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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Zora in Breathe – Fino all’ultimo respiro è uno dei momenti più intensi del film, dove la giovane protagonista parla via radio con il padre scomparso. Tra ironia, dolore trattenuto e bisogno di riconoscimento, il testo offre agli attori un materiale ideale per audizioni e prove di recitazione. È un pezzo breve ma denso di emozioni, perfetto per mostrare autenticità e controllo, con un subtext legato al rapporto padre–figlia e al desiderio di mantenere vivo un legame impossibile.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
Emozioni chiave: Nostalgia intima (il ricordo del padre attraverso il libro e il suo “ultimo regalo”). Tenerezza mista a ironia (quando accenna alle litigate con la madre e al “faccio la brava, quasi sempre”). Mancanza sommessa (la paura che lui non risponda più, ma senza disperazione manifesta). Lucidità fragile (il tentativo di rimanere razionale nonostante il dolore)
Contesto ideale per un attore: perfetto per ruoli adolescenziali o young adult in film/drama distopici o familiari.
In un futuro distopico, la Terra è diventata quasi del tutto inabitabile: l’ossigeno è sceso a livelli critici e sopravvivere all’aperto è possibile solo con tute e respiratori. Una famiglia di sopravvissuti vive nascosta in un bunker progettato da Darius, ingegnere e survivalista. Durante una missione, Darius perde la vita, lasciando la figlia Zora, la moglie Maya e la nipote sole nel rifugio.
Il tempo passa e le due donne cercano di adattarsi, tra tensioni familiari e speranze di ricongiungersi con Darius. Un giorno incontrano due sconosciuti, Tess e Lucas, che chiedono aiuto sostenendo di avere un sistema di filtraggio dell’aria guasto. Nonostante le diffidenze, Maya e Zora si trovano coinvolte in un pericoloso scontro per la sopravvivenza.
I nuovi arrivati si rivelano minacciosi: tentano di penetrare nel bunker con l’inganno e con la forza, mettendo a rischio la vita di madre e figlia. Tra inganni, colluttazioni e il sospetto di potersi fidare di Micah, il presunto alleato dei due, la tensione cresce fino a un punto di svolta.
Darius Houston? Ci sei, papà? E’ da un pò che non parliamo. E seguendo i tuoi ordini, io e mamma ancora non ci siamo sbranate, perciò… faccio la brava. Quasi sempre, diciamo. Che altro… Oh, finalmente ho finito il libro che mi hai dato. Era intenso. E sono sincera: ci ho messo un pò a finirlo. Questo perché sapevo che era l’ultima cosa che mi avresti dato.L’ultimo regalo che avrei avuto da te. Non volevo che quel regalo finisse. E per qualche strano motivo, non arrivare alla fine voleva dire tenerti qui, vivo, con noi. Se questo ha un senso. E, a proposito di noi, santo Cielo, io e mamma? Tu eri un ottimo arbitro, papà. Senza di te qualche litigata rischia di finire male. Ma so che lei soffre. Anche se non le piace parlarne. Comunque… qui tutto sembra andare bene, al momento. Siamo qui, e respiriamo.
“Darius Houston? Ci sei, papà?” → tono intimo, quasi un sussurro; pausa subito dopo “papà”, come se aspettasse davvero una risposta.
“E’ da un pò che non parliamo.” → voce calma, velata di rammarico; lo sguardo si abbassa leggermente.
“E seguendo i tuoi ordini, io e mamma ancora non ci siamo sbranate, perciò… faccio la brava.” → sorriso amaro, tono ironico ma tenero; micro-pausa prima di “perciò”.
“Quasi sempre, diciamo.” → sguardo di lato, quasi a confessare una piccola marachella; intonazione leggera.
“Che altro…” → breve pausa, come se stesse cercando le parole; voce bassa, fragile.
“Oh, finalmente ho finito il libro che mi hai dato.” → tono più luminoso, sincero; una nota di sollievo.
“Era intenso. E sono sincera: ci ho messo un pò a finirlo.” → intonazione riflessiva; pausa dopo “intenso”.
