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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Lucky in Aspettando Godot è uno dei momenti più emblematici del teatro dell'assurdo. In una sequenza di parole frenetica e apparentemente priva di senso, Beckett crea un'esplosione verbale che riflette il caos e l'insensatezza della condizione umana. Lucky, fino a quel punto figura passiva e servile, rompe il silenzio con una tirata che mescola linguaggio accademico, religioso e quotidiano, confondendo lo spettatore e rivelando la frammentazione del pensiero e l’impotenza del linguaggio di fronte al vuoto esistenziale.
(Con voce monotona) Considerata l’esistenza così come si evince dai recenti lavori pubblici di Poincon e Wattman di un Dio personale quaquaquaquaqua dalla barba bianca qua qua fuori del tempo dello spazio il quale dall'alto della sua Divina apatia sua Divina apatia sua Divina afasia ci vuol tanto bene salvo alcune eccezioni non si sa perché ma col tempo verrà fuori e a somiglianza della divina Miranda soffre con quanti si trovano non si sa perché ma c'è tutto il tempo nel tormento nel fuoco del cui fuoco le fiamme se continua ancora un poco e come dubitarne finiranno per metter fuoco alle polveri nella fattispecie porteranno l'inferno nei cieli a volte così azzurri ancora oggi e calmi così calmi di una calma che pur essendo intermittente è non di meno la benvenuta ma non anticipiamo e considerando inoltre che a seguito delle ricerche interrotte non anticipiamo delle ricerche incompiute ma tuttavia premiate dell'Accaccaccaccademia di antropopopopometria di Berne-en-Bresse di Tetsu e Conard rimane stabilito senz’altra possibilità di errore a seguito delle ricerche incompiute interrotte di Tetsu e Conard (cominciano i mormorii di Estragone e Vladimiro. La sofferenza di Pozzo aumenta) rimane stabilito lito lito quanto segue segue segue nella fattispecie ma non anticipiamo non si sa perché in seguito ai lavori di Poinon e Wattman risulta altrettanto chiaramente tanto chiaramente che tenendo conto dei tentativi di Fartov e Belcher incompiuti incompiuti non si sa perché diTetsu e Conard incompiuti incompiuti risulta che l'uomo contrariamente all'opinione contraria che l'uomo di Bresse di Tetsu di Conard che l'uomo insomma in breve che l'uomo in breve Insomma malgrado i progressi dell'alimentazione e dell’eliminazione dei residui di lui va via via dimagrendo e al tempo stesso e parallelamente non si sa perché malgrado di incremento della cultura fisica della pratica degli sport quali quali quali quali il tennis il calcio la corsa a piedi in bicicletta (Estragone e Vladimiro si calmano, si fanno di nuovo attenti. Pozzo si agita sempre di più e manda gemiti acuti) il nuoto l'equitazione e l'aviazione l'inculazione il tennis il morfinaggio e il pattinaggio e su ghiaccio e su asfalto il tennis l'aviazione e gli sport e gli sport invernali estivi autunnali autunnali il tennis sull'erba su legno e su terra battuta l'aviazione il tennis ‘hockey su terra su mare nei cieli la penicillina e succedanei Insomma tornando da capo al tempo stesso parallelamente va via via rimpicciolendo non si sa perché malgrado di tennis tornando da capo all'aviazione il golf sia a nove che a 18 buche il tennis sul ghiaccio Insomma non si sa perché in a Seme Seine-et-Oise Seine-et-Marne Marne-et-Oise nella fattispecie al tempo stesso parallelamente non si sa perché va dimagrendo restringendosi tornando da capo Oise Marne insomma la perdita secca per testa di rapa della morte di Voltaire essendo in misura di