Recensione - \"Squid Game stagione 2\"

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Recensione a cura di...


~ LUCA FERDINANDI

Fallimento. Schifezza. Ecatombe. Spreco.
O semplicemente, tutto preannunciato.


Già, perché una serie, cara Netflix, non si fa così. Non sono davvero nessuno per stare ai piani alti delle torri dell’industria, non sono nessuno per permettermi di capire come gestire una piattaforma di questo livello. Ma, permettetemi di dire, che siete recidivi. Noiosamente recidivi, noiosamente prevedibili. Ma si può andare dallo showrunner di Squid Game, Hwang Dong-hyuk e sentirsi dire, (cito più o meno testualmente, coreano permettendo): avevo pensato Squid Game in maniera autoconclusiva, non pensavamo di fare altre stagioni. Dato il successo abbiamo chiuso l’accordo con Netflix, ed eccoci qui. A fare altre due stagioni.


Noiose. Inutili. Banali.


Perché alla fine della seconda stagione di Squid Game, il vero colpo di scena è rendersi conto che effettivamente siamo giunti alla fine di un viaggio che non è partito. Come detto, in questa parte non farò spoiler, ma immaginate l’andamento di questa serie come una strada. A zig zag. A curve a gomito mentre si arrampica su una di quelle montagne abruzzesi che non finiscono più, che non sai neanche se sono montagne o colline, e giri, giri, giri. E dici: “Ho capito, bello, ma quando si arriva? Dove si va? Belli gli alberi, ma potrei vederne di diversi??


Una grave pecca di questa seconda stagione, è che diluisce il tempo in una maniera a dir poco ridicola. Avevo avuto già l’impressione di un diluire inutile quando la buona vecchia Netflix (Oggi ce l’ho con te, e faccio bene. Mi hai fatto aspettare 6 mesi una serie per far trovare me e mezzo mondo con un pugno di mosche) ha deciso di spezzare in due serie già mastodontiche come Ozark e Manifest. Risultato? Una noia mortale. La percezione che si potesse tagliare pressoché tutto. Personaggi stereotipati. Storie alle quali dai fiato solo perché: “Daje, mi avanza mezz’ora. Che ci piazzo?”

Il lentume della seconda stagione è dato da innumerevoli ragioni. La prima, come dicevo prima, è la ripetizione. Vedrete alcune sequenze 3 volte. La stessa sequenza, con lo stesso timing, sapendone già il finale. Una tragedia, lenta e inutile. Vedrete monologhi di personaggi secondari ai quali non abbiamo tempo materiale di affezionarci, per come è gestita la serie. Vedrete i giochi andare avanti a un ritmo lento, catatonico, prevedibile, tutte parolacce per una serie dove si parte in 456 e si arriva in uno (ne parlerò a breve, nella parte spoiler).


La ripetizione di pattern, ruoli e situazioni probabilmente fa parte anche di una determinata cultura artistica, e giudicare non ha molto senso. Ma si può dire che i nuovi personaggi, prima di essere caricaturali, sono davvero ombre di caratteri. E non solo per una interpretazione eccessiva, con maschere facciali che si muovono sullo schermo come dinanzi alla commedia dell’arte… questo lo accetto. Ripeto, fa parte di un determinato modo di concepire i film, pretendere di non avere figure di questo tipo è come andare a Bollywood e stupirsi che si balla. Ma quello che non funziona è la velocità. Troppa, eccessiva. Troppe cose.


Altra cosa… Netflix, la sceneggiatura.

La sceneggiatura.

Cazzo.


C’è un motivo se serve TEMPOper scrivere, pensare, girare, post-produrre un film, e una serie. E il motivo è che se una serie NON NASCE per avere più stagioni, tu puoi dare anche agli Showrunner 10 miliardi a testa a un team di editor e di sceneggiatori, puoi dare tempi, scadenze, coccole, biscotti, cioccolatini, PEC, scadenze, strozzini. Puoi dare quello che ti pare.


MA NON PUOI
FORZARE
LA GENTE
AD AVERE
IDEE
DI Q-U-A-L-I-T-A’


L’ho scandita perché seguo il tuo catalogo praticamente ogni giorno, e rimango ogni giorno altrettanto allibito e mortificato dalla mancanza di idee di qualità dei tuoi prodotti. Squid Game due è l’insieme di una serie di soluzioni, prive di qualità. E non gira. Non può girare, è sufficiente, fa il compitino… e basta. Ma per me non fa neanche il compitino.

