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Il 10 aprile 2018 la Roma ha compiuto una delle rimonte più memorabili nella storia delle competizioni europee. Dopo aver perso 4-1 al Camp Nou nel match di andata, la Roma aveva il compito arduo di ribaltare il risultato nella partita di ritorno a casa, allo Stadio Olimpico di Roma. Contro ogni aspettativa, la Roma è riuscita a vincere 3-0, pareggiando il risultato aggregato a 4-4 ma avanzando alle semifinali grazie alla regola dei gol fuori casa.
Questa partita è ricordata per la rimonta incredibile della Roma ma anche per l'intensità e la passione mostrate dai giocatori e dai tifosi. Per i romanisti rappresenta una data in qualche maniera storica. Oggi condividiamo un monologo scritto dal nostro redattore e capo dei moderatori Matteo Trichilo. Le sue parole potranno raccontare bene cosa vuol dire questo tipo di passione.
MONOLOGO - TRE A ZERO
È il 10 aprile del 2018, sono passati dieci mesi da quando ho lasciato casa…
Ambientarsi non è stato facile, non ho amici, ma fortunatamente non sono solo. Convivo con mio padre, io e lui non abbiamo mai vissuto insieme, o
almeno non ne ho memoria… l’unico ricordo che ho della nostra convivenza risale al giorno in cui se ne andò di casa per non tornare, ma questa è un’altra storia.
Sono passati sei giorni dal quarto di finale di Champions tra Barcellona e Roma, un sonoro ed immeritato 4-1 che sembra non lasciare speranza, ma noi romanisti siamo passionali e sognatori. Sono sei giorni che discuto con mio padre e mio fratello che mi prendono per il culo, il primo continua a ripetermi: "A Mattè è impossibile, semo delle pippe e sti giocatori se cagano
addosso!", mentre il secondo continua a dire: "A riga…"
(Premessa… Riga è il soprannome con cui ci chiamiamo io e mio fratello, è il diminutivo di “rigazzì”, una storpiatura del dialettale “regazzì” che solitamente quando sei regazzino e giochi a pallone per strada, dopo che te parte qualche fucilata di troppo dentro qualche cortile o su qualche portone fa uscì er classico vecchio che te grida: "A regazzì, mo to buco sto pallone!" da qui RIGA).
Dunque, mio fratello continuava a dirmi: "A riga, ’n capisci ‘n cazzo, contro er Barcellona… co Messi ne pijamo artri 8!". Mo, detto tra noi, io so ‘n sognatore, lo so sempre stato, ma qualcosa de calcio ce capisco, no come mi fratello che pò parlà de basket… a casa er pallonaro so io! Così insisto e mentre in sottofondo Venditti canta notte prima degli esami in loop per la trecentesima volta in questa settimana (roba che s’è rotto li cojoni pure lui) alzo la voce e dico: "Siete voi che ‘nce capite ‘ncazzo, abbiamo giocato troppo bene, so sicuro, vincemo 3 a 0! Me lo sento!" Così mentre si avvicina il calcio d’inizio corro in camera e dal cassetto prendo la mia maglia della Magica, quella dell’addio del Capitano. In un attimo la infilo e torno di corsa in salone, ci siamo… la tensione si taglia col coltello, il volume della TV è altissimo ed al grido “the champions” le formazioni si apprestano a schierarsi in campo, mentre noi siamo già in formazione sul divano, io a
destra, mio fratello a sinistra e mio padre sulla poltrona accanto
a noi.
Mio padre che nel profondo ci spera ha rispolverato dall’armadio la sua maglia di Falcao dell’84, quel maledetto Roma-Liverpool che non gli è mai passato. Da romanista ho già ovviamente vissuto sconfitte drammatiche che ahimè caratterizzano la storia della nostra squadra, purtroppo
siamo gli eterni secondi da sempre, ma non ho idea di cosa si provi a perdere una partita così… Papà me ne ha parlato a stento un paio di volte, i rigori drammatici, le lacrime ed il bastardissimo “murales” con la
scritta “GRAZIE LIVERPOOL” che capeggiava sulla serranda della sua
officina il mattino seguente. Questa sera non parla, si è seduto sulla sua poltrona ed osserva in religioso silenzio, non lo dice ma so che in fondo è felice di vivere questo momento con i figli… spera solo non sia l’ennesima
delusione. È già capitato di vedere alcune partite insieme, ma mai così…
È la prima volta che viviamo e vediamo una partita in questo modo,
così insieme e non intendo solo fisicamente… lo si sente nell’aria, c’è calore, c’è una strana magia. Mio fratello che non ha mai realmente seguito il calcio e la Roma, anche per via dei risultati deludenti, lo vedo per la prima volta
totalmente immerso nella partita, disilluso ma speranzoso.
La partita inizia e nel silenzio generale i primi due squilli sono del Barcellona… io sono seduto in silenzio e ogni tanto mi guardo intorno cercando l’approvazione nei loro sguardi, io l’ho già vissuta… lo so che vinceremo 3 a 0. Passano una manciata di minuti e De Rossi inventa un lancio lungo per Dzeko, controllo, tiro e GOAL!