due dita e centro grammi per testa di rapa circa in media press’a poco cifre tonde buon peso spogliato nudo in Normandia non si sa perché insomma in breve poco importa i fatti parlano e considerato l'altra parte il che è ancora più grave che ne consegue che ancora più grave che alla luce della luce degli esperimenti in corte di Steinweg e Petermann (esclamazioni di Vladimiro ed Estragone. Pozzo si alza di scatto, tira la corda. Tutti urlano. Lucky tira la corda, inciampa, urla. Tutti si gettano su Lucky che si dibatte urlando il suo monologo) ne consegue il che è ancora più grave che ne consegue che ancora più grave alla luce la luce degli esperimenti abbandonati di Steinweg e Petermann che in campagna in montagna in riva al mare ai corsi d'acqua di fuoco l'aria la stessa e la Terra nella fattispecie l’aria e la terra nei grandi freddi l'aria e la terra fatte per le pietre nei grandi freddi purtroppo nel nell'era settima l’etere la terra in mare per le pietre dai grandi abissi i grandi freddi per mare per terra nell'aria accidenti tornando da capo non si sa perché malgrado il tennis i fatti parlano non si sa perché tornando da capo avanti il prossimo insomma in breve purtroppo avanti il prossimo per le pietre chi può dubitarne tornando da capo ma non anticipiamo tornando da capo la testa al tempo stesso parallelamente non si sa perché malgrado il tennis avanti il prossimo la barba le fiamme e i pianti le pietre così azzurre così calme ahimè la testa la testa la testa la testa in Normandia malgrado il tennis le opere abbandonate incompiute più grave le pietre insomma tornando da capo ahimè ahimè abbandonate incompiute la testa il testa in Normandia malgrado il tennis la testa ahimè le pietre Conard Conard (Parapiglia. Lucky riesce ancora a emettere qualche stillo) Tennis!... Le pietre!... Così calme!... Conard!... incompiute!...
Aspettando Godot, capolavoro del drammaturgo irlandese Samuel Beckett, è uno dei testi teatrali più emblematici del XX secolo e un pilastro del cosiddetto "teatro dell'assurdo". Scritto originariamente in francese nel 1948-49 con il titolo "En attendant Godot", e tradotto dallo stesso Beckett in inglese, questo testo esplora temi esistenziali attraverso una trama apparentemente semplice, ma ricca di stratificazioni simboliche.
La storia ruota attorno a due personaggi, Vladimiro e Estragone, che aspettano un certo "Godot" in un luogo non specificato, rappresentato scenograficamente come un paesaggio spoglio con un albero al centro. I due passano il tempo dialogando su argomenti disparati, tra tentativi di comprendere la loro situazione e la possibilità di andarsene, sempre rimandata dal vincolo di aspettare. Godot, figura misteriosa che non appare mai in scena, invia un messaggero a comunicare che arriverà il giorno successivo, perpetuando il ciclo d'attesa.
I personaggi
Vladimir (detto Didi) e Estragon (detto Gogo): Sono una coppia complementare, con dinamiche che ricordano il duo comico del teatro di varietà. Vladimir è più razionale, mentre Estragon è più impulsivo e legato ai bisogni immediati, come mangiare o dormire. Insieme rappresentano la condizione umana nel suo tentativo di dare un senso alla vita.
Pozzo e Lucky: Un padrone e il suo servo, che si incontrano brevemente con Vladimir ed Estragon. Pozzo domina Lucky, portando avanti una relazione di dipendenza e sfruttamento che si complica con il progressivo declino fisico e mentale di entrambi.
Il ragazzo: Messaggero di Godot, appare verso la fine di ciascun atto per annunciare che Godot arriverà "domani".
