Monologo - Viggo Mortensen in \"The Road\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

INTRODUZIONE AL MONOLOGO

Il monologo d’apertura di The Road, pronunciato da Viggo Mortensen, è una finestra brutale e poetica su un mondo devastato, ridotto a un paesaggio di morte e disperazione. Attraverso le parole del protagonista, lo spettatore viene immediatamente immerso in una realtà in cui il tempo si è fermato, la natura è stata distrutta e la sopravvivenza è diventata l'unico scopo dell’esistenza.

LA VOCE DI DIO

MINUTAGGIO: 3.05-5:43
RUOLO: Padre

ATTORE: Viggo Mortensen
DOVE: Netflix


INGLESE


The clocks stopped at 1:17. There was a long shear of bright light, then a series of low concussions. I think it's October, but I can't be sure. I haven't kept a calendar for years. Each day is more gray than the one before. It is cold and growing colder as the world slowly dies. No animals have survived, and all the crops are long gone. Soon all the trees in the world will fall. The roads are peopled by refugees towing carts and gangs carrying weapons, looking for fuel and food. Within a year, there were fires on the ridges and deranged chanting. There has been cannibalism. Cannibalism is the great fear. Mostly I worry about food, always food. Food and the cold and our shoes. Sometimes I tell the boy old stories of courage and justice, difficult as they are to remember. All I know is the child is my warrant, and if he is not the word of God, then God never spoke.



ITALIANO


Gli orologi si erano fermati all'una e diciassette. Il cielo trapassato da una luce abbagliante. Poi una serie di scosse profonde. Credo sia ottobre. Ma non ne ho la certezza. Sono anni che non ho un calendario. Ogni giorno è più grigio del precedente. Fa freddo, e il freddo aumenta man mano che la gente muore. Non sono sopravvissuti animali, e le coltivazioni sono da tempo sparite. Presto tutti gli alberi del mondo cadranno. Le strade sono popolate da profughi che trascinano carrelli e bande di uomini armati in cerca di carburante e cibo. Nel giro di un anno erano comparse sulle creste delle montagne roghi e macabre litanie allucinate. Era arrivato il cannibalismo. Il cannibalismo è la grande paura. La mia maggiore preoccupazione è il cibo. Sempre il cibo. Il cibo, il freddo, e le nostre scarpe. A volte racconto al bambino vecchie storie di coraggio e giustizia, ormai così difficili da ricordare. L'unica cosa che so è che il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato.

THE ROAD

The Road (2009) è un film post-apocalittico diretto da John Hillcoat, basato sul romanzo omonimo di Cormac McCarthy, vincitore del Premio Pulitzer. Il film, come il libro, narra una storia cruda e struggente di sopravvivenza in un mondo devastato da una catastrofe non specificata, dove l'umanità è ridotta a vivere nella desolazione.


La storia segue un padre (interpretato da Viggo Mortensen) e suo figlio (Kodi Smit-McPhee) che percorrono le strade degli Stati Uniti devastati, cercando di sopravvivere in un ambiente ostile. Il mondo è stato distrutto da un evento catastrofico, che ha portato alla morte della maggior parte della vita sulla Terra. Il paesaggio è grigio e freddo, coperto di ceneri, con vegetazione e animali praticamente estinti. L'umanità si è ridotta a gruppi dispersi di sopravvissuti, molti dei quali sono diventati cannibali a causa della mancanza di cibo.


Il padre e il figlio viaggiano a piedi verso il sud, con la speranza che il clima più caldo possa migliorare le loro possibilità di sopravvivenza. Portano con sé pochissimi beni, tra cui una pistola con due proiettili, riservati per il suicidio se la situazione dovesse peggiorare irrimediabilmente.


Lungo il loro percorso, incontrano varie difficoltà: bande di predatori, risorse sempre più scarse e un ambiente spietato. La loro lotta per sopravvivere diventa una battaglia psicologica e morale, con il padre che cerca di mantenere il figlio al sicuro insegnandogli a restare "uno dei buoni", cioè a non cedere all'orrore e alla disperazione che ha consumato gran parte dell'umanità. Il legame tra padre e figlio è il cuore emotivo del film: la loro relazione, basata sulla fiducia e sul sacrificio, rappresenta l'unica luce in un mondo privo di speranza.

ANALISI MONOLOGO

Questo monologo iniziale di The Road, pronunciato da Viggo Mortensen, introduce lo spettatore nel mondo cupo e desolato che farà da sfondo alla storia, mentre fornisce una profonda introspezione sullo stato mentale del protagonista.


"Gli orologi si erano fermati all'una e diciassette. Il cielo trapassato da una luce abbagliante. Poi una serie di scosse profonde." Questa apertura fa pensare immediatamente a un evento catastrofico globale, come un'esplosione nucleare o un altro tipo di disastro che ha interrotto il normale flusso del tempo e distrutto l'equilibrio della natura. Gli orologi fermi rappresentano simbolicamente la fine del mondo come lo conosciamo, e la "luce abbagliante" potrebbe evocare immagini di devastazione, come un'esplosione atomica o qualcosa di simile. Il protagonista non ha bisogno di descrivere con precisione cosa sia accaduto: ciò che conta è l'impatto devastante, non il dettaglio tecnico.


