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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo della Signorina Buonasera in Mrs Playmen è uno dei momenti più sorprendenti della serie. Dietro un incidente in diretta TV, si nasconde una riflessione sul corpo femminile, sull’immagine pubblica e sulla libertà personale. L’ironia lascia spazio a un’autocoscienza sincera, che trasforma l’imbarazzo in riscatto. È il momento in cui una donna, per una volta, sceglie di essere se stessa.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Finale del film (con spoiler)
Credits e dove trovarlo
Media Serve naturalezza nel passaggio tra ironia, commozione e determinazione, senza cadere nella caricatura.
Nel cuore degli anni ’70, in un’Italia attraversata da forti tensioni culturali, morali e politiche, Mrs Playmen ci racconta la storia (ispirata a fatti reali) di Adelina Tattilo, una donna fuori dal comune che sfida ogni convenzione.
Adelina è la fondatrice e direttrice di Playmen, rivista erotica femminile che si propone di cambiare radicalmente il modo in cui viene percepita la sessualità, l’indipendenza delle donne e il loro diritto al piacere. Il suo approccio non è scandalistico, ma rivoluzionario: Playmen vuole parlare alle donne, e lo fa con coraggio, con provocazione e con visione.
Tra le mura della redazione si costruisce un piccolo avamposto di libertà. Ma ogni numero pubblicato è una sfida contro la censura, la morale pubblica, il potere politico e religioso. Adelina dovrà fare i conti con tutto questo – e con i tradimenti più vicini a lei.
La serie è un mix perfetto di dramma sociale, intrigo politico, eros e lotta femminista, in un’epoca dove la libertà si conquistava centimetro per centimetro. Un affresco potente e attuale che racconta cosa significa essere donna, essere libera e pagare il prezzo di tutto questo.

Più di cinque milioni di spettatori hanno visto il mio seno, si rende conto? Quelli della Rai mi volevano fare la pelle. Guardi qui. Aspetti che la ritrovo perché ne ho… ne ho tantissime. Eccola: “Siamo gli avieri di Caserta. Ma tu ci vuoi fa morì? Sei bellissima”. E poi ne ho un’altra, aspetti ch ela ritrovo… eccola, un’ascoltatrice dice: “Meno male, anche lei è umana”, punto esclamativo. La sera stessa mi ha chiamato una mia amica per dirmi che la figlia stava guardando la televisione,e a un certo punto le ha detto: “Guarda mamma, c’è Emma che si sta coprendo i palloncini, che ridere!” Anch’io mi vedevo come…. come una bella statuina, che doveva solo annunciare, senza sbagliare accento, la dizione, senza… senza provare sentimenti, senza avere un corpo. Lo sa che ho persino paura che mi vedano sudare? Ma ha ragione lei, il pubblico sta cambiando. La gente è stata felice di vedere che sono anche io un essere umano. Io poserò per lei, ma lo faccio per me. Perché voglio sentirmi fiera di quello che sono. Per una volta, io voglio essere me stessa.
«Più di cinque milioni di spettatori hanno visto il mio seno, si rende conto?»: tono incerto, oscillante tra il pudore e lo stupore; pausa su “seno”, sguardo basso o imbarazzato, poi rialza lo sguardo per cercare complicità.
«Quelli della Rai mi volevano fare la pelle.»: tono più ironico, quasi scherzoso ma con un fondo di verità amara; sottolineare “fare la pelle” con sarcasmo.
«Guardi qui. Aspetti che la ritrovo perché ne ho… ne ho tantissime.»: gesto reale, rovistando tra le lettere; voce più vivace, ritmo spezzato;
«Eccola: ‘Siamo gli avieri di Caserta. Ma tu ci vuoi fa morì? Sei bellissima’.»: leggere sorridendo;
«E poi ne ho un’altra, aspetti che la ritrovo… eccola, un’ascoltatrice dice: ‘Meno male, anche lei è umana’, punto esclamativo.»: pronunciare “umana” con leggerezza;
“punto esclamativo” è ironico, va detto con consapevolezza e un pizzico di dolcezza.
«La sera stessa mi ha chiamato una mia amica per dirmi che la figlia stava guardando la televisione, e a un certo punto le ha detto: ‘Guarda mamma, c’è Emma che si sta coprendo i palloncini, che ridere!’»: tono affettuoso e divertito, imitazione leggera della voce di una bambina per “che ridere!”;
«Anch’io mi vedevo come… come una bella statuina, che doveva solo annunciare, senza sbagliare accento, la dizione, senza… senza provare sentimenti, senza avere un corpo.»: rallentare il ritmo; ripetizione di “senza” con crescente frustrazione; tono più serio, quasi vulnerabile.
«Lo sa che ho persino paura che mi vedano sudare?»: voce più bassa, quasi confessionale; tono di vergogna sincera, come un’ammissione privata.
«Ma ha ragione lei, il pubblico sta cambiando.», respiro più fiducioso; tono di gratitudine, come se si concedesse per la prima volta di crederci.
«La gente è stata felice di vedere che sono anche io un essere umano.»: marcare “anche io”, con un pizzico di commozione; sguardo diretto, aperto, vulnerabile.
«Io poserò per lei, ma lo faccio per me.»: tono calmo, deciso; piccola pausa prima di “ma”, e sottolineatura dolce su “per me”.
«Perché voglio sentirmi fiera di quello che sono.»: sguardo alto, tono affermativo ma senza arroganza; è un’affermazione che viene da dentro, non da bisogno di approvazione.
«Per una volta, io voglio essere me stessa.»: chiusura forte, sincera; “per una volta” va caricato di tutto il peso passato; piccola pausa prima di “io”, e voce ferma su “me stessa”.
In questo monologo, Emma Bellini, la Signorina Buonasera, si racconta per la prima volta al di fuori dello schermo televisivo che l'ha resa “perfetta” e irraggiungibile. L’occasione è l’incidente in diretta, quando accidentalmente mostra il seno davanti a milioni di spettatori. Il fatto diventa un caso mediatico, ma anche un momento di rottura: per lei e per il pubblico. Nel monologo, la donna passa dall’imbarazzo al riscatto. Legge le lettere ricevute: alcune la celebrano con ironia (“Ma tu ci vuoi fa morì?”), altre con affetto sincero (“Meno male, anche lei è umana”). Da questo evento accidentale nasce una riflessione più profonda sull’identità femminile e sull'immagine pubblica: Emma non è solo una “bella statuina” da annunciare in dizione perfetta. È un essere umano, con corpo, sudore, emozioni, paura. Il passaggio più forte arriva alla fine: “Io poserò per lei, ma lo faccio per me”. In quella frase si concentra il tema centrale del monologo: la riappropriazione del proprio corpo e del proprio valore, senza intermediari. È un gesto di libertà: posare nuda non per compiacere, ma per sentirsi finalmente vera.