Il concetto centrale del teatro dell’assurdo, qui incarnato dall’inutilità dell’attesa. Godot è un simbolo aperto, che può rappresentare Dio, il senso della vita, una salvezza mai raggiunta, o addirittura il nulla. Gli eventi si ripetono in modo ciclico, lasciando i personaggi intrappolati in un eterno presente. La memoria confusa di Vladimir ed Estragon riflette l’incapacità di distinguere tra passato e futuro, accentuando l’idea di immobilità esistenziale. Le dinamiche tra i personaggi, specialmente tra Vladimir ed Estragon e Pozzo e Lucky, riflettono l’ambiguità delle relazioni umane. Si dipendono l’uno dall’altro, ma tale dipendenza spesso si traduce in conflitto o incomprensione. Beckett sfida lo spettatore a confrontarsi con il vuoto di senso. La stessa assenza di Godot diventa il cuore dell’opera: un’attesa infinita che mette in discussione l’idea di una risposta definitiva alle domande esistenziali.
Beckett utilizza un linguaggio scarno ed essenziale, che alterna momenti di profondità filosofica a battute di quotidianità spicciola e frammenti comici. Questa oscillazione tra il tragico e il ridicolo crea un senso di disorientamento che rispecchia il contenuto dell’opera.
Il monologo di Lucky in Aspettando Godot è un pezzo straordinario e surreale che incarna il cuore pulsante del teatro dell’assurdo. È una cascata inarrestabile di parole, una tirata senza respiro che, apparentemente priva di senso, rivela il caos della condizione umana.
Lucky, fino a quel momento una figura passiva e servile, prende il centro della scena in modo esplosivo quando gli viene ordinato di "pensare". Il monologo è il suo modo di rispondere, una performance frenetica e disarticolata che contrasta con la sua condizione di sottomissione.
Questo flusso di pensieri verbali ha lo scopo di evidenziare La frustrazione della ricerca del senso: Lucky sembra impegnarsi in un ragionamento pseudo-filosofico che però si perde in circoli viziosi, dimostrando l’impossibilità di trovare risposte definitive.
La degradazione della comunicazione: Nonostante l’apparente struttura formale, il discorso crolla in una giungla di ripetizioni, nonsensi e parodie di linguaggi scientifici e religiosi. Il contrasto con la condizione servile di Lucky: Il suo monologo è un raro momento in cui esprime un’identità, ma lo fa attraverso un discorso confuso che mette in discussione la stessa possibilità di senso.
Il monologo di Lucky è un flusso di coscienza che parodizza diversi linguaggi: quello accademico e scientifico, quello religioso, quello sportivo e quotidiano. Il monologo è un’esplorazione della mente frammentata. Lucky, nonostante il suo apparente sapere, dimostra che il pensiero umano è incapace di coerenza di fronte al caos dell'esistenza. Beckett si prende gioco della fiducia cieca nelle istituzioni, siano esse scientifiche o spirituali. Entrambe, suggerisce il monologo, sono insufficienti a spiegare la condizione umana. Il discorso di Lucky, sebbene articolato, si rivela vacuo. Questo evidenzia l’incapacità del linguaggio stesso di catturare la complessità e l’assurdità dell’esistenza.
Il tono è monotono ma al tempo stesso incalzante, creando un senso di oppressione crescente. Le ripetizioni e le accumulazioni verbali intensificano la confusione, fino al collasso finale. Lucky si consuma nel suo stesso parlare, rendendo il monologo un atto di auto-annientamento. Il monologo non è fatto per essere "capito" nel senso tradizionale, ma per essere esperito. Lo spettatore è trascinato in una spirale di nonsense che riflette l'assurdità della condizione umana. È disturbante, comico e tragico allo stesso tempo.
Il monologo di Lucky rappresenta una critica spietata alla pretesa umana di trovare risposte definitive attraverso il linguaggio, la scienza o la religione. Con il suo ritmo incalzante e il suo tono opprimente, trasforma la parola in un atto di auto-annientamento, svelando l’incapacità di attribuire senso a un’esistenza intrisa di caos. È un momento di pura teatralità che, più che chiarire, amplifica l’assurdità della condizione umana, invitando il pubblico a confrontarsi con il vuoto e l’incertezza senza alcuna via di fuga.
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