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La tua felicità e soddisfazione sono la nostra priorità assoluta. Vogliamo che tu ti senta ascoltato, capito e supportato in ogni fase del tuo percorso. FMA ha creato un ambiente in cui potrai non solo imparare e crescere come attore, ma anche sviluppare una rete di contatti vasta e preziosa.
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C’è un momento, prima di girare, in cui il silenzio pesa più delle parole. È il momento in cui l’attore si ferma, respira, lascia fuori dalla scena ogni intenzione di dimostrare qualcosa. Perché in quella pausa non c’è bisogno di effetti, né di gesti teatrali. In quel momento, l’unica cosa che serve è esserci davvero.
Questo tipo di approccio – intimo, essenziale, apparentemente “semplice” – è tra i più complessi da padroneggiare. Perché comunicare un’emozione senza urlarla, senza farla esplodere sul volto, senza che una lacrima scenda a comando… richiede consapevolezza, presenza, ascolto. E soprattutto, verità. Nel cinema, c’è una tentazione ricorrente: pensare che più l’attore riesce a “mostrare” il dolore, più sarà convincente. È un retaggio, in parte, del teatro più classico. Una lacrima che cade nel momento giusto, un urlo strozzato, una smorfia controllata: tutti elementi che il pubblico riconosce come segnali evidenti di sofferenza o tensione.
Ma il cinema – quello autentico – non vive di segnali. Vive di verità. E la verità, spesso, non si manifesta con la lacrima. Molte delle scene più emozionanti della storia del cinema sono silenziate. Poche parole, sguardi fermi, mani che tremano appena, corpi che rimangono immobili in attesa. In Accademia, lavorare su questo tipo di verità significa imparare a togliere, non ad aggiungere. Togliere le maschere, le intenzioni troppo calcolate, le scorciatoie emotive. Significa stare nella scena senza “recitarla”.
Uno dei concetti chiave della recitazione cinematografica, e che FMA esplora fin dai primi moduli, è il lavoro di sottrazione. Non si tratta di togliere il superfluo, ma di capire quanto poco serva per trasmettere una cosa vera. Prendiamo un esercizio tipico: due attori si siedono uno di fronte all’altro. Non hanno battute. Devono solo restare lì, guardarsi, respirare. Sembra banale. Ma non lo è. Dopo pochi secondi, l’inquietudine prende il sopravvento: il corpo vuole muoversi, la mente vuole parlare. Ma la scena inizia proprio quando smetti di voler controllare. In questi momenti, lo studente impara che recitare non è “fare qualcosa”, ma accogliere ciò che c’è. È l’allenamento a non forzare il pianto, ma a lasciarlo arrivare (o no). È sapere che anche se non arriva, l’emozione può comunque essere lì, viva e percepibile.
Quante volte abbiamo visto un personaggio attraversare un momento cruciale senza dire nulla? Pensiamo a Casey Affleck in Manchester by the Sea. A Juliette Binoche in Il paziente inglese. A Joaquin Phoenix in Her, quando guarda uno schermo e non riesce a dire addio. In queste scene, la regia aiuta. La luce è spesso morbida, lo spazio intimo, la camera vicina ma rispettosa. Ma è l’attore che tiene tutto in equilibrio. Non perché “fa poco”, ma perché ha fatto moltissimo nella costruzione precedente. Il lavoro emotivo è stato fatto, ma è trattenuto. È dentro. E quella tensione trattenuta è più potente di qualunque lacrima. FMA insiste molto su questo principio: il non detto, nel cinema, è uno spazio potentissimo. Si lavora sul sottotesto, su ciò che c’è “tra le righe”, su quello che non si dice ma si pensa. Durante i corsi di recitazione, scene tratte da testi come Closer, Il dubbio, Revolutionary Road o Scene da un matrimonio vengono esplorate proprio per questo motivo: per scoprire come un’intera valanga emotiva può stare in una sola frase detta a mezza voce. O in uno sguardo che si abbassa al momento giusto.
Non si può lavorare sulla sottrazione se prima non si ha il controllo di sé. Ecco perché all’interno del percorso FMA c’è un’attenzione costante al lavoro sul corpo e sulla voce. Non per trasformare gli attori in atleti, ma per dar loro uno strumento: il proprio corpo come luogo di verità. Il respiro, ad esempio, è spesso trascurato da chi recita. Ma è proprio il ritmo del respiro a tradire l’emozione reale. Chi finge di piangere ma respira in modo regolare… non sta trasmettendo niente. Chi invece accetta di essere vulnerabile e lascia che il respiro si modifichi, anche senza piangere, può comunicare moltissimo. Le classi di lavoro fisico, vocale e interpretativo servono esattamente a questo: a conoscere il proprio ritmo interno e a non averne paura. Così, quando sarà il momento di girare una scena intensa, l’attore saprà cosa lasciar fluire e cosa invece trattenere.
Un’altra trappola comune, su cui si lavora molto in masterclass e laboratori FMA, è l’imitazione dell’emozione. Lo studente ha visto una scena al cinema in cui il personaggio urla, quindi pensa che “quella” sia l’unica forma giusta per esprimere rabbia. Ma ogni attore è diverso. Ogni emozione, in ogni corpo, si manifesta in modo diverso. Il percorso formativo in Accademia, per questo, è anche un percorso personale. Serve a scoprire la propria voce, il proprio modo di sentire, il proprio modo di esprimere. Si può piangere in scena, certo. Ma se quel pianto arriva da una costruzione “meccanica”, il pubblico se ne accorge. Il lavoro è quello di stare nel tempo giusto. Anche quando non succede nulla. Anche quando tutto è trattenuto.
A fine anno, durante gli esami, capita spesso di assistere a performance in cui non succede niente di plateale. Nessuno urla, nessuno piange, nessuno si dispera. Ma succede qualcosa di più profondo: due attori si guardano. Si ascoltano. Sentono quello che sta succedendo, anche se non sanno dargli un nome. Queste sono le scene che lasciano il segno. Quelle che restano nella memoria. Perché sono vere. E il vero, nel cinema, è raro. Proprio per questo colpisce così tanto. Alla fine, “non hai bisogno di piangere” è molto più che un consiglio tecnico. È un invito. A fidarti di te stesso, del testo, del momento. A lasciare andare l’idea di prestazione. E a scoprire che spesso, quando smetti di voler emozionare… emozioni davvero. Per chi studia recitazione, specialmente in un ambiente pratico e concreto come Focus Movie Academy, questo è uno dei traguardi più preziosi. Capire che non devi mostrare. Devi essere. La sfida più bella di tutte.
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