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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Steve in Stranger Things 5 segna uno dei momenti più maturi del personaggio. In mezzo al caos e alla paura, Steve riesce a trasformare informazioni frammentate in un piano chiaro per sconfiggere Vecna, assumendo una leadership concreta e credibile. Non urla, non impone: spiega, connette, guida. È una scena che funziona perché unisce ironia, urgenza e responsabilità, mostrando come Steve non sia più solo il protettore del gruppo, ma la mente pratica capace di indicare una direzione quando tutto sembra perduto.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Finale del film (con spoiler)
Credits e dove trovarlo
Durata: 34:00-35:12
Minutaggio: 1 minuto 12 secondi
La storia si apre con un flashback del 1983, in cui Will viene catturato dal Demogorgone e consegnato a Vecna, che sembra avviare un piano a lungo termine. Nel 1987, Hawkins è ormai una città in quarantena dopo l’invasione del Sottosopra. I ragazzi, Mike, Dustin, Lucas e Will cercano di mantenere viva la memoria di Eddie e continuano la loro battaglia contro Vecna, mentre la città è presidiata dall’esercito. Undi (Eleven) si allena duramente con Hopper e Joyce, mentre varie squadre dei protagonisti tentano di coordinarsi tramite radio per localizzare Vecna, ormai introvabile da tempo. Durante una ricognizione militare nel Sottosopra, Hopper rimane isolato e Will percepisce attraverso una visione, come se fosse dentro la mente del Demogorgone, che una minaccia sta raggiungendo la casa di Mike e Nancy.
In quel preciso momento, infatti, Holly, la sorellina, viene attaccata dal Demogorgone nella sua stanza Holly riesce a fuggire inizialmente, ma viene comunque rapita e trascinata nel Sottosopra. Nancy e Mike scoprono che la bambina parlava di un misterioso “Signor Cosè”. Indagando e interrogando la loro madre Karen ferita, scoprono che il vero nome dell’entità è Henry. I pezzi si incastrano: Cosè è Vecna, che ha manipolato Holly prima del rapimento. Undi e Hopper si inoltrano nel Sottosopra per cercare la bambina. Nel frattempo, Will capisce che Vecna sta usando un legame mentale con lui e riesce a percepire ciò che Holly vede e sente, come se Vecna stesse sfruttando la sua connessione per comunicare o spiare attraverso i bambini presi di mira. Infine una visione rivela che Holly è nella “casa” di Henry, una versione illusoria e idilliaca creata da Vecna: non è l’unica, perché lui vuole radunare tutti i bambini che ha scelto come vittime...
Vecna prende di mira un altro bambino: Derek. Il piano dei ragazzi è attirare il Demogorgone a casa sua e inserirgli una ricetrasmittente, così da seguire il mostro fino al nascondiglio di Vecna. Intanto Holly, nella falsa realtà costruita da Henry, scopre messaggi misteriosi e si addentra nel bosco, spiata da una creatura. Undi e Hopper combattono contro una squadra dell’esercito nel Sottosopra e distruggono un’arma sonica che stava bloccando i poteri della ragazza, riuscendo poi a riprendere la ricerca della bambina. Will conferma che Vecna sta “raccogliendo” bambini e che il suo legame mentale con la mente alveare non si è mai del tutto spezzato . L’episodio si apre con Derek, ancora sotto shock, che si sveglia nel fienile dove Joyce e gli altri stanno cercando di proteggerlo. La donna tenta di farlo ragionare, ma Derek vuole scappare: Vecna gli ha detto tutt’altro. Proprio allora il Demogorgone irrompe nel fienile. Will, che continua ad avere visioni dal punto di vista della creatura, “vede” tutta la scena attraverso i suoi occhi. Joyce prova a difendere il bambino con un’accetta, ma la svolta arriva quando Steve piomba dentro guidando un’auto e investe il Demogorgone.
L’idea folle è seguirlo nel portale, sfruttando la scia della creatura. La macchina entra nel Sottosopra per un soffio, con a bordo Steve, Dustin, Jonathan e Nancy. Nel Sottosopra, la nebbia è così fitta che a un certo punto perdono di vista il Demogorgone e si schiantano contro un muro viscido, tipico delle superfici organiche create da Vecna. Intanto Will continua a “sentire” il Sottosopra: ha nuove visioni di bambini sedati, collegati a tentacoli come se fossero respiratori viventi. Capisce che Vecna sta seguendo uno schema: vede quattro spirali, un numero che si ripeterà fino ad arrivare a dodici bambini rapiti.
Nel frattempo, Max e Holly danno un nuovo tassello al mistero. Holly, attirata da una lettera scritta da Henry/Vecna, attraversa un passaggio nel muro e viene raggiunta da Max, viva e cosciente dopo la lunga degenza. Max la conduce in un luogo surreale: una casa immersa in una savana luminosa. Spiega alla bambina che ciò che vede non è reale, ma un ricordo composito, la prigione mentale in cui Henry intrappola le sue vittime.
