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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Yennefer in The Witcher 4 è uno dei momenti più intensi della stagione: una lettera sospesa tra speranza e paura, rivolta a una Ciri che non risponde più. In questa guida completa lo analizziamo riga per riga, con note interpretative, consigli per audizioni e un focus sulle emozioni chiave. Perfetto per attori e performer in cerca di un testo drammatico, intimo, ma carico di tensione narrativa.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
Durata: 1 minuto, 15 secondi
Dopo una terza stagione in cui le relazioni tra Geralt, Ciri e Yennefer venivano messe a dura prova da tradimenti, separazioni e battaglie sempre più epiche, The Witcher 4 rappresenta un punto di svolta. È la stagione dove le illusioni si rompono, le alleanze si frantumano e ogni personaggio viene costretto a fare i conti con il proprio destino. Il mondo è cambiato. Nilfgaard avanza, i regni del Nord sono divisi, e la magia è stata compromessa da un nemico che lavora nell’ombra: Vilgefortz, un mago che mira a utilizzare Ciri per scopi ben più grandi della conquista politica. Ma la ragazza non è dove dovrebbe essere. Dopo essere scappata alla fine della stagione precedente, Ciri si nasconde tra un gruppo di criminali, sotto un nuovo nome, mentre tutti – Geralt, Yennefer, Emhyr, Vilgefortz – la cercano per motivi diversi.
A cambiare è anche il tono. La stagione abbandona la struttura classica da “viaggio fantasy” per diventare un road drama crudo, disperato e profondo, dove ogni personaggio affronta qualcosa che non può combattere con la spada o con la magia: la perdita, il rimpianto, l’identità, il peso del sangue. Geralt non è più l’eroe invincibile. Yennefer non è più solo una maga potente. Ciri non è più solo la ragazza da proteggere.

Figlia mia, non ti percepisco più da quel terribile giorno a Thanedd. Quando Geralt è caduto, la torre è esplosa… quando ti ho detto addio senza sapere che lui stava preparando una trappola per te. Conosco te, la tua forza, le tue abilità. E so che sei viva. Ma ho comunque paura per te. Sta succedendo qualcosa nel Continente, qualcosa di pericoloso, qualcosa di oscuro. Qualunque cosa trami Vilgefortz tu sei la chiave di tutto: farà qualunque cosa, andrà ovunque, ucciderà tutti per realizzare il suo piano. La brama che ha del tuo potere non conosce limiti. Ma vale anche per la mia determinazione. Non perdere la speranza, Ciri. Geralt ti troverà. E io mi assicurerò che Vilgefortz non riuscirà mai più a raggiungerti. Questa è la mia promessa.
“Figlia mia, non ti percepisco più da quel terribile giorno a Thanedd.” Tono affettuoso, voce sottile, quasi un sussurro. Pausa su “Figlia mia”, come se stesse scegliendo con cura le parole.
“Quando Geralt è caduto, la torre è esplosa… quando ti ho detto addio senza sapere che lui stava preparando una trappola per te.” Pausa significativa dopo “Geralt è caduto”, come un nodo che risale. La frase successiva va detta tutta d’un fiato, come se l’ammissione di non sapere facesse ancora male.
“Conosco te, la tua forza, le tue abilità. E so che sei viva.” Ritmo più deciso, sguardo in avanti o diretto verso l’ascoltatore, quasi a voler convincere sé stessa.
“Conosco te” deve avere un tono protettivo, quasi materno. “So che sei viva” è il momento di fede: detto con voce calda ma risoluta. Nessuna esitazione.
“Ma ho comunque paura per te.” Abbassamento del tono, quasi un sussurro.
Pausa prima di “paura”, come se ammetterlo fosse difficile.
“Sta succedendo qualcosa nel Continente, qualcosa di pericoloso, qualcosa di oscuro.” Scandire le parole con progressiva tensione, come se stesse toccando un punto nevralgico.
“Qualunque cosa trami Vilgefortz tu sei la chiave di tutto: farà qualunque cosa, andrà ovunque, ucciderà tutti per realizzare il suo piano.” Leggera pausa dopo “chiave di tutto” per marcare l’importanza. L’elenco “farà qualunque cosa, andrà ovunque…” va ritmato, senza fretta, come una lista terrificante e già iniziata.
“La brama che ha del tuo potere non conosce limiti.” Tono grave, ferito.