“Questo perché sapevo che era l’ultima cosa che mi avresti dato. L’ultimo regalo che avrei avuto da te.” → voce incrinata, ma trattenuta; sguardo diretto, quasi a fissare un ricordo.
“Non volevo che quel regalo finisse.” → pausa lunga, voce che si spegne sul finale.
“E per qualche strano motivo, non arrivare alla fine voleva dire tenerti qui, vivo, con noi. Se questo ha un senso.” → tono fragile, oscillante tra logica e illusione; micro-sorriso triste.
“E, a proposito di noi, santo Cielo, io e mamma?” → ritmo più veloce, sfogo spontaneo; pausa dopo “santo Cielo”.
“Tu eri un ottimo arbitro, papà. Senza di te qualche litigata rischia di finire male.” → tono quasi scherzoso, con sottofondo di dolore; sorriso breve che svanisce.
“Ma so che lei soffre. Anche se non le piace parlarne.” → voce più ferma, quasi protettiva; sguardo basso, complice.
“Comunque… qui tutto sembra andare bene, al momento.” → pausa meditata su “comunque”; tono razionale, come se volesse rassicurare se stessa.
“Siamo qui, e respiriamo.” → chiusura calma, voce più bassa; breve pausa dopo “qui”, lascia vibrare il silenzio dopo “respiriamo”.
COME RENDERLO AUTENTICO
Alternare momenti ironici e teneri (le battute sulle litigate con la madre) con punte di dolore trattenuto (il libro come ultimo regalo).
Inserire pause che diano la sensazione di “pensiero in tempo reale”, non di testo recitato.
Lo sguardo deve essere mobile e fragile: basso nei momenti intimi, laterale nei passaggi ironici, diretto quando evoca il padre.
La voce deve avere una linea sottile tra speranza e rassegnazione: mai eccessivamente melodrammatica, ma sempre vera.
Sottotesto da cercare: il monologo non è un addio, ma un disperato tentativo di tenere vivo un legame, come se parlare potesse ancora colmare il vuoto.
Il monologo di Zora è uno dei momenti più intimi del film Breathe – Fino all’ultimo respiro, diretto da Stefon Bristol. La ragazza, figlia di Darius Houston, usa una radio per parlare con il padre scomparso. È un flusso di coscienza che unisce ironia, dolore e il bisogno di mantenere un legame invisibile.
Temi principali
Identità fragile: Zora cerca di crescere senza la guida del padre, ma rimane sospesa tra adolescenza e maturità.
Maschere sociali: il tono ironico (“faccio la brava, quasi sempre”) nasconde la paura della perdita.
Bisogno di riconoscimento: ogni parola è un tentativo di essere ancora ascoltata, amata, “vista” dal padre.
Memoria e oggetti: il libro regalato da Darius diventa simbolo di continuità emotiva.
Perché è significativo
Il monologo evidenzia la solitudine dei sopravvissuti in un mondo post-apocalittico, ma anche il tema universale del rapporto padre–figlia.
Obiettivo del monologo: Mostrare la capacità di un giovane attore di alternare leggerezza e dolore trattenuto, dimostrando verità emotiva senza cadere nell’enfasi.
Sottotesto: Ogni frase è un tentativo di tenere vivo il legame con il padre. Dietro le parole ironiche c’è la paura della perdita, dietro i ricordi c’è il bisogno di riconoscimento.
Azione minima: Parlare davanti a una radio o microfono immaginario.Pochi movimenti, ma significativi: una mano che accarezza il libro, uno sguardo che cade, un sorriso che si spegne. Il corpo resta contenuto, a sottolineare la chiusura emotiva.
Dinamica vocale
Inizio intimo e basso, quasi un sussurro.
Piccoli picchi ironici (“quasi sempre, diciamo”).
Momento più incrinato e fragile sul libro come “ultimo regalo”.
Finale più calmo, sospeso, come una carezza verbale (“siamo qui, e respiriamo”).
Chiusa: Lascia un silenzio pieno dopo “respiriamo”, guardando lontano. È quel vuoto che fa percepire l’assenza del padre e il peso della solitudine.
Errori comuni
1- Esagerare con il pianto o il melodramma (il monologo funziona per sottrazione).
