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Analisi a cura di...
~ ANGELICA ATTANASI
Inizio con il dire che di film e telefilm di questo tipo ce ne sono molti nel panorama americano e non solo: Designated Survivor, Blindspot, Homeland, per non parlare di capolavori come “L’esercito delle 12 scimmie” e tanti altri ancora, ma Zero Day annovera un cast di tutto rispetto per una miniserie e tiene incollati allo schermo con un ritmo incalzante che trascina lo spettatore nel cupo mondo dei complotti.
TRAMA
George Mullen, un ex presidente degli Stati Uniti, conduce una vita appartata lontana dalla ribalta. Si intuisce da subito che nonostante la fama di integerrimo, qualche scheletro nell’armadio lo nasconda anche lui.
Tutto cambia quando qualcosa o qualcuno fa piombare l’America nella più inimmaginabile crisi nera spegnendo per un solo minuto l’intero sistema.
Per sistema si intende la corrente, le comunicazioni, i trasporti e così via a cascata, procurando la morte di migliaia di persone.
Un attacco in piena regola di cui non si conoscono i mandanti e non arrivano rivendicazioni. La presidente degli Stati Uniti si vede costretta a instituire una commissione di indagine a cui vengono concessi pieni poteri, qualcosa che neanche l’11 Settembre ha mai visto.
Mullen viene chiamato a dirigere la task force anche in funzione del fatto che è stata fatta la promessa, sui cellulari dell’intera nazione, che l’attacco potrebbe essere reiterato.
Il dilemma che attanaglia Mullen è intenso, conosce bene il rischio che corre ad uscire dall’ombra ed il peso di una tale responsabilità, ma l’intervento della moglie ed il confronto con la figlia, come sempre in antitesi con il padre, lo spingono ad accettare la proposta in funzione del senso del dovere che lo pervade.
La vicenda vede diversi colpi di scena che vanno dallo scoprire che il nemico numero uno, la Russia, non è minimamente coinvolta (anche se con studiato mestiere, la regista sembra fornire questa come prima ipotesi). Si intrecciano vite, sospetti e scoperte che portano Mullen, che appare inizialmente fragile e sull’orlo di una patologia neurologica, a squarciare il velo della cospirazione portando alla luce il nervo scoperto del sistema… una insaziabile sete di potere incarcata dal Presidente della Camera Dreyer (Matthew Modine) ammantata dalla delirante idea di mettere l’America di fronte alle proprie debolezze.
Figure fondamentali che ruotano attorno a Mullen sono la moglie Sheila (Joan Allen) la presidente degli Stati Uniti Mitchell (Angela Bassett) e la figlia Alexandra (Lizzy Caplan). Ognuna di loro incarna un aspetto fondante della storia, la devozione, la fiducia, l’antitesi.
La storia svela anche i famosi scheletri nell’armadio di Mullen che ne esce comunque forte, rivelandosi essi, l’estremo atto di protezione di George nei confronti delle persone che ama.
L’ultimo atto, infine, svela l’intero intrigo ed il coinvolgimento stesso della figlia Alexandra ponendo il dilemma estremo, svelare la verità nella sua interezza e condannare anche la propria figlia, o cedere al ricatto di Dreyer. Finale non troppo scontato giocato sulla mimica facciale di un grande De Niro, o sulla assenza di essa, perché fino alla fine i suoi pensieri non trapelano in un crescendo di aspettativa che culmina nel discorso al governo, dove è proprio una lettera della figlia Alexandra a determinarne l’esito.
Ho trovato la serie costruita in modo egregio, nessuna sbavatura, nessun sensazionalismo, una analisi puntuale delle debolezze del sistema, dialoghi bellissimi, primo tra tutti l’ultimo tra la Presidente e Mullen, in cui il non detto colpisce più delle parole espresse.
Tutti i dialoghi sono costruiti alla perfezione, brevi ma significativi, giocati più sugli sguardi e le espressioni, sviscerando l’essenza stessa dei dilemmi che attanagliano i personaggi.
La Regista Linka Glatter, ha saputo concentrare in sei episodi una storia potente distribuendo le scene in pochi ambienti senza dispersione e senza sensazionalismi, con la stessa lucidità di visione che permea Mullen
Lo consiglio senza ombra di dubbio, se volete godervi la performance di attori che hanno fatto la storia del cinema negli ultimi quaranta anni.
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