Monologo - Tilda Swinton in \"La stanza accanto\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

INTRODUZIONE AL MONOLOGO

Nel monologo di Martha, interpretata da Tilda Swinton in La stanza accanto, Pedro Almodóvar concentra tutta la complessità del rapporto tra genitore e figlio, un tema che il regista ha spesso esplorato nel corso della sua carriera. In queste parole, dense di rimpianto e vulnerabilità, emergono i conflitti interiori di una madre che ammette, forse per la prima volta, di aver fallito nel ruolo più intimo della sua vita. Attraverso un flusso di coscienza ricco di dettagli, Almodóvar delinea il ritratto di una donna divisa tra ambizioni personali, colpe mai risolte e il bisogno di riconciliarsi con il proprio passato nel momento in cui si avvicina alla fine della sua esistenza.

MIA FIGLIA E IO...

MINUTAGGIO: 6:30-8:20

RUOLO: Martha

ATTRICE: Tilda Swinton
DOVE: Al cinema



ITALIANO


Si. Quando all’inizio avevo deciso di rinunciare a ogni terapia gliel’ho detto. Lei ha detto solo… "la scelta è tua", punto. Come se fosse insignificante, e non avessi a che fare con lei. A stento ci sentiamo. Se la passa bene, fa l’agente di musicisti classici da un pò, si… ti sembrerà orribile, ma non riesco proprio a sentirla figlia mia. Mi sono spesso immaginata che l’avessero scambiata dopo il parto. Non le sono mai interessata come madre. Ero un’adolescente quando l’ho avuta. Non sapevo che fare con una bimba. E quando abbiamo iniziato alla rivista Fiever, te lo ricordi? Praticamente vivevamo di notte. Te la ricordi la New York anni ‘80? Tutte quelle cose importanti succedevano di notte. E poi andai a lavorare come corrispondente di guerra. Sempre in viaggio, si. Ovviamente mi ha penalizzata. Il lavoro mi ha completamente assorbita. Non ho mai fatto quello che una madre dovrebbe fare. Ma Michelle ha cominciato a odiarmi molto prima che stessi via tanto. Ho sempre sentito il suo risentimento fin da quando era una bambina. Su questo era molto chiara. Non reggeva il peso di non avere un padre. Vedeva altri ragazzi con i padri e voleva sapere del suo. All’inizio le dissi che non sapevo chi fosse ma… questo peggiorò le cose. Le stavo mentendo. Ovviamente sapevo chi era suo padre. Si chiamava Fred. Uscimmo per qualche mese, prima che fosse richiamato. E poi partì per la guerra, verso la fine del Vietnam. Quando tornò, un anno dopo era… un’altra persona. Era un giocattolo rotto. Michelle cominciò a fare domande su suo padre appena cominciò a parlare. Ma non è una cosa che puoi spiegare a una bambina, vero? Alla pubertà avevo già iniziato a scavare un abisso tra di noi. E andò avanti fino all’adolescenza. Ma allora io già non c’ero più. Ero ormai a New York, con te, a vivere la mia vita. Avevo incontrato Fred, per informarlo della cosa.

LA STANZA ACCANTO

"La stanza accanto" è un film del 2024 diretto da Pedro Almodóvar, segnando il suo debutto in un lungometraggio in lingua inglese. Il film è un adattamento del romanzo "Attraverso la vita" di Sigrid Nunez e vede protagoniste Tilda Swinton nel ruolo di Martha e Julianne Moore in quello di Ingrid.


La trama segue la storia di Martha, una reporter di guerra affetta da un cancro terminale, che decide di porre fine alla sua vita in modo dignitoso. Per realizzare questo proposito, si rivolge a Ingrid, una sua vecchia amica e scrittrice di successo, con la quale aveva interrotto i rapporti anni prima a causa di un litigio. Ingrid accetta di assisterla nel suicidio assistito, e insieme si ritirano in una casa isolata nel New England, immersa nella natura, dove trascorrono gli ultimi giorni di Martha riflettendo sulla loro amicizia, le scelte di vita e la morte.


Il film affronta temi complessi come l'eutanasia, l'amicizia e la ricerca di dignità nel fine vita, mantenendo il tocco distintivo di Almodóvar nel trattare argomenti profondi con sensibilità e umorismo. "La stanza accanto" è stato presentato in anteprima mondiale alla 81ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, dove ha vinto il Leone d'oro al miglior film.

