Monologo Soon Hee-jo – le emozioni umane | The Great Flood

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~ LA REDAZIONE DI RC

Analisi del monologo di Soon He-jo in "The great flood (2025)"

Il monologo di Soon Hee-jo in The Great Flood è una riflessione spietata sulle emozioni umane e sul loro ruolo nella fine del mondo. Attraverso un tono apparentemente colloquiale, il personaggio smonta l’idea che sentimenti e istinto siano valori da preservare a ogni costo. Parlando dell’Emotion Engine e del caos imminente, Soon Hee-jo anticipa il comportamento umano con lucidità disturbante, includendo anche sé stesso e An-na in questo meccanismo. È un monologo che chiede all’attore controllo, intelligenza e una profonda comprensione del sottotesto morale.

  • Scheda del monologo

  • Contesto del film

  • Testo del monologo (estratto+note)

  • Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa

  • Finale del film (con spoiler)

  • Credits e dove trovarlo

Scheda del monologo

Serie: The great flood (2025)
Personaggio: Soon He-jo
Attore: Park Hae-soo
Minutaggio: 29:30-29:49
Durata: 20 secondi
Difficoltà 7/10 Cambio continuo di registro, rischio di sarcasmo gratuito, pensiero che corre più veloce della parola
Emozioni chiave Scetticismo, cinismo lucido, rabbia compressa, disincanto morale, autoassoluzione

Contesto ideale per un attore nell’interpretarlo personaggi ambigui, antagonisti empatici, figure disilluse ma lucide

Dove vederlo: Netflix

Contesto: "The Great Flood"

Il film si apre in modo intimo e straniante. An-na cerca di dormire accanto al figlio Ja-in, un bambino di sei anni che indossa degli occhialini da nuoto e insiste che fuori ci sia una piscina. Il gioco innocente si mescola subito a un senso di inquietudine: Ja-in invita la madre a infilarsi sotto le coperte e a trattenere il respiro contando fino a trenta. Mentre An-na conta, strani rumori iniziano a farsi strada, fino a rivelarsi per quello che sono: un violento temporale. La quotidianità sembra riprendere il suo corso. An-na parla con la madre, una figura opprimente e ansiosa, mentre Ja-in gioca con la sua tavoletta grafica. Ma qualcosa si spezza improvvisamente: il pavimento di casa comincia ad allagarsi. Affacciandosi alla finestra, An-na vede l’impensabile: la città è completamente sommersa dall’acqua. Una voce robotica annuncia l’inondazione. Ja-in è entusiasta, vorrebbe uscire a giocare, mentre la madre entra in modalità sopravvivenza.

An-na prepara una valigia, prende le medicine del figlio e riceve una telefonata da un responsabile della sicurezza, che le fornisce istruzioni per mettersi in salvo. Poco dopo, però, la corrente salta. Ja-in si nasconde, spaventato dopo essere stato rimproverato, e An-na deve cercarlo nel caos crescente. Quando finalmente escono dall’appartamento, l’edificio è in preda al panico: gli inquilini urlano, l’acqua sale, le scale principali sono intasate da chi tenta di fuggire verso l’alto. Seguendo un percorso secondario, An-na riesce a salire con il bambino, assistendo a scene di puro terrore: persone trascinate via dalla corrente, oggetti che diventano armi. Per tranquillizzare Ja-in, An-na inizia a cantare mentre salgono. Arrivati a un piano superiore, trovano rifugio insieme ad altri sopravvissuti, ma il pericolo non è finito. In una stanza del condominio, An-na vede arrivare verso la finestra un’onda anomala.

