Monologo - Virginia Raffaele in \"Tre di troppo\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Nel film Tre di troppo, la sceneggiatura trova uno dei suoi momenti più incisivi nel monologo di Giulia, un'esplosione di comicità ironica e disarmante sincerità che riflette le difficoltà della genitorialità moderna. Attraverso un elenco di situazioni quotidiane, rese esilaranti dalla loro esasperazione, il discorso di Giulia diventa una critica sottile ma efficace alla cultura dell’iper-genitorialità e alla perdita di libertà personale.

Noi ci tiriamo indietro

MINUTAGGIO: 1:22:11-1:22:59

RUOLO: Giulia

ATTRICE: Virginia Raffaele
DOVE: Netflix



ITALIANO


Posso? Ciao a tutti. Io e Marco abbiamo preso una decisione. Noi non siamo più disponibili. Mi dispiace. Cioè, semplicemente non vogliamo più esserlo. Non vogliamo più cucinare cinque cose diverse per cena. Non vogliamo più fare i compiti il fine settimana. Non vogliamo più dormire in cinque accatastati su un lettone. In spiaggia per esempio non vogliamo fare il castello di sabbia. “Amore di mamma, ti ho comprato la paletta, scava, no? Io m’abbronzo. Dai”. Non vogliamo diventare per forza amici degli altri genitori, soprattutto quelli che ci stanno sul cazzo. Noi non vogliamo più andare ai gonfiabili. Dici, ma il bambino si annoia. E’, pazienza… Ah, scusate un’ultima cosa. La baby dance a noi ci fa veramente, ma veramente schifo. E’ tutto.

Tre di troppo

"Tre di troppo" è una commedia italiana del 2023 diretta e interpretata da Fabio De Luigi, affiancato da Virginia Raffaele. Il film esplora, con toni leggeri e situazioni surreali, le sfide e le gioie della genitorialità.

Marco (Fabio De Luigi) e Giulia (Virginia Raffaele) sono una coppia affiatata che ha scelto di vivere senza figli, godendosi una vita all'insegna della libertà e del divertimento. Per loro, il mondo si divide tra l'"Inferno" dei genitori stressati e il "Paradiso" di chi, senza prole, può dedicarsi ai propri piaceri senza restrizioni. Dopo una discussione con un'amica esasperata dalla vita familiare, si ritrovano misteriosamente genitori di tre bambini di 10, 9 e 6 anni. Questo evento inaspettato li costringe a confrontarsi con le responsabilità e le dinamiche della genitorialità, mettendo alla prova le loro convinzioni e il loro rapporto.

Analisi Monologo

Il tono del monologo è dichiaratamente ironico, con punte di esasperazione volutamente esagerate. L’elenco di situazioni quotidiane – cucinare cene diverse, fare compiti, castelli di sabbia, baby dance – è un crescendo di fastidi apparentemente banali, ma che diventano un simbolo delle micro-tragedie che molte famiglie affrontano. La struttura stessa del discorso è deliberatamente frammentata, con frasi brevi e interruzioni che riflettono il disordine emotivo di Giulia. La comicità nasce proprio dalla combinazione di verità e iperbole: il pubblico riconosce la realtà nelle sue parole, ma ride perché è portata all’estremo.


Giulia si scaglia contro l'idea che essere genitori significhi sacrificare tutto per i figli, perdendo qualsiasi spazio personale. È una critica velata alla cultura dell’iper-genitorialità, dove si è costretti a "performare" come genitori perfetti, partecipando attivamente a ogni attività dei figli, anche quelle che risultano insopportabili. C’è un riferimento divertito, ma pungente, alla socialità forzata tra genitori. La frase "per forza amici" cattura perfettamente l’assurdità delle dinamiche in cui adulti si trovano costretti a stringere legami solo perché i loro figli giocano insieme. È una riflessione su quanto la genitorialità non sia solo una sfida privata, ma anche un gioco pubblico. Dietro l’ironia c’è un’urgenza autentica: il bisogno di Giulia (e Marco) di riappropriarsi del proprio spazio personale. La frase "Io m’abbronzo, dai" non è solo una battuta, ma un piccolo manifesto di un desiderio di autonomia, che si oppone al completo annullamento di sé richiesto dalla genitorialità.

CONCLUSIONE

Il monologo di Giulia rappresenta più di un semplice sfogo comico: è uno specchio che riflette le dinamiche familiari contemporanee, mettendo in luce con ironia le tensioni tra responsabilità e bisogno di autonomia. Il pubblico ride della sua esasperazione, ma al contempo si riconosce nei sentimenti di un personaggio che, tra una battuta e l’altra, pone una domanda fondamentale: come si può essere genitori senza perdere se stessi?

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