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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Seth in Looper è un momento chiave del film e un potente strumento di lavoro per attori. In meno di un minuto, racconta il crollo emotivo di un giovane killer incapace di uccidere il proprio “sé futuro” dopo un richiamo improvviso alla memoria infantile.
In questa guida analizziamo il monologo riga per riga, ne esploriamo il sottotesto, la struttura, le emozioni, e forniamo indicazioni pratiche su come prepararlo al meglio per un’audizione o un laboratorio di recitazione.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
Durata: 1 minuto
Contesto ideale per un attore nell’interpretarlo Esercizi accademici di memoria sensoriale (ricordo sonoro: la canzone della madre). Scene in camera o momenti di confessione, dove il personaggio racconta ma rivive.
Dove vederlo: Apple Tv
Nel 2044 Joe è un looper, un killer al soldo della criminalità organizzata che elimina persone mandate dal futuro. Nel 2074, infatti, il viaggio nel tempo esiste ma è illegale, e i criminali lo sfruttano per “spedire indietro” le loro vittime: i looper devono solo sparare a chi compare davanti a loro e incassare il pagamento, lingotti d’argento. Quando però arriva il momento di chiudere il “loop” — cioè uccidere la versione futura di sé stessi per cancellare ogni prova del proprio coinvolgimento — il compenso è in oro, e la carriera finisce.
Joe vive bene, accumula soldi e si gode la vita finché il suo amico Seth non rompe la regola d’oro: lascia fuggire il proprio sé futuro. Abe, il boss venuto dal futuro per gestire i looper, lo punisce in modo brutale e Joe, per salvarsi, tradisce Seth. Poco dopo, la stessa anomalia si ripete: Joe si trova di fronte alla propria versione futura, ma questa volta il vecchio Joe riesce a scappare. È l’inizio di una caccia reciproca: il giovane Joe vuole uccidere il vecchio per riavere la sua libertà, mentre il vecchio Joe ha una missione disperata.
Nel suo futuro, trent’anni dopo, la moglie di Joe è stata uccisa durante un raid ordinato da un misterioso boss chiamato lo Sciamano, un uomo potentissimo capace di conquistare il mondo criminale in pochi mesi. Per impedirne la nascita, il vecchio Joe è tornato indietro nel tempo con l’intento di eliminare tre bambini nati nello stesso giorno e nello stesso ospedale del futuro Sciamano. Uno di loro, secondo lui, diventerà quel mostro.
Mentre il vecchio Joe inizia la sua caccia, il giovane Joe fugge e trova rifugio in una fattoria isolata, dove vivono Sara e suo figlio Cid. La donna è sospettosa ma decide di ospitarlo, capendo che l’uomo può aiutarla a difendere il bambino. Joe, però, scopre presto che Cid possiede poteri telecinetici devastanti: è in grado di scatenare esplosioni con la mente. Intuisce che proprio lui potrebbe essere lo Sciamano del futuro.
Lui… lui stava cantando. Da sotto il cappuccio, quindi ho riconosciuto la canzone. Un ricordo vecchissimo. Mia madre… in una stanza buia che mi tiene in braccio e canta quella canzone. E quando mi sono reso conto che lui ero io… Joe, non ce l’ho fatta. Non potevo. Dovevo vedere. Lui mi ha detto… ricordo che lui mi ha detto che c’è un nuovo Signore che semina il panico in futuro e che sta chiudendo tutti i loop: “lo Sciamano”, lo chiamano. Ha detto così. E poi mi ha chiesto una sigaretta. E quindi gli ho slegato le mani e lui mi ha guardato negli occhi. E ha iniziato a correre. Avevo la spingarda e sapevo che in circa quindici passi non lo avrei più avuto a tiro, e in un attimo se ne è andato. E io sono rimasto paralizzato a guardare.
Lui… lui stava cantando.: esitazione reale; la ripetizione “lui… lui” va sentita, non costruita; tono basso, quasi incrinato; sguardo assente, come se fosse ancora lì, a sentirlo.
Da sotto il cappuccio, quindi ho riconosciuto la canzone: pausa netta prima di “quindi”; tono leggermente più lucido, come se la memoria diventasse visiva; “la canzone” va detta piano, con rispetto emotivo.