Man mano che Playmen cresce in popolarità, i problemi si intensificano: la giustizia, la polizia e la concorrenza internazionale (come Playboy) iniziano a muoversi per ostacolare la rivista. Adelina è accusata perfino di favoreggiamento alla prostituzione e rischia il carcere. Ma il pericolo più grande arriva da chi le è più vicino: il marito Saro Balsamo, un uomo potente e manipolatore, che prima le è accanto, poi contro, fino a diventare il suo carnefice. Le loro dispute professionali si intrecciano con quelle private, in un crescendo di tensione che culmina in una lotta per il controllo totale della rivista e della propria identità.
Intorno a lei gravitano figure complesse: Elsa, giovane e ambiziosa, divisa tra il ruolo di spia e quello di alleata; Chartroux, il direttore artistico, che vive una tormentata storia d’amore con Poggi, il fotografo ufficiale della rivista; e De Cesari, agente dei servizi, che diventa una figura ambigua, sospesa tra protezione e sfruttamento. Nel finale, Adelina riesce a ribaltare ogni previsione: vince contro Playboy, riporta Playmen sotto il suo controllo e si libera definitivamente del marito, scoprendo che l’unica vera libertà è scegliere sé stessa. Anche le relazioni intorno a lei esplodono o si trasformano: Elsa rompe con De Cesari, Chartroux si licenzia, Poggi viene arrestato, Lorenzo prende posizione. Il tetto della redazione, luogo simbolico, diventa la scena dell’ultimo confronto tra Adelina e Balsamo: non più vittima, ma donna consapevole. Non lo denuncia per violenza, ma per bigamia: è la legge, stavolta, a restituirle giustizia.
Regista: Riccardo Donna
Sceneggiatura: Mario Ruggeri
Produttore: Benedetta Fabbri
Cast: Carolina Crescentini, Filippo Nigro, Giuseppe Maggio, Francesca Colucci.
Dove vederlo: Netflix

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