Monologo - Tom Hanks in \"Apollo 13\"

Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!


Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo di Jim Lovell arriva alla fine di Apollo 13, e chiude il cerchio narrativo con un tono pacato, riflessivo, ma pieno di sfumature emotive. Non c’è retorica, non c’è enfasi eroica. Solo una voce che racconta i fatti, come se stesse sfogliando un album di ricordi — uno di quelli che non hai bisogno di abbellire, perché parlano da soli. Questo monologo funziona come epilogo narrativo ma anche come sguardo disilluso e profondamente umano sulla memoria, sul tempo e sul concetto di "successo". Dopo un’intera pellicola costruita sulla tensione, sull’azione e sul problem solving, questa chiusura rallenta il ritmo e porta il film in una dimensione più intima, quasi documentaristica. Lovell non parla più come comandante in missione, ma come uomo che guarda indietro, facendo i conti con quello che è stato e, soprattutto, con quello che non è stato.

Un fallimento di grande successo

MINUTAGGIO:

RUOLO: Jim

ATTORE: Tom Hanks

DOVE: Amazon Prime Video

ITALIANO

La nostra missione fu definita un fallimento di grande successo perché tornammo sani e salvi, ma sulla Luna non ci arrivammo mai. Più tardi venne accertato che una serpentina di riscaldamento difettosa all'interno dei serbatoi di ossigeno aveva provocato una scintilla durante il rimescolamento a freddo, causando l'esplosione sulla Odyssey. Si trattava di un difetto minore, prodottosi due anni prima che io venissi nominato comandante del volo. Fred Haise sarebbe dovuto andare sulla Luna con l'Apollo 18, ma la sua missione fu annullata a causa dei tagli di bilancio. Non volò più nello spazio. E neppure Jack Swigert, che lasciò la NASA e fu eletto al Congresso per lo Stato del Colorado. Ma morì di cancro prima di assumere la carica. Ken Mattingly andò in orbita intorno alla Luna come pilota del modulo di comando dell'Apollo 16, e comandò uno Shuttle senza mai avere avuto il morbillo. Gene Kranz, direttore delle operazioni di volo, è andato in pensione da poco tempo. Molti altri collaboratori del controllo missione sono passati ad altre cose, ma alcuni sono ancora là. E quanto a me, i sette straordinari giorni di Apollo 13 furono i miei ultimi nello spazio. Ho osservato altri colleghi passeggiare sulla Luna e tornare sani e salvi. Seduto in sala controllo, oppure a casa nostra, a Houston. Qualche volta mi sorprendo a guardare la Luna, ricordando gli incredibili eventi del nostro lungo viaggio, pensando alle migliaia di persone che lavorarono per riportare noi tre a casa. Guardo la Luna e mi chiedo: quando ci torneremo? E chi ci andrà questa volta

Apollo 13

Apollo 13”, diretto da Ron Howard nel 1995, è un film che racconta una delle missioni spaziali più delicate della storia della NASA. Ma attenzione: non è un film sullo spazio in senso astratto. È un film sull’imprevisto, sulla tensione, sul fallimento tecnico e sulla capacità umana di adattarsi, risolvere e sopravvivere. E lo fa senza bisogno di drammatizzare in modo artificiale: si affida ai fatti, e proprio per questo fa effetto. La missione Apollo 13 è la settima del programma Apollo e la terza che avrebbe dovuto portare degli astronauti sulla Luna. Ma a differenza delle precedenti, questa non arriverà mai sul suolo lunare. Il film racconta esattamente questo: una missione quasi compiuta, che diventa un’odissea di sopravvivenza nello spazio. Siamo nel 1970, in un’America che si è già un po’ abituata all’idea di andare sulla Luna. Non c’è più il clamore dell’Apollo 11. C’è una certa routine, quasi noia. Ed è proprio questa missione "di serie B", in partenza il giorno 11, con equipaggio secondario rispetto alle grandi star della NASA, che diventa leggenda.