Un ricordo vecchissimo: quasi un sussurro; abbassare leggermente lo sguardo; pausa dopo la frase, per lasciare sedimentare il peso del passato.
Mia madre… in una stanza buia che mi tiene in braccio e canta quella canzone: voce calda, fragile, più lenta; sguardo nel vuoto, come se vedesse davvero la scena; pausa micro dopo “mia madre”; “quella canzone” va detta con delicatezza, come se proteggesse il ricordo.
E quando mi sono reso conto che lui ero io… Joe, non ce l’ho fatta: tono spezzato, sinceramente emotivo; il nome “Joe” va guardato in faccia, diretto, come a chiedere comprensione; “non ce l’ho fatta” va detta come una resa, non come una scusa.
Non potevo. Dovevo vedere: ritmo spezzato, tono deciso; “non potevo” va detto con voce più bassa; “dovevo vedere” è l’urgenza del bambino che vuole capire.
Lui mi ha detto… ricordo che lui mi ha detto che c’è un nuovo Signore che semina il panico in futuro e che sta chiudendo tutti i loop: “lo Sciamano”, lo chiamano: inizia come un racconto, più narrativo; tono più controllato, ma ancora segnato dalla memoria; “lo Sciamano” va isolato leggermente, con un accenno di inquietudine.
Ha detto così: voce bassa, quasi meccanica; come se stesse ancora ripetendo la frase a sé stesso da giorni; pausa subito dopo.
E poi mi ha chiesto una sigaretta: tono quasi stupito, come chi ancora non ci crede; alzare leggermente il tono, come a dire “puoi immaginartelo?”; sguardo verso il vuoto.
E quindi gli ho slegato le mani e lui mi ha guardato negli occhi: dire con calma, ma con tensione crescente; “mi ha guardato negli occhi” è il punto emotivo, va detto con voce rotta, sguardo diretto.
E ha iniziato a correre: tono più netto, quasi asciutto; accelerare appena il ritmo; sguardo che lo segue idealmente, come se stesse correndo ancora adesso.
Avevo la spingarda e sapevo che in circa quindici passi non lo avrei più avuto a tiro, e in un attimo se ne è andato: descrizione tecnica, ma con fondo emotivo; non è indifferenza, è paralisi; “in un attimo se ne è andato” va detto con rassegnazione.
E io sono rimasto paralizzato a guardare: chiusura piena di rimpianto; tono morbido, quasi un respiro lungo; sguardo fisso nel vuoto, lasciando vibrare il silenzio finale.
Il monologo di Seth in Looper (2012) è uno dei momenti più intensi e sottovalutati del film. In pochi secondi, il personaggio — giovane, fragile, parte di un sistema spietato — rivela una verità che non si può ignorare: anche chi è addestrato a uccidere, può crollare di fronte a un ricordo. Seth racconta il momento in cui ha fallito il compito più importante della sua vita: uccidere il proprio “sé futuro”, l’ultima missione di un Looper. Ma la scena prende una svolta inaspettata: il bersaglio stava cantando una canzone. Una canzone che Seth riconosce subito. È la stessa che sua madre cantava quando lui era bambino. In quell’istante, la sua identità si spezza. L’assassino cede il passo al figlio. E Seth non riesce a premere il grilletto.
Il monologo è costruito come una confessione che parte da un ricordo sensoriale e si sviluppa in tre fasi: Rievocazione personale: il suono della voce, il ricordo della madre, la fragilità infantile. Conflitto morale: riconoscere il bersaglio come sé stesso, e non riuscire a sparare. Esito drammatico: lascia andare il bersaglio, consapevole che ha appena firmato la propria condanna. La forza di questo testo non sta nella spettacolarità, ma nella verità emotiva. Seth si espone. Per la prima volta, non ha scuse. Solo emozione.
Obiettivo del monologo
Mostrare il momento in cui un assassino perde la maschera. Seth non racconta un’azione, ma una resa. È la scoperta improvvisa di avere ancora un cuore.
Sottotesto
“Ho visto me stesso. E non ho potuto uccidermi.”
Azione minima
Rivivere un ricordo cercando di spiegarlo per la prima volta.
Seth non sa raccontare: balbetta, inciampa, ricorda mentre parla. L’azione è semplice ma potente: dare forma al trauma attraverso la parola.
