Nobody Wants This 2: il dialogo tra Joanne e Noah sul comodino e la conversione

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Articolo a cura di...

~ LA REDAZIONE DI RC

Contesto della serie "Nobody Wants This 2"

Nobody Wants This è una serie dramedy corale, brillante nei dialoghi e affilata nei conflitti, che ruota intorno a un gruppo di personaggi legati da amicizie, legami familiari e relazioni romantiche complicate. Al centro della narrazione troviamo Joanne e Noah, una coppia apparentemente molto distante per stile di vita, cultura e religione: lei è ironica, indipendente, razionale; lui è un rabbino, guidato da fede, ritualità e senso di comunità.

Attorno a loro si muovono personaggi altrettanto sfaccettati: Morgan, sorella maggiore di Joanne, protagonista di relazioni sempre al limite tra l’ego e l’instabilità; Sasha ed Esther, una coppia sposata che cerca di sopravvivere all’ordinario senza perdere la propria identità; Ashley, voce cinica e tagliente del podcast che le ragazze conducono insieme; e infine Andy, terapeuta di Morgan ma anche – paradossalmente – suo compagno, in un rapporto che sfida ogni dinamica terapeutica o sentimentale convenzionale.

La serie si muove tra episodi di vita quotidiana, feste ebraiche, cene disastrose, sedute di terapia di coppia, equivoci e piccoli drammi urbani. È una storia fatta di nevrosi moderne e desideri profondi: trovare una forma d’amore che sia autentica senza perdere sé stessi.

La seconda stagione approfondisce i nodi più difficili: il tema della conversione religiosa, le crisi di identità, il bisogno di appartenenza, la paura del fallimento, e soprattutto la domanda che accompagna ogni personaggio: Quanto posso cambiare per essere amato, senza smettere di essere me stesso?

Il finale della seconda stagione di "Nobody Wants This" (SPOILER)

Il decimo episodio della stagione 2, “Noah, ti presento Joanne”, si apre con una rottura: Joanne e Noah hanno deciso di lasciarsi, ma per non rovinare la festa di fidanzamento di Morgan e Andy, fingono ancora di stare insieme. Ma è solo una maschera: le crepe sono profonde, e la loro relazione sembra davvero arrivata alla fine.

In parallelo, anche Morgan è in crisi. Dopo settimane di incertezze, si rende conto di non amare più Andy. Prova a lasciarlo durante la festa, ma lui la sorprende mostrandole una profonda comprensione dei suoi schemi emotivi. È un momento ambiguo, che la spiazza. Joanne, dal canto suo, continua a oscillare tra la frustrazione e la delusione: Noah le propone di aspettare ancora sei mesi prima di decidere davvero sulla convivenza, ma per lei è solo un altro modo di rimandare. E stavolta, dice no.

Le tensioni esplodono. Morgan rompe il fidanzamento. Sasha e Esther si osservano da lontano, incapaci di capire se restare insieme li stia aiutando o distruggendo. Noah e Joanne, esausti, si lasciano sul serio: non hanno più risposte, non hanno più un piano.

Eppure, proprio quando tutto sembra crollare, arriva un cambio di prospettiva inaspettato.


Esther fa notare a Joanne come, in fondo, lei sia già ebrea: non per conversione religiosa, ma per valori, per sensibilità, per modo di affrontare il dubbio. È una sorta di epifania sommessa, una rivelazione che non ha bisogno di cerimonie.

Joanne corre da Noah. E lo trova. I due si guardano come all’inizio, ma con tutta la stanchezza e la consapevolezza accumulata nel tempo. Noah le dice che la ama, a prescindere da tutto. E Joanne, finalmente libera, risponde: “Allora sei fortunato.”

Si baciano. E ci lasciano con una speranza concreta: non che sarà facile, ma che sarà reale.

Analisi dialogo

Joanne: Kristen Bell

Noah: Adam Brody

Joanne: Non è bello.

Noah: Si, non è fantastico… Dunque, quando avresti deciso che non ti convertirai mai. Io non so cosa pensare.

Joanne: Non l’ho ancora deciso! Pensavo che tu avessi detto che sceglievi me, quindi…

Noah: Infatti scelgo te,

Joanne: Però…

Noah: E’ solo che…

Joanne: Però soltanto se mi converto. 

Noah: Ascolta. Non è una regola, è solo che speravo fosse una cosa che avresti voluto fare, prima o poi. Ma… se non vuoi, allora… non lo so, mi si complica parecchio la vita.

Joanne: Io non posso decidere se è quello che voglio per me stessa con questa pressione addosso. 

Noah: Lo so. Lo so. 

Pausa

Noah: Siamo spacciati?

Joanne: Scusami? Tu non puoi, no… Sono io quella cinica. Le dico solo io quelle cose, se sei tu a dirle è inquietante.

Noah: Si, un pò inquietante lo è.

