Monologo di Shirley Chisholm: Analisi e suggerimenti

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~ LA REDAZIONE DI RC

Analisi del monologo di Sara in "Looper"

Il monologo di Shirley Chisholm nel film Shirley – In corsa per la Casa Bianca è un esempio particolare di recitazione politica al cinema. Tratto dal suo discorso alle primarie del 1972, il testo unisce forza oratoria, vulnerabilità e visione collettiva. 

  • Scheda del monologo

  • Contesto del film

  • Testo del monologo (estratto+note)

  • Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa

  • Come prepararlo per un'audizione

  • Finale del film (con spoiler)

  • FAQ

  • Credits e dove trovarlo

Scheda del monologo

Film: Shirley in corsa per la Casa Bianca (2023)
Personaggio: Shirley
Attore: Regina King
Minutaggio: 18:43-21:20

Durata: 2 minuti, 40 secondi

Difficoltà: Alta (gestione retorica +equilibrio tra forza e vulnerabilità)

Emozioni chiave: Orgoglio (radicato, pacato, ma incrollabile); Fermezza (di chi sa di rappresentare qualcosa più grande di sé); Isolamento dignitoso (traspare la solitudine della figura politica, ma anche la sua libertà); Speranza lucida (non idealismo: una speranza fondata, costruita sull’esperienza); Invito all’azione (il tono finale ha qualcosa di pastorale, quasi religioso)

Contesto ideale: Performance motivazionale o reading pubblico: funziona benissimo in contesti in cui il pubblico è coinvolto o cerca ispirazione, ad esempio eventi legati a diritti civili, scuola, memoria storica.

Dove vederlo: Netflix

Contesto del film: "Shirley: in corsa per la Casa Bianca"

“Shirley – In corsa per la Casa Bianca” è un biopic politico che si apre nel 1968, anno in cui Shirley Chisholm (interpretata da Regina King) diventa la prima donna afroamericana eletta al Congresso degli Stati Uniti. La sua figura spicca immediatamente in un contesto dominato da uomini bianchi di mezza età, e la narrazione ci introduce subito nel cuore di una battaglia politica che è anche personale: combattere l’isolamento, il sessismo e il razzismo dentro le stanze del potere.

Ma il film è un viaggio attraverso una serie di scelte scomode, di rischi calcolati e di discorsi pronunciati con la voce tremante ma con la convinzione di chi sa che le parole, nel posto giusto, possono cambiare le cose.

Ci viene mostrata una Shirley preparata, determinata, ma non infallibile. Il suo ingresso al Congresso è segnato da episodi di aperta discriminazione, come quando un collega le dice che è assurdo che guadagni quanto lui. Da lì parte una delle sue battaglie più importanti: la presentazione dell’Equal Rights Amendment, con un discorso secco, diretto, che taglia come una lama le ipocrisie del sistema.

Gran parte del racconto è costruito attorno al clima di resistenza interna e solitudine che Chisholm affronta anche tra le file dei Democratici, e persino nel Congressional Black Caucus, che dovrebbe teoricamente essere dalla sua parte.

Il vero nucleo narrativo si concentra sulla campagna presidenziale del 1972, nella quale Shirley decide di candidarsi alle Primarie del Partito Democratico. È una corsa a ostacoli, quella di Chisholm: è nera, è donna, non ha fondi, né sponsor forti, e si muove in un contesto dove non è gradita né dai poteri tradizionali né, spesso, dai movimenti che dovrebbero sostenerla.

Il film mette in luce anche le alleanze inaspettate: su tutte, quella con le Black Panthers, inizialmente scettiche ma poi convinte dalla sua determinazione a sfidare l’establishment. Emblematica è la scena dell’incontro privato con Huey Newton, organizzato grazie all’attrice Diahann Carroll. In un dialogo carico di tensione e rispetto reciproco, Newton decide di appoggiarla pubblicamente, riconoscendola come una delle poche figure politiche capaci di parlare davvero alle persone emarginate.