2- Essere monotoni: serve varietà, tra ironia e dolore.
3- Riempire con gesti inutili: il testo è già denso, meglio la sobrietà.
4- Correre sul finale: la forza è nella pausa e nel respiro.
Quando Tess ha finalmente accesso al generatore di Darius, confessa la verità: non ha mai conosciuto davvero l’uomo, né possiede le competenze per replicare la sua invenzione. Le uniche informazioni che aveva provenivano dalle trasmissioni radio di Zora. Lei stessa realizza che replicare la macchina di Darius è impossibile: anche riuscendoci, potrebbe sostenere soltanto due persone. La tensione cresce fino al punto in cui Lucas uccide Tess a sangue freddo, rivelando definitivamente la sua natura violenta e opportunista.
Nel bunker, Zora rimane prigioniera, mentre Lucas tenta di convincerla a collaborare per sopravvivere. Ma la ragazza mantiene lucidità e intravede un piccolo segno di speranza: una pianta verde che nasce in mezzo alla terra arida, possibile simbolo di rinascita.
Intanto, Maya riesce a tornare verso casa, anche se ferita. Madre e figlia mettono in atto un piano: fingono un guasto al generatore e la “morte” di Zora per attirare Lucas fuori. Lo affrontano in uno scontro disperato, riuscendo a sopraffarlo e a rientrare nel bunker. Tuttavia, prima di soccombere, Lucas spara al generatore costruito da Darius, facendo esplodere il rifugio dall’interno.
Maya e Zora fuggono disperate in macchina fino a Philadelphia, nella speranza di trovare il bunker di cui Tess aveva parlato. Arrivate, però, non ottengono risposta e, senza più ossigeno, crollano a terra Proprio quando tutto sembra perduto, Maya si risveglia in un letto: lei e Zora sono state accolte da altri sopravvissuti. La figlia è riuscita a raccontare la loro storia e a riparare il generatore del nuovo rifugio.
Quanto dura il monologo? Il monologo ha una durata media di 1 minuto e 30 secondi – 2 minuti, a seconda del ritmo e delle pause scelte dall’attore.
Che temi tratta? I temi principali sono: Rapporto padre–figlia e bisogno di riconoscimento. Solitudine e resilienza in un mondo post-apocalittico. Identità adolescenziale sospesa tra ironia e dolore trattenuto. Memoria e oggetti (il libro come ultimo regalo).
Che età di casting copre? È ideale per attrici tra i 15 e i 22 anni, interpretabile sia in chiave teen che young adult.
Che età di casting copre? Idealmente donne dai 25 ai 35 anni, ma con adattamento può essere interpretato anche da attrici poco sopra o poco sotto questa fascia.
Che livello di difficoltà ha? Il monologo ha una difficoltà media: richiede controllo emotivo, gestione di pause naturali e capacità di rendere il dolore trattenuto senza scivolare nel melodramma.
Qual è il sottotesto del monologo? Il tentativo di mantenere vivo un legame con il padre scomparso: dietro l’ironia c’è la paura di perderlo, dietro le parole affettuose il bisogno disperato di essere ascoltata
Quali errori comuni evitare? Piangere o esagerare con il pathos. Recitare in modo piatto senza variazioni di ritmo. Ignorare gli sguardi verso il pubblico, che sono parte integrante del discorso.
Qual è il subtext dominante? Non è odio verso Gianni, ma la ferita di essere stata abbandonata dopo dieci anni, sommata alla rabbia di aver creduto in un sogno mai suo.
Cosa deve colpire il pubblico? Il contrasto tra ironia e disperazione, e la lucidità con cui Bianca ribalta il ruolo di “poverina”.
Regia: Stefon Bristol
Sceneggiatura: Doug Simon
Produttori: David Haring, Basil Iwank, Christian Mercuri
Cast principale: Jennifer Hudson (Maya) Milla Jovovich (Tess) Quvenzhané Wallis (Zora) Sam Worthington (Lucas)
Montaggio: Oriana Soddu
Colonna sonora / Musica: Isabella Summers
Direttore della Fotografia: Felipe Vara de Rey
Dove vederlo: Amazon Prime Video
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