L’impatto con l’acqua scatena un trauma profondo. An-na rivive un ricordo del passato: lei, il marito e Ja-in intrappolati in auto durante un incidente in acqua. Tornata nel presente, cerca disperatamente aria e le medicine del figlio, ma tutto viene risucchiato dalla marea. Sott’acqua, Ja-in perde conoscenza. Anche An-na sta per annegare, quando il responsabile della sicurezza riesce miracolosamente a raggiungerli, portarli in superficie e rianimare il bambino. Da questo momento il film si apre a una dimensione più ampia. L’uomo rivela che l’acqua è salata per un motivo preciso: un asteroide ha colpito l’Antartide, causando una reazione a catena che ha sommerso metà del Giappone. An-na scopre che il suo lavoro su un’IA avanzata è cruciale per il futuro dell’umanità. Sono stati creati esseri artificiali in grado di riprodursi, ma manca ancora un’Intelligenza Artificiale dotata di emozioni: l’Emotion Engine.

Durante la fuga, emergono verità sempre più inquietanti. Ja-in ha crisi fisiche senza le sue medicine. L’uomo suggerisce ad An-na che potrebbe “ricrearlo”, riportandolo allo stato di quella mattina, perché possiede tutti i suoi dati. An-na è devastata: per lei Ja-in non è un insieme di dati, ma suo figlio. Un flashback rivela la verità: Ja-in e un’altra bambina sono creazioni dell’Emotion Engine, esperimenti progettati per sviluppare emozioni autentiche attraverso l’esperienza.

Il film continua alternando presente, passato e visioni. An-na cade di nuovo in acqua, prova a salvare una bambina intrappolata in un ascensore, incontra saccheggiatori, rivive l’incidente in cui fu costretta ad abbandonare il marito per salvare il figlio. Tutto sembra ripetersi con variazioni minime, come se la realtà fosse bloccata in un loop. Fino a quando, la donna arriva sul tetto. Qui, viene separata con forza dalle forze speciali. Il bambino viene rasato a zero e l'uomo che era con lei ucciso: non esiste nessun rifugio. La donna dice qualcosa all'orecchio del bambino prima di andarsene, e partire su una missione spaziale, diretti verso delle navi da dove dovranno nascere "i nuovi umani" per ripopolare la terra. Qui, spiega il suo esperimento: creare una mamma e un figlio in maniera digitale, con le loro emozioni. La madre dovrà inseguire il figlio per raggiungerlo, nonostante alcune difficoltà. Ma mentre spiega l'esperimento, una scheggia di un asteroide colpisce la navicella.

Incredibilmente, ci troviamo di nuovo nella mattina del disastro, con la fuga di An-na, dell'uomo, e del figlio. E ancora, ancora, ancora, An-na perde suo figlio, in sequenze sempre più ripetitive e vicine. aun videogioco. Gradualmente, An-na comprende l’orrore finale: ciò che stiamo vedendo non è solo una catastrofe reale, ma una simulazione. Un pattern che si ripete all’infinito. La donna sta rivivendo, migliaia di volte, la ricerca del figlio in un edificio che affonda. Ogni ciclo è un tentativo, un livello superato o fallito. Un dettaglio di regia lo conferma: il numero sulla maglietta di An-na cambia a ogni ripetizione, superando i 20.000 tentativi. Il responsabile della sicurezza non è un antagonista, ma un osservatore. È lì per capire cosa farà An-na, se sarà capace di abbandonare Ja-in come lei stessa fu costretta a fare con il marito. Ma An-na non rinuncia mai. Anche quando scopre che non esiste alcun rifugio, che l’umanità sta per estinguersi, continua a cercare suo figlio.

Nel cuore della simulazione, An-na ritrova Ja-in nascosto in un armadio. Il bambino le ricorda le parole che lei stessa gli aveva detto all’inizio di tutto: di nascondersi lì e aspettare, perché la mamma sarebbe tornata a cercarlo. È il punto di rottura emotivo del film.

Testo del monologo + note

Allora, questo Emotion Engine ha dentro le emozioni umane, i sentimenti, roba così? E’ come un essere umano, allora…? Non capisco, perché dargli emozioni umane. C’è di meglio da inserire. E’ un umano nuovo, avesse qualcosa di nuovo, no? Sul tetto sarà complicato salire sull’elicottero. Le persone faranno a pugni, ci imploreranno, ci assaliranno. Sacrificheranno i genitori e anche i propri figli. La cosa divertente è che anche lei, An-na, spingerà la gente. Farà di tutto per salire. Però non è sbagliato, sa? Perché le emozioni umane funzionano così. 