Per recuperare i bambini sequestrati dai militari, Robin propone un piano in stile La Grande Fuga: entrare da un tunnel sotterraneo e liberare i piccoli prigionieri. Ma serve una talpa, qualcuno dall’interno… Derek è l’uomo giusto, ma le cose precipitano e, proprio quella notte… Arriva Vecna.

Non ci serve un fagiolo magico per risalire. (Intorno a lui i ragazzi parlano a voce alta)Non ci serve un fagiolo magico! (Tutti si fermano e lo guardano)Scusate. Dico… che non… non ci serve un fagiolo magico. Abbiamo già la pianta, proprio qui. Allora, questa torcia è la torre radio dello Squawk, e la molla è il ponte. (Inizia a simulare l’azione con la torcia e la molla) Non possiamo arrivare all’abisso dalla torre, giusto? Ma Max ha detto che Vecna sta avvicinando i nostri mondi, quindi? Aspettiamo. Lo lasciamo fare, e aspettiamo. Mentre lui li avvicina sempre di più, sempre di più. E quando siamo vicini la torre radio toccherà una spaccatura e Bam! Undi fa quella cosa della meditazione, entra nella mente di Vecna e gli tende un’imboscata. Beccati questa, testa di cazzo! E così fermeremo l’incantesimo e i mondi non si sposteranno. Uala! La pianta di fagioli è perfetta. A noi non resta che arrampicarci nell’Abisso.
“Non ci serve un fagiolo magico per risalire.”: detto “tra sé e sé”, come un ragionamento che prende forma; non cercare attenzione subito, tono pratico; sguardo che misura il gruppo nel caos.
“Non ci serve un fagiolo magico!”: alza la voce per bucare il rumore, non per dominare; attacco netto, quasi comico ma con urgenza reale; subito dopo, fermo immagine: ascolta il silenzio che si crea.
“Scusate.”: piccolo reset emotivo; abbassa il volume, un mezzo sorriso di auto-consapevolezza; sguardo rapido che chiede permesso senza umiliarsi.
“Dico… che non… non ci serve un fagiolo magico.”: le esitazioni sono vere, non recitate; è Steve che raddrizza la rotta e si fa chiaro; pausa dopo “Dico…” come se cercasse le parole giuste davanti a tutti.
“Abbiamo già la pianta, proprio qui.”: tono incoraggiante, quasi “ve la faccio semplice”; indica fisicamente “qui” (torace/mani) per rendere concreto il concetto; energia che torna su.
“Allora, questa torcia è la torre radio dello Squawk, e la molla è il ponte.”: ritmo da spiegazione a bambini intelligenti; mani in scena, dimostrazione chiara; non fare il professorino: Steve è pratico, non accademico.
“Non possiamo arrivare all’abisso dalla torre, giusto?: domanda per includere il gruppo, non per metterli alla prova; sguardo che cerca conferme (uno per uno), micro-pausa dopo “giusto?” per farli annuire.
“Ma Max ha detto che Vecna sta avvicinando i nostri mondi, quindi?”: qui scatta la connessione; “quindi?” è il clic mentale; alza appena le sopracciglia come se avesse appena capito l’incastro.
“Aspettiamo.”: parola secca e coraggiosa; non suonare passivo: è una decisione strategica; pausa breve prima e dopo per farla pesare.
“Lo lasciamo fare, e aspettiamo.”: ripetizione come martello; la seconda “aspettiamo” più calma, più autorevole; sguardo fermo: sta chiedendo fiducia.
“Mentre lui li avvicina sempre di più, sempre di più.”: accelerazione leggera, come un metronomo che stringe; le mani possono avvicinare torcia e molla a piccoli step; “sempre di più” la seconda volta è più inquieta.
“E quando siamo vicini la torre radio toccherà una spaccatura e Bam!”: costruisci suspense e poi scarica su “Bam!”; “Bam” non dev’essere solo comico: è la visualizzazione del momento decisivo; breve sorriso di adrenalina.
“Undi fa quella cosa della meditazione, entra nella mente di Vecna e gli tende un’imboscata.”: tono rispettoso su Undi, non ridicolo; “quella cosa della meditazione” è linguaggio di Steve (semplice), ma l’azione è seria; ritmo chiaro, a scalini.
“Beccati questa, testa di cazzo!”: valvola di sfogo del gruppo; non urlare “da bullo”, ma da soldato stanco che si dà coraggio; un lampo di rabbia comica che dura un secondo e poi sparisce.
“E così fermeremo l’incantesimo e i mondi non si sposteranno.”: torna il leader; “fermeremo” è inclusivo; rallenta su “non si sposteranno” come a promettere stabilità; sguardo che cerca l’assenso collettivo.
“Uala!””: scarico di tensione; piccolo sorriso, quasi infantile; attenzione a non farne una gag: è un micro-respiro prima della parte finale.
“La pianta di fagioli è perfetta.”: soddisfazione semplice, come “fila”; tono convinto ma non tronfio; annuisce a se stesso.
