Recensione - \"Hotspot - Amore senza rete\"

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Recensione a cura di...


~ MASSIMILIANO AITA

Prendete la storia cult di una ballerina di danza moderna.


Che mentre lavora in fabbrica studia per superare l’audizione di una famosa scuola di ballo.


Trasformate la ballerina di danza moderna in ballerina di danza classica.


Chiudete gli occhi e New York diventa Napoli.


Perché ovviamente solo a Napoli indicono audizioni pubbliche per reclutare nuove ballerine.


Agitate il tutto con inquadrature mozzafiato del Golfo, della costiera e di una città in cui il traffico è inesistente.


Un successo assicurato no?


No.


Stasera – mentre cercavo di raccogliere le idee per recensire Napoli New York – ho visto questo film su Prime Video.


Bene, salvare qualcosa in quello che a me personalmente appare un susseguirsi di luoghi comuni e di banalità, appare difficile.


Troppo cattivo?


Giudicate voi: “Due occhi così non li ho mai visti” – dice il protagonista maschile al primo appuntamento.


Una battuta da denuncia penale se pronunciata nella vita reale (accidenti devo controllare il mio certificato, credo), da ban totale ed irrevocabile se scritta in una sceneggiatura.


Ma non finisce qui.


La trama, come dicevo, è una palese scopiazzatura dell’originale sul quale sceneggiatore e regista hanno pensato di innestare alcune note di modernità.


Ad esempio, la protagonista femminile ha due amici del cuore con i quali convive.


Uno di loro due è una specie di gigolò seriale che cerca di sedurre le donne – invocando la propria natura extraterrestre (avete presente Mork?).


L’amica, invece, rimane incinta di un debosciato figlio di papà che vive con la mamma – incarnazione di Crudelia.


Ovviamente quando la famiglia altolocata viene a conoscenza dello stato di gravidanza della giovane plebea, la sceneggiatura del film ci costringe a sopportare il trito stereotipo dell’offerta che non si può rifiutare.

E che accade poi?

Accade che l’amico e l’amica della protagonista finiscono a letto assieme e divengono una coppia.


Woooow. Che idea geniale.


Mai sfruttata prima.


Ah dimenticavo.


Non volendo mancare di rispetto alla grande tradizione del melodramma napoletano, la protagonista è anche orfana e lo zio muore di cancro il giorno prima della famosa audizione.


A questo punto, le penne che avevo appena ingurgitato hanno inopinatamente risalito il mio stomaco – causandomi un senso di nausea che perdura tutt’ora.


Ovviamente, in un film del genere deve apparire e svolgere un ruolo attivo anche il classico villain.


Che in Hotspot – grazie al trasporto gravitazionale – migra direttamente dalla Los Angeles di Pretty Woman a Napoli.


Eh si perché anche qui il protagonista maschile è una specie di squalo della borsa e il villain è il suo fidato portaborse.


Non voglio rovinarvi la sorpresa e quindi evito di rivelarvi il finale.


Finale che mi ha indotto qualche riflessione.


In primo luogo, quale background hanno coloro che scrivono le sceneggiature in Italia?


In secondo luogo, quale livello culturale hanno gli attori che accettano di recitare in un film che è una chiara, palese e pessima scopiazzatura di un film iconico?


In terzo luogo, perché i produttori lamentano ad ogni piè sospinto la crisi del cinema e poi ne alimentano il perdurare – supportando la realizzazione di simili obbrobri?


Ecco, se io fossi un giornalista porrei queste domande durante le conferenze stampa di presentazione dei film.


Non la solita banale domanda – rivolta al regista: “Che messaggio ha voluto trasmettere?”.


Ah già.


Film banale, domande banali.

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