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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Will in Stranger Things 5 rappresenta un momento di crescita improvvisa, in cui il personaggio rivendica la propria autonomia e chiede di essere visto come un adulto. Questo discorso mescola frustrazione, lucidità e responsabilità, mettendo in luce il bisogno urgente di agire e non restare più protetto. Will non vuole ribellarsi: vuole essere riconosciuto. Ed è proprio questa tensione tra amore filiale e necessità di maturare che rende il monologo prezioso per attori, coach e appassionati di analisi della recitazione.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Finale del film (con spoiler)
Credits e dove trovarlo
Durata: 1 minuto 30 sec
La storia si apre con un flashback del 1983, in cui Will viene catturato dal Demogorgone e consegnato a Vecna, che sembra avviare un piano a lungo termine. Nel 1987, Hawkins è ormai una città in quarantena dopo l’invasione del Sottosopra. I ragazzi, Mike, Dustin, Lucas e Will cercano di mantenere viva la memoria di Eddie e continuano la loro battaglia contro Vecna, mentre la città è presidiata dall’esercito. Undi (Eleven) si allena duramente con Hopper e Joyce, mentre varie squadre dei protagonisti tentano di coordinarsi tramite radio per localizzare Vecna, ormai introvabile da tempo. Durante una ricognizione militare nel Sottosopra, Hopper rimane isolato e Will percepisce attraverso una visione, come se fosse dentro la mente del Demogorgone, che una minaccia sta raggiungendo la casa di Mike e Nancy.
In quel preciso momento, infatti, Holly, la sorellina, viene attaccata dal Demogorgone nella sua stanza Holly riesce a fuggire inizialmente, ma viene comunque rapita e trascinata nel Sottosopra. Nancy e Mike scoprono che la bambina parlava di un misterioso “Signor Cosè”. Indagando e interrogando la loro madre Karen ferita, scoprono che il vero nome dell’entità è Henry. I pezzi si incastrano: Cosè è Vecna, che ha manipolato Holly prima del rapimento. Undi e Hopper si inoltrano nel Sottosopra per cercare la bambina. Nel frattempo, Will capisce che Vecna sta usando un legame mentale con lui e riesce a percepire ciò che Holly vede e sente, come se Vecna stesse sfruttando la sua connessione per comunicare o spiare attraverso i bambini presi di mira. Infine una visione rivela che Holly è nella “casa” di Henry, una versione illusoria e idilliaca creata da Vecna: non è l’unica, perché lui vuole radunare tutti i bambini che ha scelto come vittime...

Io sono qui, mamma. Lo sai che puoi parlare con me, vero? È che non sono più un bambino? Il tuo piano? Sì, faceva schifo. Mi dispiace, ma è così. Ti piaceva perché era sicuro, ma non abbiamo tempo per la sicurezza. Non più. Dobbiamo agire, correre dei rischi e grazie a Dio l'abbiamo fatto. Perché in realtà il mio piano funzionato. Ho spiato Vecna e sono tornato alla mente a sciame e abbiamo scoperto che Holly era solo l'inizio. Vecna prenderà molti bambini e non so perché o cosa vuole farne, ma ora conosciamo qualcosa da usare contro di lui. Il suo prossimo obiettivo. Quindi la prossima volta che mi ordini di non muovermi, non ti aspettare che lo faccia.
"Io sono qui, mamma.": tono dolce ma fermo; “sono qui” va marcato come disponibilità emotiva; lo sguardo è diretto su di lei, vuole agganciarla, non sfidarla.
"Lo sai che puoi parlare con me, vero?": domanda rassicurante, non aggressiva; piccolo sorriso triste può affiorare; pausa alla fine, le lascia lo spazio per reagire, anche se non lo farà.
"È che non sono più un bambino?": qui entra la ferita; leggero aumento di intensità; “non sono più un bambino” va detto con orgoglio e dolore insieme, come chi chiede finalmente di essere visto.
"Il tuo piano?": breve stacco, quasi ripete le sue parole; può accompagnare con un micro-gesto della mano, come a citare qualcosa che lei ha detto prima.
"Sì, faceva schifo.": tono più duro, ma controllato; non deve essere un insulto gratuito, piuttosto una verità che esplode; breve pausa dopo, lascia pesare l’onestà.