Joanne vede il comodino di fianco al suo lato del letto.

Joanne: Quello da dove è spuntato?

Noah: Oh… Visto che impilavi tutte le tue cose ti ho preso un comodino dove metterle. Cioè, non c’entra granché col resto ma…

Joanne: Mi prendi in giro?

Noah: Perché, è così strano?

Joanne: Mi prendi in giro? Noah!

Noah: Si!

Joanne: Mi prendi in giro?? Noah?

Noah: Ti piace?

Joanne: Si. Questa è la cosa più romantica mai fatta da chiunque sul pianeta terra. Mi hai preso un comodino per la mia torre. Chi riesce ad avere un pensiero del genere.

Noah: Io ci riesco. Voglio solo che tu sia felice. 

Joanne: Io sono felice. Non voglio affrontare tutto questo.

Noah: Non voglio affrontarlo neanche io.

Joanne: Godiamoci il fatto che stiamo insieme.

Noah: Ok. Ok.

Joanne: Si.

Noah: Ma un giorno dovremo pensarci.

Joanne: Non oggi. 

Noah: Mhm-mhm. 

Nella prima puntata della seconda stagione di Nobody Wants This, c’è un dialogo che racchiude l’intera anima della serie: quello tra Joanne e Noah sul tema della conversione religiosa e del loro rapporto di coppia. Si tratta di una scena che non ha bisogno di grandi eventi per essere significativa. Bastano un comodino, una battuta sulla pressione sociale e una pausa di qualche secondo per trasformare una discussione in un momento emotivamente esplosivo.

Il dialogo si apre con una frase disarmante: “Non è bello.” Joanne rompe il silenzio con un giudizio secco. Non si riferisce a una questione estetica, ma a qualcosa di più profondo: la sensazione di essere sotto pressione, di sentirsi giudicata, di non avere ancora scelto se convertirsi o no, e di dover affrontare quel tema troppo presto. Noah non la contraddice. Anzi, si allinea subito: “Sì, non è fantastico…” Ma poi ribalta il tavolo: chiede quando ha deciso di non convertirsi, lasciando intendere che quella scelta ormai è quasi scontata, definitiva. La sua è una frase amara, ma non aggressiva. È carica di frustrazione e insicurezza.

Joanne si difende: non ha ancora deciso nulla, ma pensava che la promessa di Noah — "scelgo te" — valesse comunque, senza condizioni.

Noah ribadisce: "Infatti, scelgo te", ma subito dopo fa emergere la contraddizione interna: la scelta c'è, ma è subordinata alla speranza che lei, prima o poi, scelga la conversione. Il nodo del dialogo è tutto qui:

Per Noah, amare Joanne non significa smettere di sperare che lei sposi anche la sua fede.

Per Joanne, essere scelta non dovrebbe passare da una condizione spirituale o culturale.

Quando Noah dice: “Se non vuoi, allora… non lo so, mi si complica parecchio la vita.  sta dicendo la verità più scomoda del loro rapporto. Non è una questione d’amore, ma di coabitazione culturale. Se lei non si converte, la sua vita da rabbino, i suoi ruoli, i suoi contesti sociali… diventano più fragili. E qui Joanne esplicita ciò che prova: “Io non posso decidere se è quello che voglio per me stessa con questa pressione addosso.” Questo è il cuore del dialogo. La pressione rovina tutto. Non solo l’amore, ma anche il percorso spirituale. La trasformazione, se mai arriverà, deve essere libera.

Poi… Silenzio. Pausa. E arriva la domanda più sincera e disperata della scena: “Siamo spacciati?” Ma a dirla non è Joanne, la cinica, l’ironica, quella che smorza sempre tutto con un sorriso, è Noah. Ed è proprio per questo che la battuta ha un impatto fortissimo. Joanne, spiazzata, reagisce con sarcasmo, cercando di riportare i ruoli al loro posto: “Sono io quella cinica. Se sei tu a dirle è inquietante.”

Ed è qui che arriva il gesto più semplice e potente di tutto l’episodio. Noah, quasi a caso, tira fuori il fatto di averle comprato un comodino. Un mobile. Una cosa concreta. Un oggetto apparentemente banale, ma che nella quotidianità ha un valore simbolico fortissimo: “Ti ho fatto spazio. Ho pensato a te. Ti voglio qui.” Joanne reagisce con stupore: “Mi prendi in giro?” E poi, scivolando in un’ondata di tenerezza, ammette: “È la cosa più romantica mai fatta da chiunque sul pianeta Terra.” Non c’è bisogno di gesti eclatanti, promesse eterne o anelli. Basta un comodino per una torre di oggetti a dire “sei la benvenuta nella mia vita”.

Alla fine i due non risolvono nulla. La questione della conversione resta sospesa. Il dubbio rimane. Ma trovano una tregua.”Il problema non è risolto, ma rimandato. Forse non è una soluzione, ma è un modo per respirare.

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