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Recensione a cura di...
~ LUCA FERDINANDI
La prima cosa che penso, mentre le luci della sala si spengono, il Primo gennaio 2025 è… sto per vedere “Pinocchio”. Ok, con un pò di sangue in più, ma pur sempre “Pinocchio”. No, a parlare non è il cotechino con le lenticchie della sera prima, che comunque preme forte per assistere alla proiezione con me, ma la consapevolezza del prodotto che ho davanti. Pinocchio è forse la storia per eccellenza. E lo è perché è la storia più raccontata di sempre per eccellenza e per distacco. “Tutti cadono su Pinocchio”, è il motto di alcuni critici e registi cinematografici, e la ragione è consequenziale a quanto ho appena detto, ovvero: “E’ una storia che tutti conoscono. Quindi, tutti sanno come finisce. Quindi, può annoiare. Quindi, come farai tu, regista X a propormi qualcosa di nuovo in qualcosa che nuovo non può essere, per sua stessa natura?”. Ora, spostandomi sull’asse del genere, posso dire che reputo “Dracula”, il “Pinocchio” dell’horror. Chiunque conosce la storia sa che è quella, e non si scappa. Chiunque non ha dormito la notte per gli epistolari di Bram Stoker (Eccomi), sa che la storia è quella, e non si scappa. Chiunque conosca un minimo la versione di un certo Francis Ford Coppola, sa che alcune cose sono abbastanza inevitabili.
E, nel caso di Eggers, chiunque vada al cinema avendo intravisto qualche clip dei Nosferatu di Murnau prima e Herzog poi, sa che alcune sfumature, per non dire alcune sequenze, per non dire una buona parte del film, saranno inevitabilmente vicine al mondo di Dracula prima e Nosferatu poi. E badate bene, i due nomi rappresentano la stessa cosa, ma le loro storie hanno delle sfumature diverse.
Detto ciò, la domanda sorge spontanea: “Ma quindi questo Pinocchio di mezzanotte com’è?”
Partiamo dal fatto che, un film horror che si rispetti, deve trovare la sua chiave personale per incutere paura e oppressione nello spettatore. Nosferatu ci riesce? Assolutamente si. Ed è interessante il come ci riesce.
Eggers è un regista che ama immergersi nelle sue stesse atmosfere, dilatare i tempi che lui stesso crea per portarci in questi quadri immaginifici reali, ma allo stesso tempo realistici, e allo stesso tempo onirici. Personalmente ti piace questo approccio? SI. Personalmente funziona per Nosferatu? Si. Ci sono delle cose, negative? Assolutamente si, ma ne parleremo.
In una storia come questa, è fondamentale che l’atmosfera, in un modo o nell’altro, funzioni. E’ quella che deve spaventare, non i classici jumpscare che risvegliano lo spettatore dal torpore del primo gennaio. E le atmosfere di Nosferatu incuteranno timore. E vi manderanno in confusione, come vuole lui. Una cosa che mi ha sempre messo i brividi nel libro di Bram Stoker, e che in qualche maniera mi intriga anche per tutte le trasposizioni cinematografiche del pipistrello che vive in Romania (e non a Gotham City), è la struttura epistolare, che rende la storia frammentata. Non abbiamo mai modo di conoscere a pieno la storia. Non sappiamo come sconfiggere questo nemico, non sappiamo come si muove, e non capiamo a pieno forse neanche tutti i suoi poteri. Nel film di Eggers questo c’è. Questa frammentazione. Questa interruzione delle narrazioni. Queste immagini che vanno e vengono, tra sogno e realtà. E lo trovo molto interessante, in un racconto che deve trovare il modo per sorprenderti.
Ma un’opera del genere ha senso solo se ci sono delle interpretazioni di livello, a mio avviso. Il Male è dentro o fuori da noi, si domanderà la povera Hellen per tutto il film. La risposta è, “entrambe”. Ho trovato la direzione attoriale sorprendente, e tutte le interpretazioni magnifiche, eccetto, (e qui probabilmente mi attirerò le ire di tutti) una.