Il film segue da vicino i tre astronauti della missione: Jim Lovell (Tom Hanks), Fred Haise (Bill Paxton) e Jack Swigert (Kevin Bacon). Dopo il declassamento del membro originale Ken Mattingly (Gary Sinise) a causa del rischio che potesse sviluppare il morbillo, Jack viene inserito come sostituto all’ultimo minuto. Questo cambio, apparentemente minore, viene trattato con un certo peso: è l’elemento che simboleggia come, nella missione, le cose non partano col piede giusto sin dall’inizio. Dopo il decollo, tutto sembra andare secondo i piani. Ma tre giorni dopo la partenza, arriva l’evento che dà forma a tutto il film: un’esplosione nel modulo di servizio, causata da un guasto a un serbatoio di ossigeno. È lì che viene pronunciata una delle frasi più iconiche del cinema moderno (che nella realtà fu leggermente diversa):  "Houston, we have a problem." Da quel momento, la trama cambia completamente tono e ritmo. La missione non è più "andare sulla Luna", ma tornare vivi sulla Terra. Il modulo lunare, che doveva servire solo come alloggio temporaneo per scendere sul suolo lunare, diventa un’ancora di salvezza per l’intero equipaggio. Ma non è progettato per ospitare tre persone così a lungo. Si inizia una corsa contro il tempo fatta di calcoli manuali, razionamento dell’ossigeno, improvvisazioni tecniche. Il centro di controllo della NASA a Houston, guidato dal direttore di volo Gene Kranz (Ed Harris), diventa l’altro protagonista del film. Il modo in cui gli ingegneri riescono, con materiali limitati e in condizioni di pressione altissima, a trovare soluzioni per riportare gli astronauti a casa è uno dei punti più affascinanti del film. Il dialogo tra ingegno umano e tecnologia portata al limite è costante.

Analisi Monologo

Il tono del monologo è secco, cronachistico. Lovell elenca fatti, date, nomi, incidenti. Ma sotto la superficie c’è un flusso emotivo costante. Ogni frase che sembra neutra (“Fred Haise sarebbe dovuto andare sulla Luna…”) contiene una perdita. Ogni aggiornamento su un collega è una piccola parabola umana: speranze, interruzioni, destini sospesi. Lo spettatore viene portato dentro il tempo che passa, e lo sente. L’uso del passato prossimo e dei dettagli precisi (“una serpentina di riscaldamento difettosa”, “una scintilla durante il rimescolamento a freddo”) serve a radicare la vicenda nel reale. È come se Lovell volesse sottolineare che non c’è niente di mitico, niente di romanzato: è successo davvero. È un modo elegante per dire questa è la verità, e merita di essere ricordata così com'è. Il concetto centrale del monologo è il “fallimento di grande successo”. È un ossimoro, ma racchiude il senso profondo dell’intera vicenda. La missione non ha raggiunto l’obiettivo — non sono mai atterrati sulla Luna — ma ha mostrato qualcosa di più difficile: l’arte di sopravvivere a un imprevisto totale. Lovell lo dice quasi senza peso, ma quella frase iniziale — “la nostra missione fu definita un fallimento di grande successo” — porta con sé tutto: la frustrazione, l’orgoglio, il rimpianto. È il punto di vista di qualcuno che sa che la storia lo ha già giudicato, ma che continua a interrogarsi sul valore reale di ciò che ha vissuto.

C’è anche un tema forte di trasformazione personale. L’Apollo 13 è stato l’ultimo volo nello spazio per Jim Lovell. Non c’è un tono di rimpianto esplicito, ma c’è una nostalgia lucida. “Ho osservato altri colleghi passeggiare sulla Luna… seduto in sala controllo, oppure a casa nostra, a Houston.” Questa immagine è potentissima: il comandante che ha sfiorato la Luna, ma che l’ha guardata poi da lontano, come spettatore. Non c’è rabbia, solo consapevolezza. L’ultima domanda — “quando ci torneremo? E chi ci andrà questa volta?” — è aperta, e volutamente senza risposta. Non è solo una domanda sul futuro dell’esplorazione spaziale. È un modo per dire che la storia non è finita. Che ci sarà un'altra occasione, per qualcun altro, in un altro tempo. È una chiusura che lascia spazio.

Conclusione

Il monologo finale di Jim Lovell è il vero atterraggio del film. Dopo la tensione, dopo il caos e la paura, arriva un momento di chiarezza. È un atto di memoria, ma anche una riflessione sul senso di ciò che facciamo quando nessuno ci guarda. Sul fatto che ci sono viaggi che non portano dove volevamo, ma che rivelano chi siamo nel momento in cui tutto sembra andare perduto.

Entra nella nostra Community Famiglia!

Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno

Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.


Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.

© Alfonso Bergamo - 2025

P.IVA: 06150770656

info@recitazionecinematografica.com