Testo del monologo + note

Sono qui davanti a voi, quest’oggi, come candidato per la nomination democratica alla Presidenza degli stati uniti d’America. non sono il candidato dell’America Nera, anche se sono nera e ne sono orgogliosa. Non sono il candidato del movimento delle donne di questo Paese, anche se sono una donna, e ne sono ugualmente orgogliosa. Non sono il candidato di un capo politico di un ricco finanziatore, né di interessi particolari. Sono qui, quest’oggi, senza alcuno appoggio da parte di politici o di celebrità. Non ho intenzione di offrire a tutti voi i cliché vecchi e facili che per troppo tempo sono stati una prassi consolidata della nostra vita politica. Io sono il candidato di tutto il popolo Americano. E la mia presenza qui, davanti a voi, è simbolo di una nuova era nella storia politica americana. Io ho fiducia nel popolo americano. Sono convinta che siamo abbastanza intelligenti da riconoscere il talento, l’energia, la dedizione, che tutti gli Americani, comprese le donne e le minoranze hanno da offrire. Siamo tutti figli di Dio, e la volontà di ciascuno di noi è preziosa, quanto è preziosa la volontà dei più potenti tra noi. La nostra volontà può creare una nuova America, nel ‘72, in cui saremo liberi dalla violenza e dalla guerra. In patria e all’estero. In cui saremo liberi dalla povertà e dalla discriminazione. In cui esiste almeno la sensazione che stiamo facendo progressi per chiunque. Chiunque condivida questa visione, sia stato trascurato, lasciato fuori, dimenticato, ignorato messo da parte si unisca a me per conquistare la nostra società. E riprendere il controllo del nostro destino. Mentre percorriamo la Pista Chisholm per il 1972.

“Sono qui davanti a voi, quest’oggi, come candidato per la nomination democratica alla Presidenza degli Stati Uniti d’America:” Tono solenne, fermo ma non trionfante; breve pausa su “quest’oggi”; lo sguardo abbraccia la platea, come per includere ogni volto.

“Non sono il candidato dell’America Nera, anche se sono nera e ne sono orgogliosa.” Enfasi su “non sono”; voce calma, quasi didattica; l’orgoglio si manifesta nel tono, non nel volume. Pausa breve dopo “orgogliosa”, sguardo fiero ma sereno.

“Non sono il candidato del movimento delle donne di questo Paese, anche se sono una donna, e ne sono ugualmente orgogliosa.” Ritmo identico alla frase precedente per creare simmetria; variazione vocale su “ugualmente”, con un sorriso contenuto. Pausa respirata dopo “orgogliosa”.

“Non sono il candidato di un capo politico, di un ricco finanziatore, né di interessi particolari.” Tono deciso, netto; su “né di interessi particolari” abbassare lievemente la voce, come chi chiude un elenco scomodo ma necessario.

“Sono qui, quest’oggi, senza alcuno appoggio da parte di politici o di celebrità.” Rallentare. Questa frase va detta con dignità, non con vittimismo. 

Non ho intenzione di offrire a tutti voi i cliché vecchi e facili che per troppo tempo sono stati una prassi consolidata della nostra vita politica. Cadenza più colloquiale, tono di chi si stacca da un sistema corrotto. Accento leggero su “cliché vecchi e facili”, pausa riflessiva dopo “vita politica”.

“Io sono il candidato di tutto il popolo americano. Crescita emotiva. Qui la voce si apre, il corpo si raddrizza. È la prima vera dichiarazione identitaria: breve pausa dopo “americano”.

“E la mia presenza qui, davanti a voi, è simbolo di una nuova era nella storia politica americana.” Tono solenne, profetico ma controllato. Sottolineare “nuova era”, poi silenzio di mezzo respiro.

“Io ho fiducia nel popolo americano.” Voce più bassa, intima, quasi come un segreto condiviso; pausa dopo “popolo”.

“Sono convinta che siamo abbastanza intelligenti da riconoscere il talento, l’energia, la dedizione che tutti gli americani, comprese le donne e le minoranze, hanno da offrire.” Flusso continuo, tono ispirato. Accento su “tutti gli americani”; ritmo crescente su “donne e minoranze”, poi pausa breve, sguardo aperto verso il pubblico.