Su tutte, Lily-Rose Depp, figlia di Johnny, dà vita a un personaggio tormentato, e non in senso filosofico. No. Qui si parla di possessione. Qui si parla di demoni che entrano nel corpo. Parliamo di paralisi nel sonno. Parliamo di occhi che si girano, bava che esce, scatti incontrollabili, urla, pose, sconnessioni, riconnessioni, corpi che si contorcono, versi animaleschi, e chi più ne ha più ne metta. Quest’attrice, in questo film, fa dannatamente paura. Arrivato a neanche metà della proiezione ero convinto che un mostro le sarebbe uscito dal volto, per venire a prendere me. Merito della sua interpretazione, della storia che la accompagna e, diamo a Cesare quel che è di Cesare, merito anche della regia e fotografia del film. Per non parlare della trama, che gioca totalmente sul rapporto tra il demone e la fanciulla (ma non voglio fare spoiler).
Su Nicholas Hoult c’è ben poco da dire. E’ perfetto. Perfetto per un ruolo del genere. Così perfetto che aveva già fatto un lavoro lontanamente simile con il comico Renfield (Nicolas Cage come Dracula. Non vedetelo se non volete ridere). Così come ho trovato pazzesco il lavoro di Simon McBurney nei panni di Knok, il servo fedele di Nosferatu.
E quanto a Nosferatu… beh, direi, “Porca Paletta”, in francese, ma devo essere drammaticamente sincero e spezzettare in due il feedback su questo ruolo.
Bill Skarsgard ha affermato che non farà più un ruolo così da cattivo, perché lo ha consumato, e si è veramente trasformato in un demonio. Questo è vero, verissimo. Il Nosferatu è davvero inquietante, terrificante, disgustoso. Ma. C’è un ma. Purtroppo. E non dipende dall’attore. Dipende dal doppiaggio, e da come rendere un personaggio così sia impossibile. Mi spiego. Skarsgard, in un film di atmosfere, voleva dare al suo mostro una voce unica, una voce che provenisse “da un’altra parte”, in qualche maniera. Quindi ha fatto un lavoro per far uscire le proprie vocalità più viscerali, tra rantoli e sospiri di una creatura millenaria. Ha persino parlato con esperti di canto e lirica, e studiato dialetti ecc, ecc… Ora, qualcuno ci sarà arrivato... Tutto questo lavoro di mesi, unito al lavoro sul set, lo ha fatto l’attore. Non può averlo fatto il doppiatore. E questa cosa, in un film dove la voce è parte della musica, della narrazione, dell’incubo, dell’atmosfera, è un problema immenso. E purtroppo devo ammettere che ho faticato, e non poco, a immergermi nei rantoli di questo demonio. Lo riguarderò presto in lingua originale, per portare il giusto rispetto a un attore che si sta dimostrando una stellina (di famiglia) molto interessante.
Comunque, una considerazione la voglio fare, anche per premiare il lavoro di Eggers e del cast. Ragazzi, a livello attoriale, fare un film del genere, è una sfida immensa. Correre in mezzo alla neve, avere a che fare con il sudore, con delle torcie, con i rantoli, con i sospiri, con gli attacchi “epilettici e nevrotici”, con le urla, con le stasi, trattenere e lasciare andare, correre a piedi nudi, crollare nudi su un pavimento, ecc ecc… tutte le azioni che vedete sono impegnative da fare. E prima che qualcuno dica: “Gne gne, è il lavoro loro, sono pagati per quello”, io dico sempre: “Gne gne, ma se lo sanno fare che te frega che li pagano? Se Ronaldo fa un bel goal comunque glielo dici”. Quindi Chapeau agli attori, capitanati dall’eroina di questo film (eroina per un motivo che avrete modo di vedere con i vostri occhi).
E, voglio essere sincero.
