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~ LA REDAZIONE DI RC
Nel cinema, il parrucchiere è spesso una figura di sfondo, un artigiano che lavora nell’ombra per trasformare l’aspetto dei personaggi. Ma ci sono film in cui il parrucchiere diventa il vero protagonista della storia. A volte è un outsider geniale, altre volte un confidente della comunità o persino un personaggio inquietante. Il mestiere di chi impugna forbici e pettine è stato raccontato in modi molto diversi, dall’intimità del salone di bellezza alla violenza della vendetta.
"Edward mani di forbice" (1990): Il parrucchiere come artista incompreso
Uno dei parrucchieri più celebri della storia del cinema non usa forbici normali, ma ha letteralmente lame al posto delle dita. Edward mani di forbice, diretto da Tim Burton, racconta la storia di un outsider con un talento straordinario per l’hairstyling, ma incapace di trovare il suo posto nel mondo. Edward, interpretato da Johnny Depp, trasforma le donne del quartiere con tagli stravaganti e scultorei, ma la sua diversità lo condanna all’emarginazione. Il film usa la figura del parrucchiere per parlare di arte, solitudine e accettazione, mostrando come il talento possa essere sia una benedizione che una maledizione.
"The Man Who Wasn’t There" (2001): Il barbiere silenzioso e il noir esistenziale
Nel cinema dei fratelli Coen, ogni mestiere può diventare metafora di qualcosa di più grande. In The Man Who Wasn’t There, Billy Bob Thornton interpreta Ed Crane, un barbiere taciturno che si trova coinvolto in un complotto criminale.
Il film, girato in bianco e nero, usa il mestiere del barbiere per esplorare il tema dell’identità e della monotonia quotidiana. Ed taglia i capelli agli altri, ma sembra incapace di dare una direzione alla propria vita. Il contrasto tra il suo lavoro metodico e il caos che lo travolge crea un’atmosfera tipicamente noir, in cui il protagonista è un uomo schiacciato dal destino.
Il parrucchiere e la comunità: Un ruolo sociale e culturale
"Shampoo" (1975): Un parrucchiere al centro del potere e del desiderio
Warren Beatty interpreta George Roundy, un parrucchiere di Beverly Hills che usa il suo fascino e il suo mestiere per sedurre clienti e amanti. Il film, ambientato alla vigilia delle elezioni del 1968, racconta la superficialità e il disincanto dell’epoca attraverso gli occhi di un uomo che vive di apparenze. La figura del parrucchiere in Shampoo diventa simbolo di un’America in bilico tra libertà sessuale e crisi di valori. George è abile con le forbici, ma incapace di prendere decisioni sul suo futuro, e il film lo mostra come un uomo prigioniero della sua stessa immagine.
"Barbershop" (2002): Il salone come cuore della comunità
Mentre Shampoo racconta un parrucchiere individualista e disilluso, Barbershop di Tim Story celebra il salone come luogo di aggregazione sociale. Ambientato in un quartiere afroamericano di Chicago, il film mostra come il barbiere Calvin (Ice Cube) erediti il negozio di famiglia e cerchi di mantenerne lo spirito autentico. Il salone diventa un punto d’incontro dove si discute di politica, cultura e problemi della comunità. In questo caso, il parrucchiere non è solo un professionista, ma anche un mediatore sociale, un amico e un simbolo di continuità generazionale.
"Sweeney Todd: Il diabolico barbiere di Fleet Street" (2007): La forbice come arma
Se in altri film il parrucchiere è un artista o un confidente, in Sweeney Todd diventa un mostro assetato di vendetta. Diretto da Tim Burton e interpretato da Johnny Depp, il film racconta la storia di Benjamin Barker, un barbiere ingiustamente imprigionato che torna a Londra con un nuovo nome e un solo obiettivo: uccidere il giudice che gli ha rovinato la vita. La poltrona da barbiere diventa il luogo dell’esecuzione, le lame si trasformano in armi e il taglio di capelli è solo il preludio a un destino più oscuro. Il film mescola horror, musical e tragedia, mostrando come un mestiere legato alla cura dell’immagine possa essere ribaltato in una narrazione di sangue e ossessione.
"Blow Dry" (2001): Il parrucchiere e la competizione come redenzione
Più leggero ma altrettanto interessante è Blow Dry, una commedia britannica con Alan Rickman nei panni di un ex campione di hairstyling costretto a tornare in gara. Il film segue il classico schema della competizione come occasione di riscatto personale, mostrando un parrucchiere burbero e disilluso che ritrova la passione per il suo mestiere grazie a un concorso nazionale. È una storia che unisce humour, emozione e un pizzico di follia creativa, mettendo in luce il lato spettacolare dell’hairstyling professionale.
Il parrucchiere nel cinema storico e politico
"The Favourite" (2018): Capelli di corte e giochi di potere
Nel film di Yorgos Lanthimos, ambientato nel XVIII secolo, le acconciature elaborate della corte inglese diventano un elemento visivo chiave per raccontare la gerarchia sociale e la rivalità tra le protagoniste. I parrucchieri della regina Anna (Olivia Colman) creano strutture sontuose e barocche, simbolo di un mondo in cui l’apparenza è tutto.
"Marie Antoinette" (2006): La regina e le sue parrucche
Anche in Marie Antoinette di Sofia Coppola i parrucchieri giocano un ruolo fondamentale. Le parrucche e le acconciature estreme di Kirsten Dunst mostrano il lusso sfrenato e l’eccesso della corte francese prima della Rivoluzione. Qui il parrucchiere non è solo un professionista, ma un ingranaggio del sistema di potere.
Conclusione: Il parrucchiere come specchio della società
Il cinema ha esplorato il mestiere del parrucchiere in modi molto diversi: dall’artista solitario di Edward mani di forbice al barbiere vendicativo di Sweeney Todd, dal confidente della comunità in Barbershop all’uomo in crisi esistenziale di Shampoo. Ogni volta che un film sceglie di mettere al centro della storia un parrucchiere, sta raccontando qualcosa di più grande: il rapporto tra immagine e identità, il potere delle trasformazioni, il valore del contatto umano.
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