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Articolo a cura di...
~ ANNA GRAZIA BIANCAMANO
“State a sentire la mia storia,
ero in Cina con il mio papà,
e per errore siam caduti nelle sorgenti, Patatrac!
Da quel giorno iniziò per noi una vita di avventure,
la sorgente fu fonte di guai trasformando Ranma in una “lei”
e il suo babbo in un panda,
sembra una storia stramba,
eppure questo e' Ranma.”
Sigla italiana della prima serie
Rumiko Takahashi è un nome che qualsiasi appassionato di manga e anime dovrebbe conoscere. La sua creatività poliedrica e la sua capacità di fondere generi disparati hanno influenzato profondamente l'industria giapponese, conquistando generazioni di lettori a partire dalla fine degli anni '70.
Il talento di Rumiko Takahashi è il frutto di un grande spirito di osservazione e di una solida formazione. La sua curiosità l'ha portata a leggere voracemente le opere di grandi maestri come Osamu Tezuka, Ikegami Ryōichi, Fujio Akatsuka e Fujiko Fujio.
Definita “La regina dei manga”, è famosa per la sua incapacità di prendersi una pausa: non appena conclusa un’opera, pensa già a quella successiva.
Quando venne pubblicato l’ultimo capitolo di Maison Ikkoku nel luglio 1987, Rumiko stava fantasticando su una storia comica incentrata sul kung-fu, ispirata dal film “Drunker Master” con Jackie Chan. Ma durante la fase di creazione sentiva che doveva aggiungere ancora qualcosa e fu così che si ricordò di Boku no Shotaiken ("La mia prima volta") di Hikaru Yuzuki, un manga del 1975 in cui il protagonista si ritrova in un corpo femminile per via di un esperimento scientifico.
Nasce così l’incipit di Ranma ½:
Negli anni ’80 Genma Saotome e suo figlio Ranma intraprendono un viaggio di addestramento in Cina. Durante un’esercitazione nei pressi delle Sorgenti Maledette di Jusenkyo ignorano gli avvertimenti del custode e cadono dentro due distinte sorgenti. Quando riaffiorano Genma è diventato un panda e Ranma è diventato una ragazza. La maledizione di quelle acque porta i malcapitati ad assumere le sembianze dell'essere annegatovi secoli o millenni prima. Da quel giorno, padre e figlio, dovranno bagnarsi con l’acqua calda per recuperare il loro aspetto ma l’acqua fredda lì farà trasformare nuovamente.
Tornati in Giappone, nel quartiere di Nerima a Tokyo la loro vita sarà una continua commedia degli equivoci che sconvolgerà per sempre la vita della famiglia che li ospiterà: i Tendō.
La prima trasposizione animata di Ranma risale al 1989 ma fu trasmessa in Italia soltanto verso il 1995, ottenendo un riscontro positivo sia tra il pubblico maschile che tra il pubblico femminile.
Quest’anno Netflix rilancia l’opera in un nuovo adattamento che riprendere fedelmente il manga e sembra portare novità quasi impercettibili nei dialoghi e su come vengono affrontate le criticità interiori del protagonista adolescente che vive un naturale disagio iniziale.
Uso “sembra” perché al momento è disponibile solo il primo episodio. Confrontandolo quello vecchio ho notato scambi di battute più leggeri tra Ranma e Akane e un modo di interagire da parte del ragazzo meno rigido e più rilassato.
Il punto forte delle opere di Rumiko Takahashi è che non vi è un’attenzione morbosa o didascalica nell’affrontare un tema. Rumiko è sempre andata oltre, dando valore anche a piccoli personaggi. Il nome stesso di “Ranma” significa “confusione” e non è male sperimentare quel disordine dato dall’imprevedibilità di un anime ricco di combattimenti eccentrici, tinte dai colori di un amore che si concretizza coi tempi individuali dei protagonisti
In questi giorni sui social ci sono state piogge di commenti su pregi e difetti del remake, sul doppiaggio, sui disegni, ma con un episodio soltanto le conclusioni sono ancora lontane dall’essere definitive…
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