“Allora, questo Emotion Engine ha dentro le emozioni umane, i sentimenti, roba così?”: attacco curioso ma già giudicante; “Allora” come gancio per prendere possesso della conversazione; ritmo colloquiale, quasi da chi finge leggerezza; micro-pausa dopo “emozioni umane” per assaggiare la parola e valutarla; su “roba così” alleggerisci appena, come se volesse sminuire ciò che in realtà lo inquieta.

“E’ come un essere umano, allora…?”: domanda che non cerca risposta, cerca conferma; lascia sospeso “allora…” con un mezzo sorriso; sguardo laterale verso An-na, come a dire “ti rendi conto?”; non essere aggressivo, sii incredulo.

“Non capisco, perché dargli emozioni umane.”: “Non capisco” va detto con calma, ma è un’accusa mascherata; pausa dopo “Non capisco,”; su “emozioni umane” abbassa leggermente la voce, come se pronunciare quella cosa fosse già un errore.

“C’è di meglio da inserire.”: frase corta, tagliente; tono pragmatico, quasi tecnico; sguardo fermo, come se stesse parlando di un componente; micro-sorriso cinico che dura un istante e sparisce.

“E’ un umano nuovo, avesse qualcosa di nuovo, no?”: qui il pensiero accelera; fai sentire l’impazienza su “nuovo”; “no?” come pressione gentile ma insistente; non trasformarla in battuta: deve sembrare logica… e sotto c’è disprezzo per l’umano “vecchio”.

“Sul tetto sarà complicato salire sull’elicottero.”: cambio registro improvviso: dalla teoria alla realtà; ritmo più lento, concreto; sguardo che si sposta verso l’alto/nel vuoto come se visualizzasse il tetto; tono da previsione, non da minaccia.

“Le persone faranno a pugni, ci imploreranno, ci assaliranno.”: elenco che va costruito in crescendo; “faranno a pugni” secco; pausa breve; “ci imploreranno” più basso (disgusto, non pietà); “ci assaliranno” torna duro; evita il melodramma: è cronaca.

“Sacrificheranno i genitori e anche i propri figli.”: qui il colpo è morale; rallenta su “anche”; sguardo fisso, senza compiacimento; la frase va detta quasi sottovoce, come una verità che ti fa paura ma che non ti sorprende.

“La cosa divertente è che anche lei, An-na, spingerà la gente.”: “divertente” è veleno—dillo con un sorriso appena accennato che non arriva agli occhi; pausa dopo “anche lei,” per puntare il dito senza alzarlo; pronuncia “An-na” con intimità controllata (la conosce, sa dove colpire); “spingerà” va secco, definitivo.

“Farà di tutto per salire.”: frase martello; non accelerare; sguardo diretto, come a vedere già la scena; “di tutto” va appoggiato con una minima inclinazione del capo, come se fosse ovvio.

“Però non è sbagliato, sa?”: svolta morale, quasi assoluzione; “Però” come freno improvviso; ammorbidisci appena il tono su “sa?” come se offrisse una lezione di realismo; sguardo meno accusatorio, più “complice” (ti sto dicendo come funziona).

“Perché le emozioni umane funzionano così.”: chiusa fredda, conclusiva; “funzionano” va detto come termine meccanico, da ingegnere; lascia un silenzio dopo, non per effetto, ma perché la frase è una sentenza sul genere umano… e anche su di lui.