Con una immensa.
Dispiaciutissima.
Rammaricante.
Dannosa.
MAL SFRUTTATA
Eccezione.
Perché i fan più accaniti di questa operazione, alla mia lista di attori premiati, e interpretazioni segnalate non potranno non aver avuto un momento di riflessione. Un: “Aspetta. Ma lui dov’è?”. Mi dispiace deludervi. Ma lui, in questo film c’è e non c’è.
Perché, opinione personale, ma Willem Dafoe in questo film è stato sfruttato malissimo. Ma veramente malissimo. Per carità, il ruolo è anche interessante, tanto. Ed è attraversato bene dall’attore. Tanto. Ma in questo film mi è mancato. Mi sono mancati i suoi primi piani, le tanto attese risate isteriche, (tranne in un singolo momento). Mi è mancato un attore presente su schermo. E questa cosa l’ho vista fin dall’inizio. Fin dalla presentazione dell’attore. Un piccolo peccato, sul quale non mi voglio soffermare ulteriormente. Ma ditemi la vostra.
Una cosa della quale sono molto curioso di sapere la vostra, riguarda l’utilizzo della MDP come osservatrice della scena, con spostamenti improvvisi e imprevedibili, e piccoli, alternati a momenti di stasi e ampie panoramiche.
Dato che siamo già ben avviati, preferisco saltare alcune cose delle quali leggerete e ascolterete da penne e bocche più avvezze di me. Bocche e testi che vi parleranno dei parallelismi con Murnau e Herzog, delle ombre di questi pionieri dell’horror che tornano nel 2025. Quindi eviterò.
E vi dirò una cosa che considero davvero negativa.
E torniamo a Pinocchio. Lo so che può sembrare ridondante, ma datemi retta. Voi la storia di Dracula (al di là di qualche dettaglio FONDAMENTALE) la conoscete tutti. Sapete che Thomas andrà alla tenuta di Dracula. Sapete che questo sarà un modo per attrarre il giovane nella trappola. Sapete che Dracula, in un modo o nell’altro arriverà in città. E sapete una serie di cose. O le ricorderete, guardando il film. Quindi un regista e una storia, dal punto di vista mio, dovrebbero puntare sul giocare bene sul ritmo. Sul non annoiare.
A Eggers, questo non importa. Anzi, ha recentemente affermato che uscirà in home video una versione estesa del film di circa 3 ore. Al che il mio pensiero è stato: “Ma perché, questa non è già abbastanza estesa?” Nosferatu dura troppo. Troppo. Troppo perché sai già dove andrà a parare, e quindi, di una storia così, vuoi vederne la risoluzione. L’azione. Herzog, dal quale Eggers prende una buona parte dell’ispirazione, lo sapeva, lo pensava, e il suo Nosferatu dura 1h 47 minuti. Esattamente quella mezz’ora in meno rispetto alle 2h 16 di Eggers. Esattamente quella mezz’ora che mi ha fatto dire, a fine proiezione: “Bello, ma poteva durare mezz’ora di meno e non succedeva niente”. Che, dal punto di vista mio, è un’affermazione abbastanza grave. Ma magari sono io.
E vorrei sentire la vostra. Eggers è un regista particolare, che se ne frega del tempo presente e impone a se stesso solo di far uscire quante più immagini e atmosfere attraversano la sua anima. E va bene così. Perché se il film oggi sta facendo dei risultati ottimi al botteghino va davvero bene così.
Quindi, ricapitolando. Nosferatu va visto? Si. Va visto al cinema? Si.
Quanto è horror da 1 a 10? 7 e mezzo. Quanto è inquietante da uno a dieci? 8 e mezzo (non Fellini). Quanto è lento da 1 a 10 (Richiamo in causa il numero famoso di Fellini).
Ma merita. Per me merita.
Insomma, Nosferatu è tornato, e fa ancora più paura.
Ma non chiamiamolo capolavoro.
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