"Credo sia ottobre. Ma non ne ho la certezza. Sono anni che non ho un calendario." Questo passaggio ci mostra quanto il protagonista sia ormai distaccato dal concetto di tempo. Non c'è più una struttura o un ciclo che segua il passaggio delle stagioni o delle giornate: l'uomo ha perso il legame con le convenzioni temporali che un tempo regolavano la vita. La mancanza di un calendario indica anche la perdita di riferimenti, non solo temporali, ma anche morali e civili. È un mondo fuori dal tempo, dove ogni giorno è una lotta per la sopravvivenza e il passato ha perso significato.


"Ogni giorno è più grigio del precedente." Qui emerge la totale mancanza di speranza. L'ambiente circostante si riflette nel mondo interiore del protagonista: tutto è sempre più tetro e freddo, in un crescendo di disperazione. Il "grigio" rappresenta anche una metafora della perdita di vivacità, colore e vita stessa.


"Fa freddo, e il freddo aumenta man mano che la gente muore." Il freddo qui è sia fisico che emotivo. Con la morte delle persone, il mondo diventa un luogo più ostile. Il freddo sembra crescere in parallelo alla morte, come se la scomparsa dell'umanità stesse prosciugando anche l'ultimo calore rimasto nel mondo. È un simbolo della disumanizzazione che ha pervaso la Terra.


"Non sono sopravvissuti animali, e le coltivazioni sono da tempo sparite. Presto tutti gli alberi del mondo cadranno." Questo passaggio dipinge un quadro apocalittico, in cui la natura stessa è stata annientata. Senza coltivazioni o animali, non c'è più vita. L'idea che "tutti gli alberi cadranno" è il simbolo di un futuro senza speranza, un mondo dove anche ciò che sembra permanente (gli alberi) cederà alla rovina. La fine della vegetazione e della fauna suggerisce che il ciclo naturale è stato distrutto, eliminando qualsiasi possibilità di ritorno alla normalità.


"Le strade sono popolate da profughi che trascinano carrelli e bande di uomini armati in cerca di carburante e cibo." Qui il protagonista descrive il nuovo ordine sociale: i sopravvissuti sono diventati profughi senza una direzione, ridotti a muoversi in modo erratico, alla ricerca di risorse sempre più scarse. Le bande di uomini armati sono un chiaro riflesso del collasso della civiltà e della legge: il mondo è ormai governato dalla violenza e dalla disperazione.


"Nel giro di un anno erano comparse sulle creste delle montagne roghi e macabre litanie allucinate. Era arrivato il cannibalismo." La comparsa dei roghi e delle "macabre litanie allucinate" rappresenta un ulteriore segno del degrado morale e culturale dell'umanità. Il cannibalismo è la manifestazione ultima della perdita di umanità: quando la civiltà cade, gli uomini diventano predatori, anche di se stessi.


La ripetizione del termine "cibo" sottolinea come la sopravvivenza fisica sia diventata il fulcro dell'esistenza. Non c'è più spazio per ambizioni o valori superiori: tutto si riduce a trovare abbastanza da mangiare per sopravvivere un altro giorno. Le "scarpe" sono un altro simbolo essenziale della sopravvivenza: senza di esse, non possono proseguire il loro viaggio.


"A volte racconto al bambino vecchie storie di coraggio e giustizia, ormai così difficili da ricordare." Questo passaggio mostra la frattura tra il passato e il presente. Le storie di coraggio e giustizia sono ciò che un tempo definiva l'umanità, ma ora sono sbiadite, lontane. La difficoltà nel ricordarle indica quanto siano diventate irrilevanti in questo nuovo mondo.


"L'unica cosa che so è che il bambino è la mia garanzia." Qui si percepisce il legame tra padre e figlio. Il bambino rappresenta per il protagonista l'unica ragione di continuare a lottare. Il termine "garanzia" implica che il bambino è ciò che gli dà uno scopo e una connessione con qualcosa di più grande della mera sopravvivenza fisica. "E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato." Questa è la chiusura più potente. Il padre vede nel figlio una manifestazione del divino, come se il bambino incarnasse l'ultima scintilla di purezza e speranza rimasta in un mondo altrimenti privo di fede. Se il figlio non è la prova dell'esistenza di Dio, allora non c'è alcun significato, e Dio stesso non ha mai parlato. È una dichiarazione profonda che evidenzia quanto il figlio sia diventato l'unico ancoraggio alla spiritualità e alla speranza per il protagonista.

CONCLUSIONE

In questo monologo, la desolazione esterna diventa una riflessione su questioni profonde come la sopravvivenza, la fede e l'amore paterno. Mentre tutto intorno crolla, il legame tra il padre e il figlio emerge come l'unica forma di resistenza contro la distruzione totale. Il bambino diventa il simbolo di una speranza quasi divina, l’unica ragione per cui il protagonista continua a vivere.

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