"Mi dispiace, ma è così.": qui abbassa leggermente la voce; “mi dispiace” sincero, “ma è così” fermo, come chi non vuole ferire ma non può mentire; lo sguardo rimane su di lei.
"Ti piaceva perché era sicuro, ma non abbiamo tempo per la sicurezza.": tono spiegato, quasi didascalico; “ti piaceva perché era sicuro” ha un’ombra di comprensione; “non abbiamo tempo per la sicurezza” entra più deciso, è la sua tesi.
"Non più.": frase secca, sottolineata; pausa dopo; può scandirla piano, come se accettasse che l’infanzia è finita, per tutti.
"Dobbiamo agire, correre dei rischi e grazie a Dio l'abbiamo fatto.": ritmo più serrato, entra il lato operativo; “dobbiamo agire, correre dei rischi” come un piccolo manifesto; “grazie a Dio l’abbiamo fatto” con un accenno di sollievo, quasi a dire “avevo ragione a farlo”.
"Perché in realtà il mio piano è funzionato.": (correggilo mentalmente in “ha funzionato” ma resta sul testo) tono quasi orgoglioso, ma non spavaldo; è la rivendicazione di aver preso una decisione giusta; lo sguardo la sfida leggermente.
"Ho spiato Vecna e sono tornato alla mente a sciame e abbiamo scoperto che Holly era solo l'inizio.": parte narrativa, ritmo sostenuto; “ho spiato Vecna” con una punta di rischio; “Holly era solo l’inizio” va rallentato, qui la posta in gioco cresce, il tono si fa più cupo.
"Vecna prenderà molti bambini e non so perché o cosa vuole farne, ma ora conosciamo qualcosa da usare contro di lui.": su “non so perché o cosa vuole farne” entra la paura vera, detta con sincerità; “ma ora conosciamo qualcosa” riporta energia e controllo; “da usare contro di lui” va marcato come punto di forza, è l’arma che hanno.
"Il suo prossimo obiettivo.": frase breve, quasi un titolo; può essere detta dopo una micro-pausa, come se l’idea stessa fosse pericolosa; tono basso ma intenso.
"Quindi la prossima volta che mi ordini di non muovermi, non ti aspettare che lo faccia.": chiusura ferma, senza urlo; “la prossima volta” ha il sapore di un patto che lui rompe; “non ti aspettare che lo faccia” va detto guardandola dritta negli occhi, dichiarazione di autonomia definitiva; breve silenzio dopo, a sigillare il cambio di equilibrio tra loro.
Il monologo di Will funziona come un momento di rottura emotiva e identitaria tra lui e la madre. Non è un attacco, non è una sfuriata: è un figlio che chiede finalmente di essere riconosciuto come adulto. La frase iniziale, “Io sono qui, mamma”, apre subito la scena sul bisogno di vicinanza, di dialogo, di legittimazione. Will non vuole combattere con lei, vuole che lei si fidi di lui. Quando chiede “Lo sai che puoi parlare con me, vero?” la sua voce si muove in bilico tra fermezza e vulnerabilità: sta dicendo “guardami”, “ascoltami”, “non escludermi”.
La linea “È che non sono più un bambino?” è la ferita che attraversa tutto il monologo. Qui Will mette sul tavolo ciò che realmente lo tormenta: non essere visto nella sua crescita. Lo dice con il tono di chi ha sopportato per troppo tempo un ruolo che non sente più suo. Quando critica il piano della madre – “faceva schifo” – non c’è cattiveria, ma il bisogno di liberarsi dalla dinamica in cui lei ha sempre avuto ragione e lui ha sempre dovuto obbedire. Subito dopo, la frase “Ti piaceva perché era sicuro, ma non abbiamo tempo per la sicurezza” mostra come Will non stia parlando solo di un piano tattico: parla del modo in cui sua madre lo ha sempre protetto fino a soffocarlo. Ora quella protezione non funziona più perché il pericolo è cresciuto più di loro.