Dinamica vocale
Inizio esitante, voce bassa, sospesa.
Su “mia madre…” la voce si incrina, come se parlasse a sé stesso.
Piccolo crescere emotivo nella parte in cui racconta del fuggitivo (“gli ho slegato le mani... ha iniziato a correre”), poi di nuovo caduta finale.
Ultima frase quasi sussurrata, più per sé che per l’ascoltatore.
Chiusa
“E io sono rimasto paralizzato a guardare.”
Va detta lentamente, lasciando che le parole pesino.
Errori comuni
Recitarlo come uno sfogo emotivo
→ Il monologo non è isterico. È una confessione contenuta.
Accelerare il ritmo per paura del silenzio
→ Le pause sono il cuore del testo. L’emozione vive negli spazi vuoti.
Fare il “cattivo redento”
→ Seth non è redento. È confuso, colpevole, spaventato.
Usare il tono drammatico costante
→ Serve variazione: paura, memoria, stupore, calma apparente, cedimento.
Sottovalutare la fisicità
→ Anche se statico, il corpo deve raccontare la tensione: mani che tremano, sguardo perso, spalle chiuse.
Negli ultimi venti minuti, tutto converge nella fattoria. Il vecchio Joe, dopo aver eliminato Abe e i suoi uomini, capisce che il terzo bambino della sua lista è proprio Cid. Corre lì deciso a ucciderlo, convinto che sia l’unico modo per salvare la moglie e cambiare il futuro.
Nel frattempo il giovane Joe è ormai legato a Sara e al piccolo: ha capito che il bambino non è un mostro, ma un bambino spaventato dal proprio potere. Cid ha momenti di panico in cui perde il controllo, e proprio in uno di questi, quando gli uomini di Abe li raggiungono, esplode letteralmente di rabbia, uccidendo il sicario con un’ondata telecinetica che devasta la casa. Sara riesce a calmarlo, mostrandogli che l’amore può contenere quella furia distruttiva.
Quando il vecchio Joe arriva, trova Sara e Cid in fuga tra i campi. Si prepara a sparare, convinto che uccidendo il bambino eviterà la morte della moglie nel futuro. Ma il giovane Joe lo osserva da lontano e capisce l’inganno del tempo: è proprio quel gesto, l’omicidio della madre davanti agli occhi del bambino, che innescherà tutto. Cid crescerà solo, pieno di odio, con una ferita alla mandibola provocata dal colpo di Joe. È così che nascerà lo Sciamano.
Joe allora capisce che il ciclo non può continuare. Non può uccidere il suo futuro, ma può impedirgli di agire. Si punta la spingarda al petto e si uccide. Nel momento in cui muore, il vecchio Joe sparisce: il loop si chiude. Sara e Cid sopravvivono, e il bambino cresce con la madre, libero di scegliere un futuro diverso. L’ultima immagine è Joe disteso a terra, con un senso di pace: ha spezzato il loop non con la violenza, ma con la consapevolezza. Il sacrificio che interrompe la catena di vendetta e dolore è la sua vera redenzione.
Quanto dura il monologo di Seth in Looper? Circa 50–60 secondi se interpretato con pause emotive.
Che età di casting copre questo monologo? È adatto per attori tra i 20 e i 30 anni. Seth è un giovane adulto, emotivamente immaturo ma già segnato dal mondo in cui vive.
Qual è il sottotesto del monologo? “Ho scoperto di avere ancora un cuore. E ora ne pagherò il prezzo.”Seth non racconta un errore tecnico, ma un crollo emotivo.
Qual è la difficoltà principale per un attore? Mantenere la verità emotiva senza cadere nel melodramma. Il testo va detto con voce bassa, ritmo naturale, e presenza vera nel ricordo.
Qual è il momento chiave da non sbagliare? “E quando mi sono reso conto che lui ero io… Joe, non ce l’ho fatta.” Qui va detto tutto: il crollo, la paura, la rivelazione. Se questa battuta è vera, il monologo funziona.
Regista: Rian Johnson
Produttori: Ram Bergman, James D. Stern
Cast principale: Joseph Gordon-Levitt (Joe giovane) Bruce Willis (Joe adulto) Emily Blunt (Sara) Paul Dano (Seth)
Dove vederlo: Apple Tv
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