Frame to Frame - Past Lives

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Articolo a cura di...


~ GIULIA DE ANGELIS

Non un film d'amore


Past Lives non è un film d’amore.

L’esordio alla regia di Celine Song, drammaturga di spicco della scena teatrale di New York, racconta una storia molto personale, autobiografica. È ispirata a un fatto realmente accaduto nella sua vita, la scena iconica in cui la donna si trova seduta in un bar tra due uomini provenienti da

periodi e luoghi molto diversi della sua vita. Uno era suo marito di New York, l'altro il suo amore d'infanzia, che era venuto dalla Corea per visitare la città. In quel bar, nel ruolo sia di traduttrice che di intermediaria, Song ha avuto la strana sensazione di attraversare due dimensioni alternative, fondendole in una sola che in qualche modo riusciva a trascendere la cultura, il tempo,

lo spazio e la lingua.


Nora e Hae Sung, due amici d'infanzia profondamente legati, si separano radicalmente quando la famiglia di Nora emigra dalla Corea del Sud. Due decenni dopo si ritroveranno a New York e vivranno una settimana cruciale in cui si confronteranno sul destino, l'amore e le scelte che

segnano il corso della vita.

Relazioni e identità


Più che d’amore, oserei dire che Past Lives parla di identità, radici, di fratture, di universi paralleli che si toccano, si sfiorano e poi si allontanano inesorabilmente, come inesorabile è accettare di perdere alcune parti di noi stessi nel momento in cui diventiamo le persone che siamo, e accettare il modo in cui le nostre vite sono modellate da coloro che amiamo. È un film che racconta cosa vuol dire esistere e com’è tragico e meraviglioso scegliere una vita, un amore, un posto da chiamare casa. Il dramma che snocciola il film risiede nella presa di consapevolezza che scegliere una vita significa perderne un'altra, abbandonando così un pezzo di noi stessi, lasciandolo indietro, nel posto da cui siamo andati via.


È una storia che si sviluppa per dualismi, così come doppio è il significato della ricorrente espressione “In-Yun”, che in coreano può significare provvidenza, ma anche destino. Il personaggio di Nora è costantemente diviso in due: due lingue, due culture, due identità, due vite diverse, due realtà speculari che ci lasciano con una domanda: come arriviamo ad essere chi siamo? Tramite una serie di coincidenze o di scelte consapevoli?

Girato in 35mm e illuminato dalla fotografia onirica e introspettiva di Shabier Kirchner, il film narra una storia piccola quanto enorme che utilizza la tecnologia per raccontare un rapporto umano che muta e si rincorre negli anni.

Il destino


In contrasto con una regia che si percepisce come molto decisa, controllata e sicura di ogni nota emotiva e conflittuale della storia, la pellicola restituisce una meditazione profondamente risonante e generosa sulla soggettività e la vulnerabile parzialità delle risposte che siamo in grado

di darci rispetto a certi quesiti sulla vita e sulla realtà che ci è toccata, o che abbiamo scelto.

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