Monologo - Toni Servillo in \"Il Divo\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo rappresenta il momento più enigmatico e forse rivelatorio del film Il Divo di Paolo Sorrentino. A pronunciarlo è Giulio Andreotti, interpretato da Toni Servillo, in una sorta di confessione intima che si discosta nettamente dalla sua abituale maschera imperscrutabile. Rivolgendosi alla moglie Livia, Andreotti sembra lasciarsi andare a un'apertura emotiva e morale inedita, svelando il paradosso della sua esistenza politica: commettere il male per garantire il bene. Ma questa confessione è reale? È un sogno? È un pensiero che non verrà mai pronunciato ad alta voce? Sorrentino lascia la risposta sospesa, ponendo lo spettatore davanti a un monologo che è al tempo stesso una dichiarazione di colpevolezza e una giustificazione ideologica del potere.

Livia, gli occhi tuoi...

MINUTAGGIO: 1:12:20-1:13:42

RUOLO: Giulio Andreotti
ATTORE:
Toni Servillo
DOVE:
Netflix



ITALIANO


Livia, sono gli occhi tuoi pieni che mi hanno folgorato un pomeriggio andato al cimitero del Verano. Si passeggiava, io scelsi quel luogo singolare per chiederti in sposa – ti ricordi? Sì, lo so, ti ricordi. Gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sapevano, non sanno e non sapranno, non hanno idea. Non hanno idea delle malefatte che il potere deve commettere per assicurare il benessere e lo sviluppo del Paese. Per troppi anni il potere sono stato io. La mostruosa, inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene. La contraddizione mostruosa che fa di me un uomo cinico e indecifrabile anche per te, gli occhi tuoi pieni e puliti e incantati non sanno la responsabilità. La responsabilità diretta o indiretta per tutte le stragi avvenute in Italia dal 1969 al 1984, e che hanno avuto per la precisione 236 morti e 817 feriti. A tutti i familiari delle vittime io dico: sì, confesso. Confesso: è stata anche per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa. Questo dico anche se non serve. Lo stragismo per destabilizzare il Paese, provocare terrore, per isolare le parti politiche estreme e rafforzare i partiti di Centro come la Democrazia Cristiana l’hanno definita “Strategia della Tensione” – sarebbe più corretto dire “Strategia della Sopravvivenza”. Roberto, Michele, Giorgio, Carlo Alberto, Giovanni, Mino, il caro Aldo, per vocazione o per necessità ma tutti irriducibili amanti della verità. Tutte bombe pronte ad esplodere che sono state disinnescate col silenzio finale. Tutti a pensare che la verità sia una cosa giusta, e invece è la fine del mondo, e noi non possiamo consentire la fine del mondo in nome di una cosa giusta. Abbiamo un mandato, noi. Un mandato divino. Bisogna amare così tanto Dio per capire quanto sia necessario il male per avere il bene. Questo Dio lo sa, e lo so anch’io.

Il Divo

"Il Divo" (2008), diretto da Paolo Sorrentino, è un film che racconta la figura enigmatica di Giulio Andreotti, uno degli uomini più potenti della politica italiana del dopoguerra. Il film non segue una narrazione classica biografica, ma costruisce un ritratto frammentato, quasi onirico, che oscilla tra realtà e rappresentazione simbolica del potere. Il film si concentra sul periodo tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90, quando Andreotti, interpretato da Toni Servillo, è al culmine della sua carriera politica e si appresta a guidare il suo settimo governo. È un uomo enigmatico, impenetrabile, circondato da una cerchia di fedelissimi che manovra con astuzia e apparente distacco emotivo. Ma l'Italia sta cambiando: l'ondata di Tangentopoli e le inchieste sulla mafia gettano ombre sul suo operato. La morte di figure chiave della politica e della finanza, come Salvo Lima e Paolo Borsellino, si intreccia con le accuse di collusione tra lo Stato e Cosa Nostra. Andreotti viene indagato per associazione mafiosa e il film segue il suo atteggiamento impassibile di fronte all'ennesima sfida politica e giudiziaria.


Parallelamente, il film tratteggia il suo rapporto con la moglie Livia, il suo fedele entourage e i tormenti interiori che emergono nei rari momenti di introspezione, come nella celebre scena del monologo-confessione in cui per un attimo lascia intravedere il peso del potere e della colpa.

"Il Divo" è una riflessione visiva e narrativa sulla natura del potere in Italia. Sorrentino usa uno stile barocco e visionario, alternando momenti solenni e grotteschi, tra scene di rara eleganza e sequenze surreali che esaltano l'ambiguità del protagonista. Andreotti è ritratto come un uomo imperturbabile, quasi mitologico, che si muove tra intrighi e segreti senza mai perdere il controllo.

Analisi Monologo

La struttura del monologo segue un andamento progressivo e ossessivo, che parte da un ricordo intimo – il giorno della proposta di matrimonio – per poi trasformarsi in un’apertura sempre più profonda sulle responsabilità di Andreotti nelle vicende oscure della storia italiana.


L’elemento chiave è la contraddizione tra la morale comune e la logica del potere. Andreotti descrive se stesso come un uomo costretto a compiere il male per garantire la stabilità del Paese. Il riferimento alle stragi di Stato e alla Strategia della Tensione è esplicito: secondo questa visione, le bombe, gli omicidi e i depistaggi non sarebbero stati errori o deviazioni, ma strumenti necessari per mantenere l’ordine e impedire il crollo delle istituzioni.


L’ossessivo riferimento agli occhi puri di Livia serve a sottolineare il contrasto tra chi, come lei, può permettersi di ignorare certi meccanismi, e chi invece, come lui, deve sporcarsi le mani per il "bene superiore". Il concetto di mandato divino, con cui si chiude il monologo, è il culmine di questa visione: Andreotti si paragona a una figura quasi teocratica, un uomo che agisce nel male con la consapevolezza di operare per un fine superiore.

Conclusione

Questo monologo è uno dei momenti più potenti de Il Divo, perché rappresenta la sintesi del mistero Andreotti: è un'ammissione o un'allucinazione? È un pensiero che non verrà mai detto, una riflessione che rimane confinata nella sua mente, o una verità scomoda che nessuno potrà mai provare?

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