Alcune cose sono anche moderatamente interessanti, ma ragazzi, sfido chiunque legga questa recensione a non aver detto almeno una volta: “Mm, che palle”, guardando questa serie. CHE PALLE??? Una serie che affronta un gioco mortale tra 400 e oltre casi umani, CHE PALLE?

La seconda stagione di Squid game è offensiva. Perché ci dice a chiare lettere che conta l’investimento su una cosa che ha funzionato, prima che su una cosa che può funzionare. E questa seconda stagione non può funzionare.


Mi manca tutto.


Mi manca la fotografia, la regia. Perché, perché, perché, perché Mr. Netflix. Perché Persiste? (Ho appena cacciato una citazione da un film che fa parte di una trilogia iconica che sarebbe interessante vedere nel vostro catalogo).

Scherzi a parte. PERCHE’? Perché dare a una serie come Squid Game, che ha il suo look estetico particolare, quella patina noiosissima e inquinata che popola gran parte delle serie. Squid Game non è così spento. Squid Game non è così banale. Dove sono le inquadrature magniloquenti su spazi infiniti. Dove sono aree come il gioco della fune; dove sono le zone immersive alla Ggambu. Dove stanno i giochi?


Sono fortemente deluso, e rammaricato. E non posso fare a meno, ora, di fare spoiler.

SEZIONE SPOILER

Non può iniziare così” è la prima cosa che ho pensato. Perché la prima regola di una serie come Squid Game, è che la morte esiste, e ha un valore. Non posso trovarmi veramente a 3:20 dall’inizio della serie a vedere un personaggio che dovrebbe essere morto, sparato da un proiettile e caduto in un burrone, riaprire gli occhi come se nulla fosse. Ma che boiata è? Mi dispiace, ma una serie così già parte male. E’ un segno di resa, da parte dello showrunner. Un modo per dire: “Scusate, io meglio di così non so che inventarmi. La verità è che non ho la più pallida idea di come portare avanti questa storia, e quindi da qui alle prossime puntate preparatevi perché vedrete una variante della S1 e poche altre cose…”


E il problema, sapere qual è? Che ho ragione.


Perché le lacune della seconda stagione di Squid Game sono, principalmente, in una sceneggiatura povera, se non poverissima di colpi di scena, e con delle scelte quanto mai ripetitive e volutamente forzate.

La scelta di fare la famosa votazione dopo ogni singolo gioco, è una follia. Sapete perché? Perché noi, a differenza della prima stagione, in cui il fatto che loro effettivamente escano dal gioco è per noi una sorpresa, SAPPIAMO GIA’ che rimarranno tutti in quella maledetta struttura. E allora, mi chiedo, che senso ha? Volgarmente, allungare il brodo in una maniera ridicola, esasperata, noiosa. Dando tempo a sguardi insensati di compiersi, o irritanti personaggi secondari dei quali non ci interessa nulla di dire perché vogliono continuare a giocare.


Critica al capitalismo? Critica alla società? Critica alle persone? Tutto giusto giustissimo giusterrimo, ma era il mantra della prima stagione. Nella seconda, mi vuoi dare qualcosa di nuovo? Mi vuoi dire fin da subito che complotto è in atto, invece di farmi perdere tempo così… e dando la caccia alle isole?


Perché già è irritante vedere i concorrenti alle prese con le stesse identiche sequenze mille volte, solo per soddisfare tre creature povere:

1) la sceneggiatura
2) La regia
3) Il montaggio


Se ci mettiamo pure che, fuori dall’isola, il plot principale, ovvero la ricerca della DANNATA isola, prosegue con un lentume patetico e imbarazzante siamo alla frutta. Noia. No, non ho detto gioia, ma noia noia noia.

Ma il guaio, il guaio immenso, il disastro più assoluto, sono i giochi. Come fai a sbagliare i giochi in Squid Game? Semplice, cara Netflix. Li sbagli perché non hai idee e forzi chi di dovere ad avere idee di qualità.


NON PUOI FORZARE LE IDEE, NETFLIX


Il primo gioco è una tortura.


Quella bambola è una tortura e una promessa mancata. E’ una tortura perché, di fatto, è la stessa identica scena del primo, con tanto di rischio mortale per 456 e sequenza di uccisione di massa che potrebbe benissimo essere presa dalla Season due. La promessa mancata è tutto quello che sta intorno. Perché nella prima stagione funzionava eccome il front man che si metteva lì, in un’ambientazione tra il geometrico e il videogiochistico, accendeva la macchinetta, e, sulle note di “Fly my to the moon“ assisteva bevendo un drink alla carneficina al rallentatore. Netflix, ripeti con me, sai perché funzionava? Perché era tutto, tutto, originale. Le foto su schermo, le musiche, i colori, i personaggi, le alchimie mancate. Era tutto dannatamente originale.