“Siamo tutti figli di Dio, e la volontà di ciascuno di noi è preziosa quanto è preziosa la volontà dei più potenti tra noi.” Qui entra l’aspetto spirituale: tono morbido, più caldo; non predicatorio. Sospensione dopo la prima “preziosa”, come se la frase respirasse da sola.

“La nostra volontà può creare una nuova America, nel ’72, in cui saremo liberi dalla violenza e dalla guerra.” Voce più forte, ritmo sostenuto. Enfasi su “nuova America”. Breve pausa dopo “’72”, poi il tono si abbassa su “violenza e guerra”, come a pesare le parole.

“In patria e all’estero.” Frase breve, pronunciata con fermezza; pausa piena subito dopo, lasciando l’eco di “guerra” dissolversi.

“In cui saremo liberi dalla povertà e dalla discriminazione.” Tono dolente ma speranzoso; “povertà” detta con un filo di voce, “discriminazione” con più sostegno. Piccolo respiro dopo la chiusa.

“In cui esiste almeno la sensazione che stiamo facendo progressi per chiunque.” Qui il ritmo rallenta: tono realistico, non idealista. “Sensazione” va marcata come parola chiave, seguita da pausa riflessiva.

“Chiunque condivida questa visione, sia stato trascurato, lasciato fuori, dimenticato, ignorato, messo da parte, si unisca a me per conquistare la nostra società.” Tono appassionato; ogni verbo (“trascurato”, “lasciato fuori”, “dimenticato”...) va leggermente scandito. Breve respiro dopo l’elenco, poi “si unisca a me” come invito sincero, non come slogan.

“E riprendere il controllo del nostro destino.” Tono fermo, netto, con uno sguardo dritto al pubblico. 

“Mentre percorriamo la Pista Chisholm per il 1972.” Chiusura dolce, quasi sussurrata; un sorriso appena accennato. 

Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa del monologo di Shirley in "Shirley in corsa per la Casa Bianca"

Tra i momenti più intensi di Shirley – In corsa per la Casa Bianca, il biopic Netflix dedicato alla figura storica di Shirley Chisholm, spicca un monologo che rappresenta il cuore politico e umano del film. È la scena del discorso pubblico durante la sua candidatura alle primarie presidenziali del 1972, un momento carico di tensione, verità e rappresentazione simbolica.

Il monologo di Shirley si apre con una frase che ha la solennità di un’inaugurazione: “Sono qui davanti a voi, quest’oggi, come candidato per la nomination democratica alla Presidenza degli Stati Uniti d’America.” Già in questa battuta si definisce il contesto: un discorso pubblico, pronunciato durante una campagna elettorale, ma non uno qualunque. È un momento storico. È il 1972, e Shirley Chisholm è la prima donna afroamericana a correre per la Casa Bianca.

Qui l’attrice (e chiunque scelga di interpretare questo monologo) deve evitare qualsiasi trionfalismo, optando invece per una presenza contenuta, ma determinata. L’emozione principale è una fierezza consapevole, che deve essere tenuta a bada per non sfociare in retorica.

Il cuore del discorso è una tripla negazione identitaria: “Non sono il candidato dell’America Nera, anche se sono nera e ne sono orgogliosa. Non sono il candidato del movimento delle donne, anche se sono una donna e ne sono ugualmente orgogliosa. Non sono il candidato di un capo politico, di un ricco finanziatore, né di interessi particolari.”

Questo passaggio è fondamentale dal punto di vista attoriale: ogni frase è costruita con la stessa struttura, ma l’intonazione deve cambiare leggermente a ogni ripetizione, altrimenti il rischio è di risultare meccanici. Dal punto di vista dell’analisi testuale, queste frasi rappresentano una rottura col sistema delle appartenenze: Chisholm non accetta di essere incasellata come “candidata simbolica” di un gruppo specifico. Il suo messaggio è chiaro: lei parla a tutto il popolo americano, nonostante sia consapevole delle proprie radici e del proprio corpo politico.

