Past Lives: il potere del silenzio nel film di Celine Song

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Analisi a cura di...

~ Nicole Pagella

C’è una parola in Coreano, In-Yun, che significa provvidenza/destino.

Si pensa che se due sconosciuti camminano l’uno accanto all’altro per strada e si sfiorano, ci sono stati 8000 strati di In-Yun tra di loro. Significa che c’è stato qualcosa tra di loro in una vita passata.

Past Lives è stato il debutto alla regia di Celine Song nel 2023, con protagonisti Greta Lee, Teo Yoo e John Magaro. Nominato agli Oscar 2024 come Miglior Film e Miglior Sceneggiatura Originale, racconta la storia di Nora (Greta Lee) e Hae Sung (Teo Yoo), due amici d’infanzia che a 12 anni si separano con il trasferimento di Nora e la sua famiglia da Seoul agli Stati uniti. I due si rincontrano di persona a New York 24 anni dopo, con Nora sposata ormai da 8 anni con Arthur (John Magaro) e Hae Sung con un lavoro stabile e appena uscito da una relazione. Passano così alcuni giorni insieme, confrontandosi sul destino che li ha separati e costretti a “rompere” quel legame profondo che li univa, sì come amici, ma anche come qualcosa di più… e che molto probabilmente li unisce ancora.

Basterà quel legame e i loro sentimenti a farli tornare insieme? Oppure saranno le loro vite presenti e le scelte fatte durante quei 24 anni a vincere?

Celine Song, autrice sudcoreana che ha vissuto in Canada, ha scritto questo film basandolo su un evento vissuto da lei in prima persona quando viveva a New York, e una sera si trovò in un pub, seduta in mezzo a suo marito e il suo migliore amico/primo amore d’infanzia.

Decise così di ricreare quel momento e porlo come scena di apertura nel film, dove si vedono i tre protagonisti, con Nora seduta in mezzo ai due uomini, che parlano e di sottofondo le voci di un uomo e una donna che commentano la scena, cercando di capire quale sia la relazione tra i tre.

È molto curioso come all’inizio anche tu, da subito, ti senti parte di questa “investigazione”.

Ti metti a osservare i tre, come si muovono, come si guardano, se sorridono o sono seri, chi parla con chi… e da quel momento non riesci a smettere.

Questi tre attori riescono a portare avanti il film in un modo ipnotico.

In che modo? Con i loro silenzi. Con i loro sguardi, che dicono più di mille parole e che sono più intimi di qualsiasi contatto fisico.

Da attori, ma anche nella nostra vita normale, penso che molto spesso abbiamo paura dei silenzi. Vogliamo affrettare le cose, dire subito la nostra prossima battuta e far capire come ci sentiamo. Pensiamo che dobbiamo riempire ogni momento con qualche azione o parola, e ci mette a disagio stare fermi e semplicemente vivere quel momento di quiete. Abbiamo paura perché con il silenzio non possiamo controllare la reazione dell’altra persona, mentre parlando,

in base a come diciamo una cosa, ce ne possiamo fare un’idea.

Eppure, io penso che i silenzi siano sottovalutati. Quel momento dove ti fermi e guardi negli occhi l’altra persona, che sia nella vita reale o su un palcoscenico/set, è il momento più vulnerabile che ci sia. Non ti puoi nascondere, ed è meraviglioso poterlo osservare e vedere tutte le cose che ci sono dietro a un momento di silenzio. E come dice l’attore che interpreta Hae Sung in un’intervista: “gli occhi sono l’unica parte del sistema nervoso che sono completamente esposti al mondo esterno, e che perciò sono un ponte perfetto al tuo cervello, le

tue emozioni e il tuo cuore”.

La scena finale penso sia il culmine di questo. Quando Nora e Hae Sung si salutano, e aspettando l’uber non dicono una parola. Passano due minuti di silenzio, dove anche tu da spettatore senti il cuore che batte a mille ma allo stesso tempo si fa più pesante, mentre i due si guardano, si capiscono… e così continuano le loro vite.

Una cosa su cui la regista Celine Song si è voluta focalizzare durante le prove, era la mancanza di contatto fisico. Non ha voluto che Greta Lee e Teo Yoo si toccassero fino al giorno in cui hanno girato la scena in cui Nora e Hae Sung si rincontrano a New York dopo 24 anni e si abbracciano. Anche per questo, infatti, il rapporto tra Nora e Hae Sung non è basato sul contatto fisico, ma più sugli sguardi e i momenti di silenzio. In completa opposizione con il

rapporto tra Nora e Arthur, che invece si baciano, si tengono per mano, si coccolano a letto, e che hanno comunque un legame profondo tra di loro, solo in un modo diverso.

Ho amato come è stato scritto e rappresentato il personaggio di Arthur; il marito che in questo caso fa anche un pò da terzo incomodo, ma che comunque accetta, con rispetto e bontà, che la moglie voglia rivedere il suo amico d’infanzia e capisce l’importanza che lui ha ed ha avuto nella sua vita. Capisce che Hae Sung è l’unica cosa che in quel momento fa sentire Nora più vicina alla sua cultura, a Seoul, alla sua lingua e che da un lato può dare a lei una vicinanza che lui non

potrà mai darle.

C’è un momento nel film dove Arthur e Hae Sung si incontrano per la prima volta, prima che i tre escano a cena insieme e poi a bere. Quel momento in cui i due si incontrano, è stata anche la prima volta che i due attori si sono visti e incontrati.

I due avevano provato prima delle riprese su Zoom ma avendo entrambi le telecamere oscurate. Celine Song ha voluto che Greta lavorasse ovviamente con entrambi gli attori per costruire le due relazioni diverse, ma non ha voluto che i due attori si vedessero fino al momento di quella ripresa. E anche lì… il silenzio e gli sguardi tra i due uomini sono tutto ciò che serve per capire cosa sentissero i personaggi in quel momento.

Una cosa che ha contribuito a enfatizzare ancora di più la differenza tra le due relazioni, sono le due lingue parlate all’interno di esse. Nora e Hae Sung parlano sempre e solo coreano; mentre Nora e Arthur inglese. E questa è una cosa che ho apprezzato molto, perché penso che molto spesso ci si vuole adeguare alla massa, e invece magari di fare un film bilingue all’estero o in una lingua che non sia l’inglese, si traduce il copione e si cambiano le nazionalità dei personaggi

solamente per girarlo nella “lingua universale”. Ma mantenendo qui le due lingue, si è valorizzata e onorata la cultura coreana, che è una parte fondamentale della vita della regista. Past Lives è un film che ti emoziona, che ti scalda il cuore, che ti fa osservare e riflettere su quanto ogni scelta influenzi la nostra vita e così tutte le nostre relazioni. Ti fa riflettere sull’amore e su come molto spesso per quanto sia forte il sentimento, la vita va avanti, e la distanza diventa un ostacolo troppo grande. Ti fa riflettere su come il tuo primo amore, avrà sempre una parte del tuo cuore, ma che anche se con quella persona non è andata ci sarà sicuramente qualcun altro che ti farà sentire amat*. Ti fa riflettere su quanto sia doloroso

lasciare quella città, quella cultura, in cui sei cresciuto e così diventare una nuova versione di te. Ti fa domandare se effettivamente con ogni persona che hai sfiorato hai avuto un qualcosa in una vita passata, e cosa magari potreste essere in una vita futura. E infine, ti fa capire la bellezza del mostrarsi alle persone, di aprirsi con gli occhi e la semplicità dei silenzi, senza complicare le cose, senza paura, perché alla fine tutti vogliamo la stessa cosa: essere visti, essere capiti.

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