“A noi non resta che arrampicarci nell’Abisso.””: chiusa operativa; qui la voce si abbassa e si fa concreta, quasi militare; dopo “Abisso” lascia un silenzio: è la realtà che torna, il rischio vero.
Il monologo di Steve in Stranger Things è uno dei momenti più sorprendenti della stagione finale perché ribalta definitivamente la percezione del personaggio. Steve non è più il braccio, il protettore fisico o il commento ironico del gruppo: qui diventa il traduttore della complessità, quello che prende frammenti di informazioni altrui e li trasforma in un piano comprensibile e attuabile. La scena nasce nel caos, con i ragazzi che parlano sopra di lui, e questo è fondamentale: Steve non entra in scena da leader riconosciuto, ma se lo guadagna interrompendo il rumore.
Il “fagiolo magico” è il modo di Steve e della banda di rendere accessibile l’impossibile. Usa immagini semplici, quasi infantili, per spiegare un concetto cosmico, e così facendo rassicura il gruppo. L’urgenza non viene mai caricata drammaticamente: Steve pensa mentre parla, corregge il tiro, chiede conferme. È una leadership in divenire, non autoritaria. Il momento chiave è quando si scusa: lì Steve dimostra autoconsapevolezza, riconosce di aver alzato la voce e si riallinea al gruppo. È un gesto minuscolo, ma è quello che lo rende ascoltabile.
Il piano in sé non è geniale perché perfetto, ma perché nasce dall’ascolto. Steve non inventa nulla: prende ciò che Max ha detto, ciò che sanno di Vecna, ciò che Undi può fare, e li collega. Questo è il vero salto di maturità del personaggio. Non si mette al centro dell’azione eroica, ma distribuisce i ruoli, dando senso a ognuno. Anche l’insulto a Vecna non è semplice comic relief: è una valvola di sfogo collettiva, un modo per trasformare la paura in energia condivisa.
La chiusura del monologo è volutamente anti-epica. Non c’è un discorso ispirazionale, non c’è promessa di vittoria. Steve dice solo che “non resta che arrampicarci nell’Abisso”. È una frase pratica, quasi militare, che riporta tutti alla realtà del rischio. Ed è proprio qui che la scena diventa risolutiva: Steve non offre speranza astratta, ma direzione concreta. Dal punto di vista attoriale, il monologo funziona solo se giocato in sottrazione, mantenendo un equilibrio delicatissimo tra ironia, urgenza e responsabilità. Se diventa troppo comico, perde autorevolezza; se diventa troppo serio, perde identità. È il punto esatto in cui Steve Harrington diventa, senza proclamarlo, un leader adulto.

L’episodio 5 riprende subito dopo il finale del Volume 1. Will riesce a fermare temporaneamente i Demogorgoni grazie al legame diretto con la mente alveare, rivelando un potere che non è innato come quello di Undici, ma assorbito da Vecna. Vecna tiene 12 bambini prigionieri, tra cui Holly Wheeler, nella sua casa d’infanzia. O meglio, una prigione mentale della stessa. Holly si allea con Max, intrappolata nel paesaggio del villain, e insieme iniziano a esplorare i ricordi traumatici di Henry. Undici, Hopper e Kali fuggono dal laboratorio militare: Kali rivela che la dottoressa Kay ha riattivato il Progetto Indige. Nel sesto episodio abbiamo la scoperta più importante della stagione. Dustin, Nancy, Steve e Jonathan capiscono che: il Sottosopra non è una dimensione autonoma, è un wormhole, un ponte interdimensionale di materia esotica. Collega il mondo reale all’Abisso, vera dimora dei Demogorgoni e del Mind Flayer La Terra non è sotto invasione: è in fase di fusione con un altro mondo. Nel frattempo: Max e Holly trovano una porta che mostra parte del passato oscuro di Henry. Vecna tenta di recuperare il corpo fisico di Max, inviando Demogorgoni in ospedale Lucas corre a salvarla, mentre Will percepisce tutto attraverso la mente alveare. Max viene salvata all’ultimo momento da Lucas e si risveglia, Holly riesce quasi a tornare a Hawkins, ma Vecna la riporta a Camazotz- Will fa coming out con il gruppo: liberandosi della vergogna, annulla il controllo emotivo di Vecna su di lui La scena finale mostra:i tre gruppi che si riuniscono finalmente, Murray che guida il Party attraverso la frattura, l’ingresso nel Sottosopra, da cui partirà l’episodio finale. Holly resta l’unica prigioniera.
Regista: Matt e Ross Duffer
Sceneggiatura: Matt e Ross Duffer
Produttore: Stephanie Slack Margret H. Huddleston
Cast: Winona Ryder (Joyce Byers) David Harbour (Jim Hopper), Finn Wolfhard( Mike Wheeler), Gaten Matarazzo (Dustin Henderson) Caleb McLaughlin (Lucas Sinclair) Noah Schnapp (Will Byers) Millie Bobby Brown (Undici / Jane Ives)
Dove vederlo: Netflix

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