La parte centrale del monologo prosegue con una dichiarazione che ne definisce il tono e il contesto: “Sono qui, quest’oggi, senza alcun appoggio da parte di politici o di celebrità. Non ho intenzione di offrire a tutti voi i cliché vecchi e facili che per troppo tempo sono stati una prassi consolidata della nostra vita politica.” Qui emerge la natura outsider della candidatura di Shirley. È il momento in cui l’attrice (e l’interprete, in qualsiasi contesto) deve mostrare vulnerabilità senza autocommiserazione. C’è isolamento, ma anche orgoglio.

“Io sono il candidato di tutto il popolo Americano. E la mia presenza qui, davanti a voi, è simbolo di una nuova era nella storia politica americana.” Questo è il vero climax del discorso: una dichiarazione che ha bisogno di spazio e silenzio attorno. Chi recita questa battuta deve darle peso e tempo, senza correre.  Il tono si apre, la postura si fa più salda. È una frase che segna una visione collettiva, in netto contrasto con le divisioni precedenti.

La sezione successiva del monologo è meno dichiarativa e più idealista, ma mai astratta: “Io ho fiducia nel popolo americano. Sono convinta che siamo abbastanza intelligenti da riconoscere il talento, l’energia, la dedizione, che tutti gli Americani, comprese le donne e le minoranze, hanno da offrire.”

Questa parte funziona come respiro del monologo. La voce può farsi più morbida, il ritmo leggermente più lento. L’obiettivo qui è coinvolgere, non impressionare. L’enfasi non va cercata, va evitata. Il linguaggio è diretto, accessibile, ma profondo. Poi arriva il passaggio più spirituale: “Siamo tutti figli di Dio, e la volontà di ciascuno di noi è preziosa quanto quella dei più potenti tra noi.” Questo è il momento in cui il testo si avvicina a un registro quasi religioso, ma senza dogma. È importante che questa parte venga pronunciata con sincerità, senza predicare. La spiritualità qui non è retorica: è connessione umana.

“La nostra volontà può creare una nuova America, nel ’72, in cui saremo liberi dalla violenza e dalla guerra. In patria e all’estero. In cui saremo liberi dalla povertà e dalla discriminazione.” Questa è la parte più visionaria, ed è anche la più difficile da interpretare senza cadere nella declamazione. La chiave è conservare la voce della Shirley del primo minuto: quella che non cerca slogan, ma verità. Ogni coppia di parole (“violenza e guerra”, “povertà e discriminazione”) deve essere detta come se fosse una realtà tangibile, non un concetto astratto. “In cui esiste almeno la sensazione che stiamo facendo progressi per chiunque. Chiunque condivida questa visione, sia stato trascurato, lasciato fuori, dimenticato, ignorato, messo da parte, si unisca a me per conquistare la nostra società. E riprendere il controllo del nostro destino. Mentre percorriamo la Pista Chisholm per il 1972.” Il finale è un invito collettivo, non una chiusura. Va pronunciato con apertura, non con enfasi. La lunga lista (“trascurato, lasciato fuori, dimenticato…”) richiede ritmo e cuore, ogni parola va detta come se fosse un nome, un volto. La frase conclusiva — “la Pista Chisholm per il 1972” — è simbolica: non è solo la sua campagna politica, è un movimento, un’eredità. Va lasciata in sospensione, con un ultimo respiro prima del silenzio.

Come preparare il monologo di Shirley in "Shirley in corsa per la Casa Bianca"

STEP PRATICI PER IL MONOLOGO ED ERRORI DA EVITARE

Obiettivo del monologo: Farsi ascoltare come candidata reale, non simbolica. Shirley parla al pubblico per rivendicare la propria identità politica e dichiarare il proprio intento: non essere il volto di una quota, ma una vera alternativa di leadership.

Sottotesto: “Sono sola, ma ho scelto di esserlo.”

“So di essere un’anomalia, ma anche una necessità.”

“Questa non è una candidatura: è una chiamata collettiva.”

Azione minima: Rimanere ferma. Piantarsi sul palco. Parlare con calma. Guardare negli occhi.

Dinamica vocale


Inizio: tono contenuto, istituzionale. Stai annunciando la tua candidatura.
Parte centrale (tripla negazione): variazione interna; tono lucido ma fermo.
Sezione spirituale: morbida, avvolgente; voce che accoglie, non impone.
Chiusura: tono progressivamente aperto, come una risonanza collettiva.


