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Articolo a cura di...
~ ALBERTO LUSUARDI
“The Garbage Man” di Alfonso Bergamo, è la dimostrazione che non servono grandi budget o attori super conosciuti per creare un film di qualità e che allo stesso tempo si differenzi da quello che il mercato vuole propinare al grande pubblico. Il noir italiano è tornato a vivere grazie a questa pellicola, modernizzandolo, e riuscendo a creare una storia tanto semplice quanto veritiera.
Un netturbino (Man) deve saldare i debiti verso l’uomo più potente del paese, e i debiti lasciati dal padre segnano il suo trascorrere dei giorni, diventati monotoni e senza obiettivi. Il protagonista ha il solo pensiero di accudire la madre, malata da tempo e che ha subito abusi dal marito, ormai morto. Con l’arrivo della figlia dell'amico e collega Christopher, insieme alla sua nipotina (Giulia la madre, Roberta la figlia), il nostro protagonista si illumina e riesce a guardare la vita con occhi diversi.
Ma un evento segnerà definitivamente la sua trasformazione in un vero e proprio vendicatore. La pellicola regala un viaggio sensoriale, attraverso le luci, i colori e la musica, catturando lo spettatore e facendogli domandare come la storia potrà evolversi. Si notano riferimenti, omaggi ed ispirazioni a titoli come “Taxi Driver”, “Shining”, “Drive”, “The Neon Demon”, “In The Mood for Love” “Arancia Meccanica” e tantissimi altri, dimostrando quanto tanto di queste pellicole e registi, abbiano ispirato Alfonso nella sua creazione.
La musica è parte integrante del film: il genere retrowave (o vaporwave), coronato dall’utilizzo di sintetizzatori e tastiere, fa immergere il pubblico nella totale atmosfera buia e silenziosa della notte, accompagnando il nostro anti eroe nella sua trasformazione, in una cittadina notturna, spoglia e senza tempo. Alfonso è padrone delle immagini, gioca con i colori e le loro armonie, enfatizzando tutti i dettagli dei luoghi, dei corridoi, delle atmosfere e dei volti dei vari personaggi.
Ogni frame del film è una fotografia, una cornice che culla l’occhio dello spettatore, creando ricordi e scende indelebili. I dialoghi sono sempre dosati, usati con parsimonia, mai una parola è di troppo e i non dialoghi, i silenzi, grazie alla bravura degli attori, regalano grandi emozioni. A volte basta dire poco, o non dire, per comunicare.
Non potevamo non menzionare un incredibile piano sequenza di oltre 4 minuti, una delle dimotrazioni di quando Alfonso sia padrone della tecnica, del colore e dell’impatto delle immagini. Tutti noi potremmo essere “The Garbage Man”, grazie Alfonso per questo viaggio.
Grazie per questi numerosi esordi di attori emergenti, dimostrando così, che si può fare un cinema diverso e con volti nuovi.
Correte al cinema.
Recensione a cura di Alberto Lusuardi
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