interessante notare come la drammaturgia originaria funzioni perfettamente anche senza musica: la tensione è tutta interna ai dialoghi e alla situazione.

Analisi Monologo

Il monologo si sviluppa come una spirale: parte dal ricordo di quando Turiddu cantava sotto la finestra, tocca la passione ancora viva, scivola nel tradimento subito e infine esplode in disperazione. È un crescendo che segue il ritmo stesso del linguaggio popolare, fatto di frasi spezzate, interiezioni, invocazioni religiose. Santuzza nomina Lola non solo come rivale, ma come "mala femmina", incarnazione di un tradimento doppio: verso di lei e verso Alfio. Lola non appare in scena, ma in questo monologo diventa quasi una presenza viva, percepita come minaccia costante.

Santuzza è divisa tra due paure: quella di essere abbandonata da Turiddu e quella della vergogna pubblica. Il riferimento ai fratelli che potrebbero ucciderla ci porta dentro il codice sociale della comunità: la donna che perde l’onore mette a rischio non solo sé stessa, ma l’intero nucleo familiare. La forza del monologo sta nella lingua: diretta, popolare, segnata da un ritmo che alterna confessione e invettiva. Non è un discorso studiato, ma uno sfogo che costruisce teatralità proprio nella sua apparente spontaneità.

Santuzza non “recita” davanti al pubblico, parla come se fosse costretta a sputare fuori un dolore insopportabile. In questo sfogo c’è già la tragedia annunciata. Santuzza è consapevole della sua rovina: "i miei fratelli quando lo sapranno m’ammazzano colle sue mani stesse". La sua disperazione non riguarda più solo l’amore, ma la condanna sociale inevitabile. È qui che il verismo si fa teatro: la vita reale, con le sue regole implacabili, diventa dramma.

Conclusione

Il monologo di Santuzza è l’esplosione di un conflitto interiore che diventa collettivo. È la confessione di una donna che ha amato troppo e che ora si trova intrappolata tra passione e vergogna, tra amore perduto e condanna sociale. In poche battute Verga costruisce una tragedia che non ha bisogno di eroi o di palazzi regali: basta la voce di una contadina che racconta la propria ferita. È proprio questa immediatezza a rendere Cavalleria Rusticana un testo fondante del teatro moderno.

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