Analisi del monologo di Soon He-jo in "The great flood (2025)"

Il monologo di Soon Hee-jo è costruito come un ragionamento apparentemente informale, quasi casuale, ma in realtà rivela una visione del mondo estremamente coerente e disturbante. Soon Hee-jo non sta semplicemente facendo domande sull’Emotion Engine: sta mettendo in discussione l’intero presupposto emotivo dell’essere umano. L’attacco, con il tono colloquiale e la curiosità solo apparente, serve a creare una falsa leggerezza. È come se il personaggio stesse parlando “a voce alta”, ma ogni frase è un colpo preciso contro l’idea che le emozioni siano un valore da preservare. Quando dice di non capire perché inserire emozioni umane in un nuovo essere, Soon Hee-jo non parla da scienziato, ma da osservatore disilluso. La sua non è ignoranza, è esperienza. Per lui le emozioni non sono ciò che rende l’uomo migliore, ma ciò che lo condanna a ripetere sempre gli stessi errori. L’idea che un “umano nuovo” debba avere qualcosa di diverso sottintende una critica radicale all’umanità attuale: ciò che ci ha definiti finora, secondo lui, è proprio ciò che ci ha portati alla rovina.

Il passaggio dal discorso teorico alla previsione di ciò che accadrà sul tetto è fondamentale. Qui il monologo cambia marcia senza avvisare, ed è proprio questo che lo rende potente. Soon Hee-jo non immagina il caos: lo anticipa con precisione chirurgica. Le persone che si picchiano, implorano, assalgono non sono mostri, ma esseri umani messi alle strette. Il punto più crudele arriva quando cita il sacrificio dei genitori e dei figli. Non c’è indignazione in lui, solo constatazione. È una verità che lo disgusta, ma non lo sorprende.

Il momento in cui include An-na in questa dinamica è il vero centro emotivo del monologo. Dire che anche lei spingerà gli altri per salire sull’elicottero non è un’accusa personale, ma una dimostrazione della sua tesi: nessuno è escluso dal funzionamento delle emozioni umane, nemmeno chi sta cercando di salvarle o riprogrammarle. Soon Hee-jo non gode nel dirlo, ma lo considera inevitabile. È qui che emerge la sua ambiguità più forte: non giustifica il comportamento umano perché lo trova giusto, ma perché lo considera strutturale. La chiusura del monologo, in cui afferma che “non è sbagliato” perché le emozioni umane funzionano così, è una forma di autoassoluzione collettiva. Non c’è speranza di cambiamento, solo accettazione del meccanismo. In scena, questo monologo funziona solo se l’attore evita l’ironia esplicita o il sarcasmo evidente. Soon Hee-jo non è cinico per divertimento: è qualcuno che ha già visto abbastanza da non potersi più permettere illusioni. L’effetto finale deve essere quello di una verità detta con calma, che continua a lavorare nello spettatore anche dopo il silenzio.

Finale di "The great flood"

Il finale rivela definitivamente il senso di tutto. An-na, morente su un’astronave, sceglie di diventare lei stessa il soggetto dell’esperimento. I suoi ricordi vengono uniti a quelli di Ja-in. La simulazione dell’inondazione non è altro che un ambiente emotivo progettato: una madre che insegue eternamente il figlio. Un motore emotivo puro, basato sull’amore, sulla perdita e sulla determinazione. Quando An-na, all’interno della simulazione, riesce finalmente a restituire gli occhialini a Ja-in e a salvarlo, il sistema si blocca. L’esperimento ha funzionato. L’Emotion Engine è nato. L’umanità può tornare sulla Terra. Nel finale, An-na si risveglia insieme al figlio e ad altre navicelle che rientrano sul pianeta. Non è solo una vittoria tecnologica, ma una vittoria emotiva: l’amore materno, reiterato all’infinito, diventa la chiave per la rinascita dell’umanità.

Credits e dove vederlo

Regista: Kim Byung-woo

Sceneggiatura:Kim Byung-woo, Han Ji-su

Produttore: Kim Chun-kyoung

Cast: Kim Da-mi: An-na Koo Park Hae-soo: Hee-jo Kwon Eun-sung: Ja-in Park Byung-eun: Hwi-so Yuna: Ji-su

Dove vederlo: Netflix

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