Monologo - Stanley Tucci da \"The Electric State\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo di Ethan Skate in The Electric State è il manifesto ideologico del personaggio, una dichiarazione di intenti che mescola nichilismo, trauma personale e fanatismo tecnologico. È un momento in cui il film esplicita la sua riflessione sul progresso, sul controllo della realtà e sul prezzo della "pace". Skate, interpretato da Stanley Tucci, incarna l’archetipo del visionario senza scrupoli, un uomo che giustifica qualsiasi azione in nome di un bene superiore, ma la sua visione è distorta da un profondo risentimento verso il mondo e da una personale esperienza di sofferenza.

Siamo in un mare di piscio

MINUTAGGIO: 1:23:39-1:40:41
RUOLO:
Ethan Skate
ATTORE:
Stanley Tucci

DOVE: Netflix


ITALIANO


Il nostro mondo è un caos totale, che galleggia su un oceano di piscio. Lo è sempre stato. Christopher dà all’umanità di lasciarsi questa sofferenza alle spalle. Mia madre beveva tre bottiglie al giorno. Quando era ubriaca era cattiva, quando era sobria, era peggio, ma qui dentro lei è solo teneri abbracci e… peperoni ripieni. E pace. Voglio portare quell pace ad ogni persona qui sulla terra, ad eccezione di alcuni. E’ necessario un sacrificio, per far progredire la specie. Come era all’epoca? Ah, giusto: “Padre, figlio, spirito Santo”. Ok, riportiamo Christopher nel posto che gli appartiene. E magari chiudiamo la porta a chiave, stavolta?

The Electric State

The Electric State è un film di fantascienza diretto dai fratelli Russo e basato sull'omonima graphic novel di Simon Stålenhag. Ambientato in un 1994 alternativo, racconta di Michelle, una ragazza orfana che si avventura in un'America distopica alla ricerca del fratello Christopher, scomparso dopo un misterioso incidente. Ad accompagnarla c’è Cosmo, un robot che sembra avere un legame con lui. Se c’è una cosa che distingue l’opera di Stålenhag, e di conseguenza il film, è la sua estetica unica: un futuro che sembra il passato, in cui la tecnologia avanzata si mescola con un’America decadente fatta di centri commerciali abbandonati, automobili arrugginite e periferie polverose. I fratelli Russo, insieme al direttore della fotografia Trent Opaloch (già con loro in Avengers: Infinity War e Endgame), portano su schermo questa visione con un tocco quasi nostalgico, dove le luci al neon si riflettono su macchine fuori produzione e i vecchi schermi a tubo catodico trasmettono immagini di un mondo che non esiste più.

L’idea di una guerra tra umani e robot, risolta in pochi mesi grazie al Neurocaster, aggiunge un elemento cyberpunk alla narrazione. La tecnologia, invece di essere liberatoria, ha solo reso le persone più passive, immerse in mondi virtuali mentre la realtà si sgretola intorno a loro. Millie Bobby Brown, qui nel ruolo di Michelle, è il fulcro emotivo del film. Accanto a lei troviamo Chris Pratt nei panni di Keats, un contrabbandiere che richiama un po’ Han Solo, e Anthony Mackie nel ruolo del robot Herman.

Analisi Monologo

"Il nostro mondo è un caos totale, che galleggia su un oceano di piscio. Lo è sempre stato." Qui Skate presenta la sua visione dell’umanità: il mondo è irrimediabilmente corrotto, privo di ordine e speranza. Il linguaggio è crudo, volutamente volgare per trasmettere disgusto e rassegnazione. Non c’è alcuna possibilità di redenzione, solo un ciclo di miseria perpetua. Questa affermazione prepara il terreno per la sua "soluzione", rendendola quasi inevitabile agli occhi di chi ascolta. "Christopher dà all’umanità di lasciarsi questa sofferenza alle spalle." Qui emerge la sua convinzione messianica: Christopher, un ragazzo che si scopre essere più di ciò che sembra, è la chiave per "salvare" l’umanità. Ma salvare da cosa? Dalla sofferenza stessa. È una visione che richiama il transumanesimo, il desiderio di trascendere i limiti biologici e psicologici dell’essere umano per raggiungere uno stato di esistenza superiore.


"Mia madre beveva tre bottiglie al giorno. Quando era ubriaca era cattiva, quando era sobria, era peggio, ma qui dentro lei è solo teneri abbracci e… peperoni ripieni. E pace." Qui il monologo si sposta su un piano più intimo. Skate condivide un ricordo personale, una finestra sulla sua infanzia segnata dall’abuso. La madre alcolizzata rappresenta per lui la crudeltà insensata del mondo reale. Ma nella sua nuova realtà virtuale, creata grazie alla tecnologia, lei non è più un mostro: è solo una figura amorevole che cucina peperoni ripieni. Questa frase mostra come la sua missione non sia solo razionale, ma anche profondamente emotiva. Skate vuole cancellare il proprio dolore. La sua ossessione per il controllo della realtà nasce da un desiderio di riscrivere il passato, di correggere tutto ciò che lo ha ferito.

"Voglio portare quella pace ad ogni persona qui sulla terra, ad eccezione di alcuni." Questa frase segna il passaggio definitivo da una visione utopistica a una distopica. Skate non sta parlando di pace per tutti, ma di pace selettiva. Alcuni devono essere esclusi. Alcuni devono essere sacrificati. Chi sono questi "alcuni"? Coloro che si oppongono al suo ideale, coloro che non rientrano nella sua visione del futuro. È il classico pensiero totalitario: il bene comune giustifica la cancellazione degli individui che non vi si conformano.


"E’ necessario un sacrificio, per far progredire la specie." L’idea del sacrificio è ricorrente in molte ideologie totalitarie e in molte narrazioni fantascientifiche: l’umanità non può evolversi senza perdere qualcosa. Ma qui il sacrificio non è volontario: è imposto. Skate si erge a divinità che decide chi deve vivere e chi deve morire per il "bene superiore".

"Come era all’epoca? Ah, giusto: ‘Padre, figlio, spirito Santo’." Con questa frase, Skate parodizza la religione, suggerendo che la sua visione del mondo sia il nuovo dogma. Lui non crede in Dio, ma si pone come un nuovo creatore, un uomo che ha il potere di ridisegnare la realtà. "Ok, riportiamo Christopher nel posto che gli appartiene. E magari chiudiamo la porta a chiave, stavolta?"


Il finale del monologo è gelido nella sua praticità. Dopo aver esposto la sua filosofia, Skate ritorna all’azione: Christopher deve essere riportato sotto controllo. La porta da chiudere a chiave è un simbolo del destino di Christopher, ma anche del modo in cui Skate vede l’umanità: chiusa in una gabbia dorata, privata della sofferenza, ma anche della libertà.

Conclusione

Il monologo di Ethan Skate è un concentrato di pensiero distorto, motivato da un trauma personale e giustificato da un’ideologia che elimina ogni concetto di etica individuale. Il suo cinismo iniziale si evolve in una visione messianica in cui lui è il portatore della "pace", ma a un costo inaccettabile.

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