Chiusa: “Mentre percorriamo la Pista Chisholm per il 1972.” Va lasciata sospesa. È una chiusura intima e aperta insieme: non cercare l’applauso, non marcare la fine. Deve sembrare l’inizio di qualcosa che continua dopo il tuo silenzio.

Errori comuni da evitare

Recitare “contro” qualcuno: Shirley non è arrabbiata con il sistema, è determinata a cambiarlo. Se la rendi vendicativa, perdi forza.
Tono troppo retorico o teatrale: Non è un pezzo shakespeariano. È politico, sì, ma ha una voce viva, concreta, pensata per essere capita, non idealizzata.
Movimenti eccessivi: meno è più. Tutta la forza del monologo è nel contenuto e nel ritmo interno.
Dimenticare il pubblico immaginario: Shirley parla a una platea. Visualizza delle persone davanti a te, con nomi, storie, volti.
Scandire troppo l’elenco “trascurato, lasciato fuori, dimenticato…” come se fosse una lista. Deve suonare come un grido composto, non come un elenco da catalogo.

Il finale di "Shirley in corsa per la Casa Bianca" (Spoiler)

Il film si avvicina al finale nel momento in cui la corsa di Shirley alle Primarie democratiche tocca il suo punto più alto e, insieme, quello più amaro.

Dopo una lunga battaglia legale, Chisholm riesce a ottenere la possibilità di parlare durante i dibattiti televisivi, ma le viene concesso solo un breve discorso, nonostante il ruolo effettivo che ha avuto nel processo delle primarie. L

a scena è asciutta, quasi claustrofobica: Shirley si alza in piedi davanti al pubblico in studio e a casa, e pronuncia uno dei monologhi più densi del film. Niente enfasi, niente slogan: solo parole scelte con cura, rivolte direttamente al cuore di chi si sente escluso dalla politica americana.

In quell’istante, il film non mostra una donna sconfitta, ma una figura che ha già spostato qualcosa, anche se le urne non lo confermeranno.

Il montaggio finale si muove tra il convengo del Partito Democratico, dove Chisholm ottiene 152 voti dei delegati (circa il 10% del totale), e le immagini delle reazioni fuori dai palazzi: studenti, attivisti, giovani afroamericani e donne che hanno seguito la sua campagna, molti dei quali sono ispirati a iniziare un proprio percorso politico.

FAQ sul monologo di Shirley in

  • Quanto dura il monologo di Shirley Chisholm? Circa 2 minuti e 30 secondi, se recitato a ritmo naturale e con pause mirate. 

  • Che temi affronta il monologo? Il monologo tratta identità politica, autoaffermazione, uguaglianza di genere e razza, lotta per la rappresentanza, e visione collettiva di cambiamento. È un testo che fonde politica e spiritualità, senza mai perdere concretezza.  

  • Quale fascia d’età copre? Il monologo è più adatto a attrici tra i 25 e i 45 anni, ma può essere portato anche da ragazze più giovani (20-25) in contesto formativo o accademico, se si lavora con maturità interpretativa.

  • È un monologo drammatico o politico? Entrambi. È drammatico nel sottotesto (isolamento, sfida, fiducia nel cambiamento) e politico nella forma e nei contenuti. Richiede un equilibrio tra intensità emotiva e controllo espressivo.

  • Quali sono le difficoltà principali? Mantenere la sincerità sotto una struttura retorica; Evitare toni da comizio o predicazione; Trovare il giusto ritmo tra fermezza e apertura emotiva; Gestire le pause e le ripetizioni senza monotonia.

  • Che tipo di personaggio serve per portarlo in scena? Serve una figura con presenza, consapevolezza, e un senso di responsabilità verso il pubblico. 

Credits e dove vederlo

Regista: John Ridley
Produttori: John Ridley, Elizabeth Haggard, Regina King

Cast principale: Regina King (Shirley Chisholm) Lance Reddick (Wesley McDonald "Mac" Holder) Terrence Howard (Arthur Hardwick Jr. ) Lucas Hedges (Robert Gottlieb) Brian Stokes Mitchell (Stanley Townsend)

Dove vederlo: Netflix

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