Ci alziamo tutti urlando moderatamente con un pizzico di entusiasmo in più, ma ci pensa papà a ricomporre tutti: "ZITTI! SEDUTI! Non abbiamo ancora fatto nulla, la partita è lunga." Ha ragione, mancano 84 minuti più recupero, dobbiamo stare sereni. Passano i minuti e stiamo giocando bene, ma la partita è tirata ed il primo tempo finisce solo 1 a 0.
Durante l’intervallo ci confrontiamo con malinconico entusiasmo, papà ci guarda e riesce solo a dire: "Sta giocando bene, ma se non segna subito il secondo la vedo dura." I minuti passano in fretta e mentre le squadre tornano in campo io e riga corriamo svelti in bagno. Ci risiamo! La partita riprende e noi occupiamo gli stessi posti, non si sa mai, dovesse portar sfiga…
È il minuto 56, er ninja Nainggolan prolunga di prima una palla vagante e lancia nuovamente Dzeko che controlla, entra in area, prova ad andar via a Pique ed Umtiti, trattenuto, va giù… Inizialmente l’arbitro non fischia… quella manciata di secondi sembra un’eternità… imprechiamo tutti, poi l’arbitro indica il dischetto… È calcio di rigore! Sul dischetto va De Rossi, ho paura, abbiamo paura… è il momento decisivo, è lo sliding door della partita,
anzi, forse della storia… il goal significherebbe avvicinarsi all’impresa… un errore, la fine di un sogno… Sono così teso che fatico a guardarlo… rincorsa, tiro… GOAL!! In casa ci alziamo tutti, noi, il volume della TV e l’entusiasmo…
mancano 32 minuti ed un solo goal, ora anche papà e riga cominciano a crederci davvero.
Passano i minuti e la Roma ormai sull’onda dell’entusiasmo sta surclassando il Barca… fremiamo tutti, stiamo praticamente sudando
freddo mentre ad ogni azione della Roma si alza il volume, sia delle urla che della TV… tocchiamo l’apice nel momento in cui il portiere del Barca compie un vero miracolo sulla linea su deviazione al volo di El Shaarawy… Le mie certezze cominciano a vacillare, sono seduto inclinato in avanti con le mani sul volto e continuo a ripetermi: "NON può finire così, lo so… NON può essere l’ennesimo obiettivo mancato all’ultimo centimetro…" La tensione cresce, noi tre fremiamo sul divano in attesa di un miracolo accompagnando ogni azione come fossimo noi a spingere i giocatori con i nostri: "dai! Vai! Appoggiala lì! Guarda l’uomo libero!" Non siamo più una famiglia, non siamo più a casa, il divano è la panchina e noi siamo lo staff tecnico della squadra…
Sono le 22:20, ottantesimo minuto, la Roma spinge da destra, Under tenta un cross che viene deviato in angolo… Mi giro verso mio padre, incrociamo per un attimo lo sguardo… lui alza ulteriormente il volume ormai quasi al massimo ed io ripeto come un mantra: "ADESSO! ADESSO! ADESSO!"
In quel momento la telecronaca di Pardo mi sovrasta: "C’è la
spinta di tutto lo stadio, Under sul punto di battuta… Va col mancino in mezzo, deviazioneeeeee… SONO TRE! SONO TRE! SONO TRE! 3-0 ROMA! MANOLAS! ALLE 22 E 22, MANOLAS FA 3 A 0…"
A casa trema tutto, io corro come un pazzo gridando a squarciagola, mio padre con gli occhi lucidi ride e urla come un bambino sbracciandosi davanti alla finestra, ma ciò che cattura maggiormente la mia attenzione è Riga… Tommaso è in ginocchio davanti alla televisione, mi avvicino a lui e lo sento singhiozzare: "Non è vero, non ci credo… non è possibile" per
poi scoppiare in lacrime. Ci abbracciamo, è una frazione di secondo, pochi attimi che sembrano eterni… poi torna il raziocinio… Papà grida: "Seduti! Tornate ai posti che porta sfiga!" Dentro di me penso, altro che sfiga, stiamo scrivendo la storia! Ma comunque prendo riga e torniamo sul divano… Non se sa mai, la scaramanzia nun è mai troppa!
Gli ultimi 8 minuti più recupero sono un calvario, soffriamo silenziosamente, immobili accompagnati dalla voce di Pardo che se mi padre alza ‘n altro po il volume je sartano le corde vocali… Ogni tanto parte qualche urlaccio: "Spazza! Buttala via! Perdi tempo…" Passano i minuti e finalmente arriva il tanto agognato fischio finale…
Siamo in semifinale per la seconda volta nella nostra storia… Mentre papà e Tommy si abbracciano, io continuo ad urlare: "Ve l’avevo detto! Ve l’avevo detto! Lo sapevo che dovevo giocarmela! Ne ero sicuro!" Mi siedo a terra davanti alla TV e mentre i giocatori festeggiano mi lascio cadere all’indietro… Resto disteso a terra a 4 de spade fissando il soffitto… ancora
non ci credo… la mia voce si affievolisce e l’unica cosa che
riesco a pronunciare è l’unico pensiero che ho in testa: "Perché
cazzo non l’ho giocata?" Al che mio padre ridendo me fa: "Arzate, tanto se te la giocavi perdevamo 4 a 0…"
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