Il rapporto dell'attore con le lenti e la distanza dalla MDP

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~ LA REDAZIONE DI RC

La Distanza e l’Intensità della Recitazione

Quando la macchina da presa si avvicina al volto dell’attore, entra in gioco una recitazione di sottigliezze: ogni piccola espressione facciale, un lieve tremolio delle labbra, o anche solo il cambio di luce negli occhi può diventare il fulcro emotivo della scena. In queste inquadrature strette, chiamate close-up, l’attore non può “nascondersi” dietro i grandi gesti o il dialogo intenso; qui ogni dettaglio, per quanto piccolo, deve essere autentico. La vicinanza della telecamera crea un’intimità con lo spettatore che amplifica ogni sfumatura emotiva, permettendo di sentire l’emozione a un livello quasi viscerale.


I registi scelgono inquadrature ravvicinate per catturare momenti di grande intensità, spesso durante rivelazioni o momenti cruciali per il personaggio. Ecco perché, in queste situazioni, è richiesta una “recitazione interiore”: significa che l’attore deve portare la sua emozione dentro, concentrandosi su una presenza emotiva che si manifesta più con il pensiero e la tensione interna che con l’espressione esteriore. Non è raro che una scena eseguita in close-up venga rifatta diverse volte per cogliere l’esatta sfumatura di sentimento che il regista desidera.

Teleobiettivi vs. Grandangoli: La Differenza Emotiva nella Prospettiva

L’uso di teleobiettivi e grandangoli è un vero e proprio strumento per influenzare la percezione emotiva della scena. I teleobiettivi, ad esempio, sono lenti che comprimono la distanza, creando l’effetto di schiacciare i piani tra l’attore e lo sfondo. Quando un regista sceglie un teleobiettivo, spesso vuole isolare il personaggio, dando l’impressione che sia separato dal mondo intorno a sé, quasi intrappolato nei suoi pensieri. Questo tipo di lente è ideale per scene in cui il personaggio vive un momento di solitudine, confusione o intensità emotiva: lo spazio appare ristretto, il personaggio è quasi “circoscritto” nel suo stato d’animo, e il pubblico si sente trascinato in quella stessa intimità mentale.


D’altra parte, il grandangolo allarga la prospettiva, includendo molto più contesto visivo nella scena. Questa lente fa sembrare che l’attore sia più inserito nell’ambiente, e le sue interazioni fisiche diventano parte fondamentale dell’inquadratura. I grandangoli sono spesso usati per enfatizzare la vastità di uno spazio o per situazioni in cui l’ambiente gioca un ruolo significativo nel raccontare la storia. In una scena di tensione o di conflitto, un grandangolo può aggiungere un senso di distacco, sottolineando quanto il personaggio si senta perso o sopraffatto dal mondo che lo circonda.


Questa scelta cambia molto anche la preparazione dell’attore: con un teleobiettivo, la recitazione si fa più introspettiva e controllata, mentre con il grandangolo, l’attore deve “riempire” l’inquadratura, rendendo ogni movimento più ampio e significativo. Riconoscere la lente usata permette all’attore di calibrare il proprio approccio alla scena, rendendo ogni sguardo e gesto parte integrante della visione del regista.

La “Recitazione Interiore” per le Lenti Ravvicinate

Quando si usa una lente ravvicinata, come un teleobiettivo per un primo piano stretto, entra in gioco la “recitazione interiore”. Questo tipo di recitazione, tanto invisibile quanto potente, richiede all’attore di comunicare emozioni profonde senza ricorrere a gesti marcati o parole, ma affidandosi alla sottigliezza e alla sincerità del proprio stato d’animo. In questi casi, ogni piccolo dettaglio, come una variazione nell’intensità dello sguardo o una pausa nel respiro, diventa protagonista, rivelando un mondo interiore che sembra quasi non avere bisogno di parole.


Per ottenere un effetto autentico in queste condizioni, l’attore deve “sentire” davvero ciò che il personaggio sta vivendo, immergendosi nel momento in modo assoluto. Non è sufficiente “mostrare” un’emozione; deve davvero viverla, poiché lo schermo ingigantisce ogni sfumatura, e il pubblico può percepire facilmente la differenza tra una reazione sincera e una simulata. Ecco perché, nelle riprese ravvicinate, molti attori descrivono un lavoro di recitazione quasi meditativo, che richiede concentrazione, controllo e la capacità di accedere al proprio mondo interiore. In cinematografia, le lenti sono uno strumento narrativo che permette al regista di guidare l’interpretazione dello spettatore.


Le lenti standard, per esempio, rappresentano la visione più “neutra” o naturale, quella che simula più da vicino la visione umana. Queste lenti sono utilizzate per situazioni di quotidianità o per trasmettere un senso di immediatezza e normalità, lasciando che l’attenzione dello spettatore sia rivolta tanto all’attore quanto al contesto.


Al contrario, le lenti grandangolari distorcono le proporzioni, facendo sembrare le distanze più ampie e introducendo un elemento di “spaesamento” visivo. Sono perfette per scene che richiedono un tono surreale o di disagio, magari in situazioni di confusione o mistero. Questa lente “espande” il mondo attorno all’attore, creando un effetto di grandezza che può sottolineare l’isolamento del personaggio o, al contrario, il caos dell’ambiente in cui si trova.


Le lenti teleobiettive, invece, restringono la profondità di campo, isolando il soggetto dallo sfondo e concentrando tutto l'interesse sul suo volto o sul dettaglio del corpo. Questa compressione porta l’attenzione su dettagli emotivi intensi, escludendo l’ambiente per enfatizzare il momento interiore che il personaggio sta vivendo. Ogni scelta ha quindi un impatto emotivo ben preciso, e il compito dell’attore è quello di interpretare la scena tenendo a mente queste sfumature, adattandosi all’intento visivo e narrativo del regista.


Conclusione


Riconoscere e comprendere le lenti è essenziale per un attore cinematografico, perché si tratta solo di interpretare la propria presenza attraverso il filtro di uno specifico linguaggio visivo. La recitazione davanti alla telecamera è un’arte fatta di dettagli, dove ogni scelta tecnica, dall’inquadratura alla lente, è un tassello che compone il significato più profondo della storia. Per gli attori, adattarsi a queste variazioni significa espandere il proprio vocabolario recitativo, abbracciando un lavoro che è tanto fisico quanto interiore.

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