La parte centrale del monologo cambia ritmo: Will rivendica la sua iniziativa — “il mio piano ha funzionato”. Non lo dice per vanità, ma per far capire che ormai può prendere decisioni, rischiare e ottenere risultati. È una dichiarazione di capacità. Quando racconta di aver spiato Vecna e di aver scoperto che Holly è solo l’inizio, il tono diventa più grave. È come se stesse mostrando alla madre il peso reale della situazione, qualcosa che lei non vuole accettare. Will parla velocemente, come se il tempo fosse davvero poco: “Vecna prenderà molti bambini… ora conosciamo il suo prossimo obiettivo”.
Il monologo si chiude con la vera emancipazione: “la prossima volta che mi ordini di non muovermi, non ti aspettare che lo faccia”. Non è ribellione adolescenziale: è il passaggio ufficiale da “protetto” a “combatto anche io”. Will non le sottrae autorità, ma rifiuta la posizione di bambino obbediente. È una scena di crescita accelerata, dove la paura e la responsabilità lo hanno trasformato più in fretta del previsto. L’attore deve lavorare proprio su questo: non urlare, non caricare, ma lasciar uscire l’adulto che finalmente trova la sua voce.

Vecna prende di mira un altro bambino: Derek. Il piano dei ragazzi è attirare il Demogorgone a casa sua e inserirgli una ricetrasmittente, così da seguire il mostro fino al nascondiglio di Vecna. Intanto Holly, nella falsa realtà costruita da Henry, scopre messaggi misteriosi e si addentra nel bosco, spiata da una creatura. Undi e Hopper combattono contro una squadra dell’esercito nel Sottosopra e distruggono un’arma sonica che stava bloccando i poteri della ragazza, riuscendo poi a riprendere la ricerca della bambina. Will conferma che Vecna sta “raccogliendo” bambini e che il suo legame mentale con la mente alveare non si è mai del tutto spezzato . L’episodio si apre con Derek, ancora sotto shock, che si sveglia nel fienile dove Joyce e gli altri stanno cercando di proteggerlo. La donna tenta di farlo ragionare, ma Derek vuole scappare: Vecna gli ha detto tutt’altro. Proprio allora il Demogorgone irrompe nel fienile. Will, che continua ad avere visioni dal punto di vista della creatura, “vede” tutta la scena attraverso i suoi occhi. Joyce prova a difendere il bambino con un’accetta, ma la svolta arriva quando Steve piomba dentro guidando un’auto e investe il Demogorgone.
L’idea folle è seguirlo nel portale, sfruttando la scia della creatura. La macchina entra nel Sottosopra per un soffio, con a bordo Steve, Dustin, Jonathan e Nancy. Nel Sottosopra, la nebbia è così fitta che a un certo punto perdono di vista il Demogorgone e si schiantano contro un muro viscido, tipico delle superfici organiche create da Vecna. Intanto Will continua a “sentire” il Sottosopra: ha nuove visioni di bambini sedati, collegati a tentacoli come se fossero respiratori viventi. Capisce che Vecna sta seguendo uno schema: vede quattro spirali, un numero che si ripeterà fino ad arrivare a dodici bambini rapiti.
Nel frattempo, Max e Holly danno un nuovo tassello al mistero. Holly, attirata da una lettera scritta da Henry/Vecna, attraversa un passaggio nel muro e viene raggiunta da Max, viva e cosciente dopo la lunga degenza. Max la conduce in un luogo surreale: una casa immersa in una savana luminosa. Spiega alla bambina che ciò che vede non è reale, ma un ricordo composito, la prigione mentale in cui Henry intrappola le sue vittime.
Per recuperare i bambini sequestrati dai militari, Robin propone un piano in stile La Grande Fuga: entrare da un tunnel sotterraneo e liberare i piccoli prigionieri. Ma serve una talpa, qualcuno dall’interno… Derek è l’uomo giusto, ma le cose precipitano e, proprio quella notte… Arriva Vecna.
Regista: Matt e Ross Duffer
Sceneggiatura: Matt e Ross Duffer
Produttore: Stephanie Slack Margret H. Huddleston
Cast: Winona Ryder (Joyce Byers) David Harbour (Jim Hopper), Finn Wolfhard( Mike Wheeler), Gaten Matarazzo (Dustin Henderson) Caleb McLaughlin (Lucas Sinclair) Noah Schnapp (Will Byers) Millie Bobby Brown (Undici / Jane Ives)
Dove vederlo: Netflix

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