ANALISI MONOLOGO

Questo monologo di Tilda Swinton nel film La stanza accanto è un momento di grande intensità emotiva e rappresenta un microcosmo del viaggio interiore del suo personaggio, Martha. Almodóvar lo costruisce come una confessione che si snoda tra il rimorso, l’autoanalisi e una sorta di distaccata accettazione di sé stessa e delle sue colpe.


Martha rivela il suo rapporto frammentato con la figlia, Michelle, un rapporto in cui la distanza emotiva si è trasformata in una frattura quasi irreparabile. Fin dalle prime battute, percepiamo il senso di alienazione che Martha prova verso sua figlia: "Non riesco proprio a sentirla figlia mia." Questa frase è devastante, perché è un'ammissione di una colpa che Martha non cerca nemmeno di razionalizzare o mitigare. Almodóvar utilizza questo monologo per esplorare il tema dell’inadeguatezza genitoriale, ma lo fa attraverso una lente che non giudica, lasciando spazio alla complessità delle emozioni. L’ammissione che "non sapevo che fare con una bimba" umanizza Martha, presentandola non come una madre "cattiva", ma come una donna intrappolata nelle sue stesse incapacità.


Quando Martha parla della New York degli anni '80 – un periodo emblematico per la cultura underground e la sperimentazione artistica – vediamo come il lavoro e la vita notturna l’abbiano completamente assorbita. Questa parte del monologo è quasi nostalgica, ma non è celebrativa: è un’ammissione di come la scelta di "vivere di notte" abbia portato a trascurare le responsabilità genitoriali.


Almodóvar usa la città come simbolo di un’epoca in cui Martha, giovane e idealista, ha vissuto un sogno, ma a costo di abbandonare le sue radici personali. È un dualismo classico nelle storie di Almodóvar: la tensione tra il perseguire i propri desideri e i legami affettivi.


La figura del padre, Fred, è centrale nella relazione disfunzionale tra Martha e Michelle. Martha tenta di spiegare la distanza tra loro riconducendola all’assenza del padre, ma anche qui emerge una verità più profonda: "Le stavo mentendo. Ovviamente sapevo chi era suo padre." Questo dettaglio è cruciale, perché rivela quanto Martha si sia trovata in conflitto tra il proteggere sua figlia e il nascondere una realtà troppo dolorosa.


La descrizione di Fred come "un giocattolo rotto" è una delle immagini più potenti del monologo. Suggerisce la devastazione della guerra – un tema che permea il film – ma sottolinea anche come Michelle abbia ereditato un’eredità di perdita e trauma. Questo rende la situazione di Martha ancora più complessa: una donna che ha cercato di proteggere sua figlia da una realtà difficile, fallendo nel processo.


Il monologo culmina nel riconoscimento che il distacco emotivo si è cementato durante l'adolescenza di Michelle. Martha si prende la responsabilità della rottura, ma lo fa senza autocommiserazione: "Ero ormai a New York, con te, a vivere la mia vita." Questa frase è cruda e diretta, quasi un colpo di scena, perché riduce tutta la complessità della relazione madre-figlia a un atto di egoismo consapevole.


Almodóvar riesce a far emergere qui una dimensione tipica del suo cinema: la madre non è un'eroina, né un'antagonista, ma un essere umano che si muove tra sbagli e rimpianti. La decisione di Martha di affrontare questo passato proprio alla fine della sua vita è un gesto di redenzione personale, anche se tardivo.


Il monologo è una riflessione sul rimpianto e sull’incapacità di conciliare ambizioni personali e doveri familiari. Tilda Swinton interpreta Martha con una vulnerabilità che trasforma queste parole in un flusso di coscienza autentico, quasi come se stesse cercando di capire sé stessa mentre parla.


La scrittura di Almodóvar si distingue qui per la sua precisione emotiva: ogni frase aggiunge uno strato al personaggio, senza mai scivolare nel melodramma. Questo è il cuore del cinema di Almodóvar: affrontare l’umanità dei suoi personaggi senza filtri, ma con infinita empatia.

CONCLUSIONE

Il monologo di Martha si chiude su una nota di rassegnazione e verità, lasciandoci con un ritratto struggente di una madre che ha scelto, o forse subìto, la distanza come forma di sopravvivenza. La performance di Tilda Swinton, unita alla scrittura precisa e priva di compromessi di Almodóvar, ci regala un momento di rara autenticità, in cui il dolore e il rimpianto non cercano giustificazioni, ma si presentano nella loro cruda bellezza.

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