Questa volta assistere alla bambola è stato veramente come giocare a Squid Game, per me. E la voglia di premere il pulsante e scappare da quella scena è stata davvero forte. Sapevo tutto. sapevo tutto. Sapevo anche dell’ape, pensa un po’. Ma non ero davvero pronto, e nulla mi avrebbe potuto preparare ad esserlo, al numero 456 che urla: “Fermiiiiii, fermiiiii fermiiii fermiiii”, come un vigile urbano a Piazza Venezia durante i lavori per il Giubileo. Al termine della prima sfida, alcuni concorrenti, che dovremmo percepire come irritanti, si avvicinano e gli dicono, in soldoni: “Zio, accanna (falla finita, dal romano al coreano è un attimo)con queste urla, ci davi solo agitazione”. Dovrei essere contrario, eppure do loro ragione. E’ una follia.


Tu questi giochi li hai fatti.


Tu sai che moriranno tutti.


Tu sai che gli organizzatori, il modo, lo trovano. Come lo hanno trovato nella prima stagione.


Quando tu i giochi li hai fatti.


Allora. Cosa c***o. Pensi di fare. Come pensi che funzionerà, anche qualora tu vada avanti, a salvare 456 sconosciuti e disperati dall’ammazzarsi. Lo sai. Lo sai come sono fatti. Lo sai che succede. Perché lo racconterai anche tu. Allora che soluzione è. Che soluzione è tutto. Davvero, il primo gioco è angosciante. Ma mai come gli altri due.

Perché io tutto potevo aspettarmi come secondo gioco meno una cosa così complicata da capire. 5 mini giochi in squadre da 5 persone da fare in 5 minuti. Un bordello. Solo a spiegarlo ci sono voluti penso 15/20 minuti. Ma davvero i giochi semplici erano finiti? Nel primo avevamo:


- 1, 2, 3 stella

- Il gioco delle formine

- Il tiro alla fune

- ggambu

- Il ponte sospeso con dei vetri

- Il gioco del calamaro.


Fatto. Ve li ho raccontati in 4/5 parole. Ora vi prego, ditemi che non ci avete messo 10 minuti anche voi a capire il secondo gioco. complesso, lento, macchinoso, anticlimatico, noioso.


E poi, dopo una lenta, noiosa, interminabile votazione, il terzo gioco.

Aiuto.


Giro giro tondo, poi si fanno le squadre, poi si entra nelle stanze. Questo ancora ancora aveva un senso. Ma il problema è il numero drammatico di round in cui si è svolto. Non so, quanti, mille?? Due milioni??? Una volta che il pubblico ha capito il gioco, non ci vuole più giocare. Se nella stagione aveste visto 74 round di tiro alla fune integrali, sareste arrivati all’ultimo round con un senso di noia. E così è.


Ma qualcosa si salva, direte voi?


Indubbiamente, il fatto che ancora una volta il numero 001 sia un infiltrato è interessante. Ti dà un motivo per asssistere ai giochi.

Indubbiamente il ruolo di 456 è potenzialmente interessante. Ti dà modo di approfondire come può essere l’approccio ai giochi.

Indubbiamente questo, indubbiamente quello… ma ragazzi, non ci siamo.

Non ci sono passi avanti. Non ci sono spostamenti. Non c’è approfondimento.


Nulla di nulla. Rimane solo la sensazione, cocente, che ancora una volta, Netflix, tu l’abbia fatta grossa. Non bastano neanche 48 milioni di Yen se tu forzi le persone. Non basta mettere personaggi di minoranze etniche e culturali (l’altra volta un pakistano, questa volta una donna transgender); non basta mettere caratteri particolari (l’altra volta un mafioso e una pazza; questa volta un pazzo drogato che grazie a Dio è morto, e una donna di fede che pare uscita da un espansione di un videogioco); non basta mettere donne alle prese con i propri traumi (l’altra volta una fuga per la libertà, questa volta una donna incinta); non bastano le coppie, non basta una mamma e un figlio (che cringe, zio). Non basta nulla di tutto questo.


Non basta, che noi vediamo anche una degli omini prendere la forma di una donna in cerca di risposte. Non basta nulla.


Noioso. Lento. Ripetitivo. Macchinoso.


Netflix, per il 2025, anziché aumentare i prezzi per l’abbonamento, dai tempo alle persone.


Grazie.

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