“Ma vale anche per la mia determinazione.” Tono netto, affilato. Sguardo fermo.
“Non perdere la speranza, Ciri.” Sguardo verso il basso o chiuso in sé, come se parlasse direttamente alla ragazza.
“Geralt ti troverà.” Tono fiducioso, ma con una lieve nota malinconica. È una speranza a cui si aggrappa anche lei.
“E io mi assicurerò che Vilgefortz non riuscirà mai più a raggiungerti.” Voce decisa, marcata, è il giuramento.
“Questa è la mia promessa.”Chiusa solenne, timbro pieno, voce calma ma ferma. Breve pausa prima della frase, per darle importanza.
Il monologo di Yennefer in The Witcher 4, episodio 6, è uno dei momenti emotivamente più densi della stagione. Un messaggio sospeso tra amore, senso di colpa e determinazione. Yennefer parla a Ciri, ma Ciri non è lì: è come se stesse lanciando un messaggio nell’etere, cercando un contatto che non riesce più a sentire. Un testo da analizzare non solo per il suo contenuto narrativo, ma per la profondità attoriale che richiede. Vediamo perché.
Questo monologo arriva dopo il disastro di Thanedd, quando le strade di Geralt, Yennefer e Ciri si sono separate nel caos. La torre è esplosa, Geralt è caduto in trappola, e da allora nessuno sa più dove sia Ciri. Yennefer, che si sente responsabile, si aggrappa alla sua unica certezza: Ciri è viva. Ed è a quella certezza che rivolge le sue parole. Rappresenta il legame profondo e materno tra Yennefer e Ciri. Fa emergere il tema della colpa (Yennefer non ha visto la trappola di Vilgefortz). Rivela lo stato del continente: un mondo sull’orlo del collasso. Apre una riflessione sul potere e sulla sua pericolosità, in mano sbagliata.
“Figlia mia, non ti percepisco più da quel terribile giorno a Thanedd.”Questo incipit stabilisce immediatamente la natura personale e dolorosa del discorso. “Percepire” è verbo importante: non si tratta di non sapere dov’è, ma di non sentirla più.
“Quando Geralt è caduto, la torre è esplosa… quando ti ho detto addio senza sapere che lui stava preparando una trappola per te.” Qui Yennefer ammette l’errore più grave: non aver intuito l’inganno. Il dolore è contenuto, ma corrosivo. La recitazione dev’essere misurata, non drammatica: più brucia la colpa sommessa, più è efficace.
“Conosco te, la tua forza, le tue abilità. E so che sei viva.” Questo passaggio cambia il ritmo: da riflessivo a determinato. Yennefer non ha prove, ma ha fede. Per l’attore, il punto è credere nel testo: questa non è una frase di speranza, è una affermazione categorica.
“Ma ho comunque paura per te.” Piccola frase, grande carico. “Sta succedendo qualcosa nel Continente, qualcosa di pericoloso, qualcosa di oscuro. Ritmo cadenzato, ripetizione volutamente usata per evocare inquietudine. Non servono effetti: qui basta la voce, un crescendo lento ma deciso. Il pericolo è globale, ma riguarda solo una persona: Ciri.
“Qualunque cosa trami Vilgefortz tu sei la chiave di tutto: farà qualunque cosa, andrà ovunque, ucciderà tutti per realizzare il suo piano.” Qui emerge la minaccia concreta. Yennefer non è più nel dubbio: conosce il nome, sa il pericolo.
“La brama che ha del tuo potere non conosce limiti. Ma vale anche per la mia determinazione.” Questo è il turning point. Il “ma” cambia tutto. L’emozione chiave è il giuramento muto: Yennefer diventa azione, diventa madre protettiva.
“Non perdere la speranza, Ciri. Geralt ti troverà.” Intimo, sussurrato, quasi infantile. La speranza è l’unico appiglio. Può essere detto con dolcezza, ma con la consapevolezza che quella frase è l’ultima cosa che Ciri potrebbe sentire. “E io mi assicurerò che Vilgefortz non riuscirà mai più a raggiungerti. Questa è la mia promessa.” Chiusura netta, voce bassa ma piena.

Obiettivo del monologo Comunicare la determinazione incrollabile di una madre che ha perso la figlia, ma rifiuta di arrendersi. L’obiettivo non è cercare pietà: è connettersi emotivamente con Ciri, ovunque si trovi, e promettere vendetta contro chi l’ha minacciata.
