Monologo - Tom Hiddleston in \"Avengers\"

Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!


Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo di Loki in The Avengers (2012) è uno dei passaggi più disturbanti del film, e non lo è per la violenza in sé, ma per la precisione con cui viene colpito il nervo scoperto di Natasha Romanoff, in arte Vedova Nera. È una vera e propria tortura psicologica, giocata tutta sulla parola. Siamo nella prigione di vetro del Quinjet, Loki è prigioniero dello S.H.I.E.L.D., ma è lui a tenere in pugno la situazione. Entra in scena Natasha, apparentemente calma, diplomatica, professionale. Ma Loki capisce subito il gioco: la sua prigione è trasparente, ma anche lei lo è. Questo dialogo – che poi diventa un monologo di Loki – è costruito per smontarla, colpirla dove sa che fa male.

Il mio piano è scatenare il mostro

MINUTAGGIO:

RUOLO: Loki

ATTORE: Tom Hiddleston

DOVE: Disney+

ITALIANO

Davvero? Riusciresti a cancellare quella nota così rossa? La figlia di Dreykov... San Paolo... l'incendio all'ospedale... Barton mi ha detto ogni cosa. Il tuo registro sta grondando. Il rosso sgorga, e credi che salvare un uomo non più virtuoso di te possa cambiare qualcosa? Questa è la più vile forma di sentimentalismo. La preghiera di un bambino. Patetico! Tu menti e uccidi, al servizio di bugiardi e assassini. Fingi di essere diversa, di avere un tuo codice per espiare gli orrori commessi. Ma sono una parte di te. E non ti lasceranno mai più. Non toccherò Barton, non finché non ti avrà ucciso. Lentamente, interiormente, con tutti i modi che lui sa che tu temi. Poi si sveglierà il tempo necessario per vedere il suo operato, e quando urlerà, gli fracasserò il cranio. È questo il mio patto, vulvetta lamentosa.

Avengers

“Avengers" del 2012, diretto da Joss Whedon — film che ha segnato un momento chiave nella storia del cinecomic contemporaneo. Siamo nel cuore della cosiddetta Fase 1 del Marvel Cinematic Universe, e con questo film si chiude un primo grande cerchio: sei personaggi, ognuno con il suo mondo narrativo e il suo tono, vengono riuniti in un unico racconto corale. Avengers è il primo esperimento concreto di universo condiviso che funziona su scala globale. Prima c’erano stati film come Iron Man, Thor, Captain America: The First Avenger, che gettavano le basi narrative. Ma con Avengers Marvel riesce a dimostrare che è possibile far dialogare stili, generi e protagonisti diversi all’interno di una stessa storia. È come se mettessimo insieme un film di fantascienza, un war movie anni ’40, un dramma mitico, e li facessimo funzionare nello stesso campo da gioco. Tutto questo senza perdere coerenza, e mantenendo intatta l’identità di ciascun personaggio. Un’impresa non da poco.

La sceneggiatura di Whedon è costruita come un grande atto teatrale in tre momenti, con un climax che si consuma nella battaglia finale a New York, diventata poi l’immaginario di riferimento di tutti i film successivi. Ma ciò che rende interessante Avengers non è tanto il “chi vince”, quanto il “come stanno insieme”. Il primo tempo è tutto giocato sullo scontro tra le personalità. Iron Man e Cap, Thor e Hulk, lo scontro tra scienza e fede, tra controllo e caos. Quello che vediamo è una specie di prova di democrazia interna, dove ognuno vuole imporre la propria visione del mondo. Il secondo tempo è la crisi interna: la morte di Coulson serve proprio da detonatore. Ed è lì che nasce il concetto stesso di “Avengers”: non come squadra scelta, ma come reazione emotiva, quasi vendicativa. Il terzo tempo è la resa dei conti, dove il gruppo funziona finalmente come un organismo unico, ma non omogeneo: ognuno agisce secondo il proprio stile e le proprie competenze. Il piano sequenza nella battaglia di New York è emblematico in questo senso: la macchina da presa passa da un personaggio all’altro, senza tagli visibili, mostrando un’azione corale ma individuale.

Loki parla di libertà come illusione, di ordine imposto, di desiderio di essere visti. Ed è forse l’unico a capire davvero che questi "eroi" non sono ancora pronti a essere una squadra. Il suo fallimento è solo apparente: perché, in realtà, è lui a rendere possibile la nascita degli Avengers.

Analisi Monologo

Loki non urla. Non ha bisogno di farlo. La sua arma è la conoscenza. E qui entra in gioco il tema centrale: la colpa. Loki non sta cercando di convincere Natasha a fare qualcosa. Vuole solo farle ricordare chi è davvero, o meglio: chi è stata. La frase iniziale è una domanda tagliente: "Davvero? Riusciresti a cancellare quella nota così rossa?" Quella "nota rossa" è il bilancio delle sue azioni passate, il "libro mastro" della sua vita. È la contabilità morale della Vedova Nera. Loki la scorre come fosse un contabile del peccato: la figlia di Dreykov (richiamo diretto al passato di Natasha, che verrà ripreso anni dopo nel film Black Widow), San Paolo, un incendio, morti innocenti.

Tutto ciò che lei ha cercato di nascondere o seppellire sotto missioni di salvataggio, lo porta in superficie con crudele lucidità. "Tu menti e uccidi, al servizio di bugiardi e assassini." Qui Loki rovescia completamente la retorica dell’eroe. Le dice che non è diversa da lui, che il suo essere “buona” non è altro che un'altra maschera. E questo è interessante, perché il tono è freddo, ma personalissimo. Sembra quasi che Loki la conosca intimamente. E in un certo senso, è vero: conosce il tipo umano che rappresenta. Quello che cerca la redenzione, ma senza sapere se potrà mai ottenerla.

Poi arriva il colpo più duro, quasi sadico: "Non toccherò Barton, non finché non ti avrà ucciso. Lentamente, interiormente, con tutti i modi che lui sa che tu temi." Qui Loki passa dalla colpa personale alla paura del dolore emotivo. Usa Clint Barton come arma simbolica: l’amico, il collega, forse qualcosa di più. E la minaccia che lui possa diventare il suo carnefice è peggio della morte. È come se le stesse dicendo: "Tu stessa ti distruggerai, attraverso le persone che ami".

La frase più disturbante: "È questo il mio patto, vulvetta lamentosa." Traduzione italiana discutibile, ma efficace nel contesto. È un insulto gratuito, sessualizzato, che chiude con brutalità una sequenza tutta costruita su una tensione sottile. Loki smette i panni del dio distante e si abbassa al livello dell’offesa carnale, diretta. Ma anche questo è parte del suo gioco: abbattere ogni dignità rimasta.

Conclusione

La cosa interessante è che, nonostante la potenza emotiva del monologo, non è Loki a vincere. Lui pensa di averle fatto male, e in effetti il pubblico lo pensa con lui. Ma subito dopo, Natasha si volta, tira un sospiro e comunica via radio: “Grazie. Tutto quello che mi serviva sapere.” Ha appena estratto l’informazione chiave: Loki vuole scatenare Hulk. Fine. Missione completata.

Entra nella nostra Community Famiglia!

Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno

Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.


Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.

© Alfonso Bergamo - 2025

P.IVA: 06150770656

info@recitazionecinematografica.com