Sottotesto Dietro ogni parola c’è colpa. Yennefer sta parlando a Ciri e a se stessa, sta esorcizzando la paura di averla persa per sempre. Ma si impone di essere forte, perché se anche una sola parola la raggiungesse… dev’essere quella giusta.
Azione minima Evita l’enfasi o l'eccesso drammatico. Il testo è già carico di significato: tu devi sottrarre, non aggiungere. L’azione minima è: "Sostenere una connessione, anche se invisibile." Come se Ciri potesse davvero ascoltarti da un'altra parte del mondo.
Dinamica vocale
Inizio sottovoce, quasi sussurrato, come se temesse che anche pronunciare quelle parole possa rompere l’incanto.
Progressione emotiva graduale, senza esplosioni.
Crescendo nel centro (“farà qualunque cosa...”) → tensione crescente.
Voce piena ma calma nella chiusa, che va detta con il tono di un giuramento.
Chiusa “Questa è la mia promessa.” È la firma emotiva.
Errori comuni
Essere troppo emotivi: piangere, urlare o alzare troppo la voce spezza la tensione narrativa. Il dolore qui è interno, non scenico.
Non credere abbastanza nel sottotesto: se lo dici come un messaggio generico, perdi tutto. Devi parlare a Ciri, o almeno credere di farlo.
Ignorare il ritmo: il testo ha delle curve naturali. Se lo reciti tutto piatto o tutto carico, non funziona.
Dopo otto episodi, The Witcher 4 ci lascia con una serie di eventi che cambiano radicalmente il futuro dei protagonisti. I fili della trama si stringono attorno a tre grandi momenti che segnano il finale. L’episodio 8 si chiude con una delle sequenze più violente e dolorose dell’intera saga: Leo Bonhart, il cacciatore di witcher, massacra brutalmente tutti i Ratti, il gruppo di ladri e reietti con cui Ciri aveva stretto un legame. Lei arriva troppo tardi e viene catturata. Qui non si parla più di “discesa nell’oscurità”. Ciri è dentro. Costretta a guardare i corpi dei suoi amici, legata e impotente, urla il nome di Geralt, come se fosse un richiamo ancestrale. Ma non è solo un grido d’aiuto: è la rottura definitiva dell’illusione di poter avere una vita normale.
Nel frattempo, Geralt combatte una battaglia al fianco della Regina Meve e riceve il titolo di Cavaliere di Rivia. Una scena solenne, piena di onore e riconoscenza. Ma nel volto di Geralt c’è solo silenzio. Il suo sguardo è vuoto. È un’onorificenza che non cercava, e che non colma il senso di fallimento che lo accompagna. Ha capito che non ha protetto Ciri, che qualcosa di irreparabile è accaduto, e che il suo viaggio è appena diventato una guerra. L’ultima scena mostra Emhyr che, dopo aver scoperto la verità sulla falsa Ciri, attiva una caccia al Witcher con una creatura misteriosa capace di fiutare l’odore del Lupo Bianco. Siamo ben oltre la rivalità politica o militare: Geralt ora è il bersaglio diretto dell’Imperatore. Emhyr vuole sua figlia. Vilgefortz la vuole per dominarla. E Ciri… è sola.
Quanto dura il monologo di Yennefer? Il monologo ha una durata di circa 1 minuto e 14 secondi (12:55 – 14:09), ed è costruito come una lettera/messaggio a distanza, rivolto direttamente a Ciri.
Che temi tratta il monologo? Il monologo affronta i temi di maternità, assenza, speranza, senso di colpa, protezione e determinazione assoluta. È una confessione emotiva sotto forma di promessa.
A chi è rivolto il monologo? È rivolto a Ciri, che Yennefer non riesce più a percepire da tempo. Ma è anche un modo per riconnettersi a se stessa, trovare forza nel dolore.
Che tipo di emozioni deve trasmettere l’attore? L’attrice deve bilanciare dolore trattenuto, vulnerabilità, lucidità e forza interiore. La chiave è l’equilibrio tra emozione e controllo.
Registi: Sergio Mimica-Gezzan
Sceneggiatura: Lauren Schmidt Hissrich
Produttore: Mike Ostrowski
Cast: Liam Hemsworth (Geralt), Freya Allan (Ciri), Anya Chalotra (Yennefer), Mahesh Jadu (Vilgefortz), Laurence Fishburne (Regis)
Dove vederlo: Netflix

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